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POTENZA – «Un saluto a tutti quelli ke mi conoscono, kissa quando ci risentiremo qui ciao ciao a tutti». Il messaggio è delle due meno dieci di mercoledì mattina. Qualche ora dopo Cristian Labonia (in foto) è finito nel carcere di Taranto in esecuzione dell’ordinanza di misure cautelari del gip di Lagonegro Lucia Iodice. Per lui l’accusa è quella di essere «il referente» sul mercato nero della “città dei due mari” degli spacciatori di Senise. Il giorno del blitz degli uomini ai comandi del capitano Biagio Simonetti si era reso “irreperibile”. Ma sessanta ore dopo era già davanti al suo computer per cercare di sfogare la tensione accumulata («Mi sono rotto le palle»).
Il pulpito è il più noto social network esistente. Labonia non è quello che si dice un habitué di Facebook. Il suo profilo non risulta aggiornato molto spesso, ma in un otto giorni da ricercato scrive più che negli ultimi sei mesi («Gli amici spariscono sempre nel momento del bisogno… e se possono ti pugnalano alle spalle lo fanno senza problema. E meglio una infamita e non un tradimento di una persona che tu credi un fratello…………………………………. (…) Quanto e brutto essere traditi da un amiko. ke pensi ke sia tuo fratello, ma invece ti pugniala alle spalle… ke skifo»). Non mancano i commenti degli amici che gli chiedono spiegazioni, ma a questo punto chi sa come funziona Facebook si immagina che la conversazione prosegua in chat, a forza di messaggini, senza lasciare tracce in bacheca. Deve averci preso persino uno strano gusto, Cristian Labonia, alla condizione di uccel di bosco, se due giorni dopo torna allo scoperto con un messaggio che sa di sfida ai segugi che gli stanno alle calcagna («sono ancora qui hahahaha (…) vi daro ancora fastidio ancora x un po hahaha»).
Alla vigilia di ferragosto aggiorna anche la foto del suo profilo, e chi può dire che non l’abbia scattata proprio quel giorno. Poi silenzio. Fino all’ultimo saluto per gli amici. Qualcosa che ricorda da vicino il tema di uno splendido film di Spike Lee del 2002, “La 25a ora”, con Edward Norton nei panni proprio di uno spacciatore di droga, alle prese con l’ultima notte di libertà prima del carcere dove deve presentarsi il giorno dopo per scontare una condanna definitiva a sette anni. Mancano gli accenti newyorkesi tipo il monologo in cui il protagonista insulta tutto e tutti, ma il dramma in sè e per sè è lo stesso.
Per la procura della Repubblica di Lagonegro, Labonia agiva con un complice che non è stato identificato, un tale Francesco. I militari dell’Arma di Senise non sanno neanche come sia fatto perchè a inchiodarlo ci sono soprattutto intercettazioni. Avrebbe fatto da intermediario per alcune piccole partite di hashish e cocaina, ed è probabile che fosse a sua volta un consumatore. Spetterà al gip di Taranto decidere nei prossimi giorni sugli indizi raccolti sul suo conto dagli investigatori.

lama

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