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Il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri

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Siamo di fronte a un Pil che crolla come non mai e a una crisi sanitaria persistente a livello globale. Ignorarlo è da folli. Siamo di fronte all’irresponsabilità perché si trasmette una fiducia mal riposta. Ma è possibile che il ministro dell’Economia non si renda conto che il Mezzogiorno è già tutto in piena depressione e l’intero Paese balla sull’orlo del baratro?

Non abbiamo mai creduto ai maghi in economia, non ne azzeccano una e farebbero bene a stare zitti. Questo genere di personaggi guardano nella sfera di cristallo o fanno i cartomanti con le tavole del Pil. A volte giocano con gli algoritmi. Hanno sempre qualche piccolo o grande interesse da tutelare. Di sicuro non fanno i ministri dell’economia perché chi ha in custodia i conti pubblici del Paese e il lavoro dei suoi giovani se ne guarda bene dall’anticipare fenomeni perché sa che nove su dieci questo esercizio è un boomerang. Quando poi le cose non vanno come ha detto, lui che fa? Se ne va? Lo cacciano? Oppure resta ma la sua parola non vale nulla e l’economia tutta del Paese paga il prezzo del suo dilettantismo?

Nel pieno della Grande Depressione mondiale ci è toccato un ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, che arriva a parlare con ottimismo di un forte rimbalzo del Pil nel terzo trimestre che verrebbe dopo un meno 12,4% nel secondo trimestre omettendo prima e dopo di dire la verità. Perché le cifre reali non sono quelle di un trimestre dietro l’altro ma di un trimestre comparato con quello dell’anno precedente. Una penosa bugia per nascondere che partiamo da un tendenziale di meno 17,3% rispetto al 2019 e non siamo quindi distanti da quel meno 15%, poco sopra o poco sotto, che abbiamo stimato in tempi non sospetti per l’anno in corso. Ministro Gualtieri la informiamo che, dopo la ripresina di luglio e agosto, i mezzi di trasporto a settembre sono di nuovo del 60/70% sotto rispetto all’anno prima. Che i catastrofisti hanno recuperato la parola e hanno fermato tutto dall’alto della loro cattedra televisiva. Che a novembre la cassa integrazione esploderà e che nessun decreto a sua firma potrà decretare la fine della crisi.

Consigliamo a Gualtieri di dotarsi di Forecast di migliore qualità ovviamente non per esternare in pubblico ma per fare tesoro di previsioni più serie nei suoi comportamenti concreti. Ingiungiamo al Presidente Conte per il suo/nostro bene di non fare nessuno affidamento, dico nessuno, su queste improvvide dichiarazioni del ministro Gualtieri. Siamo di fronte a un Pil che crolla come non mai e a una crisi sanitaria persistente a livello globale. Ignorarlo è da folli. Per capirci, qualche decimale in più o in meno, non cambia la dimensione del dramma. Se poi pensiamo alla crisi strutturale competitiva ventennale del Paese che un ministro dell’Economia non può ignorare per mandato di governo, allora siamo di fronte all’irresponsabilità perché si trasmette una fiducia mal riposta. Ma è possibile che il ministro dell’Economia non si renda conto che il Mezzogiorno è già tutto in piena depressione e l’intero Paese balla sull’orlo del baratro?

È possibile che non si accorga che si allarga ogni giorno il divario tra reddito pro capite del Sud e del Nord ma che entrambi sono gli unici due territori europei a non avere raggiunto i livelli pre-crisi prima del Covid? Non solo non si prende di petto la situazione, riaprendo finalmente i cantieri a partire dal Sud e tagliando i bonus della vergogna italiana dagli 80 euro al reddito di cittadinanza fino al misfatto assoluto di quota 100, ma si preferisce spargere ottimismo di bassa lega e fuori dalla realtà. Se la situazione non fosse tragica come non mai, potremmo dire che siamo alla farsa. Se poi si avallano i giochetti americani di un manager e non si ha neppure la forza di difendere una rete pubblica della fibra che faccia finalmente gli investimenti nel Mezzogiorno e nelle aree interne del Nord, allora vuol dire che non si è capita l’entità della crisi e che si continua a fare tutto come prima con le solite lobby e con i soliti riti della disfatta italiana. Francamente è troppo.


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