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VIBO VALENTIA – Una gaffe dell’Arpacal che ha seminato paura e rabbia. L’ufficio di Catanzaro aveva indicato, su un campione prelevato il 6 dicembre scorso all’impianto di potabilizzazione del bacino dell’Alaco, sito a San Sostene, una presenza di benzene di 800 volte superiore ai parametri previsti per legge. L’Alaco – è bene ricordare – è la principale fonte di approvvigionamento idrico per ottanta comuni, tra il Vibonese e il Catanzarese. E gli esiti di quelle analisi sono state comunicate solo il 28 gennaio all’Asp di Catanzaro, che l’1 febbraio ha avvisato l’Asp di Vibo, che a sua volta ha allertato i sindaci interessati affinché emettessero ordinanza di non potabilità. Così i cittadini, allarmati dagli altoparlanti delle auto messe in moto dai Comuni, hanno maturato l’idea di aver usato e bevuto, per quasi due mesi, acqua al benzene. Ciò mentre il prefetto Michele Di Bari è stato costretto a mobilitare la Protezione civile e ad allertare i vertici delle forze di pubblica sicurezza. Poi sabato, all’epilogo di una giornata tiratissima, durante la quale anche la cittadinanza è scesa in piazza, si è fatta chiarezza sul caso e l’allarme è rientrato. Non esiste acqua al benzene. 

L’Arpacal di Catanzaro ha commesso un marchiano, anzi, un «malaugurato errore» nella redazione del rapporto trasmesso con gravissimo ritardo all’Asp del capoluogo di regione. E l’ha ammesso all’Asp di Vibo, spiegando testualmente che «per un malaugurato errore di trascrizione nella comunicazione del rapporto di prova prot. 2587 del 28 gennaio 2013, la voce “Benzene” va sostituita con “Composti aromatici da benzene espressi come benzene”. Trattasi di composti non previsti dal decreto legislativo 31/01 e di conseguenza senza limiti di legge». Una nota che il neocommissario dell’Asp di Vibo Maria Pompea Bernardi ha letto nel corso del vertice tenuto ieri all’Ufficio territoriale del governo e presieduto dal prefetto Michele Di Bari. 
Il contenuto dell’incontro è stato poi sintetizzato in una nota diramata dalla Prefettura. «Per quanto riguarda, invece, gli esiti delle verifiche effettuate in data 31 gennaio e in data odierna, il predetto commissario ha riferito che i parametri analizzati sono conformi al D.Lgs 31/2001. Lo stesso commissario straordinario ha, pertanto, comunicato che alla luce degli ultimi dati analitici, non sussiste al momento, pericolo per la salute pubblica, in relazione al consumo umano ed uso umano dell’acqua proveniente dall’invaso “Alaco”. La stessa Asp, quindi, provvederà a informare immediatamente i sindaci dei Comuni interessati, serviti dal sistema acquedottistico “Alaco”, per procedere alla revoca delle ordinanze di non potabilità emanate in relazione alla precedente comunicazione della predetta Asp». Insomma, allarme rientrato, figlio di un gravissimo errore di comunicazione tra Arpacal e Asp. Errore spiegato. Ciò che attende spiegazioni è il ritardo nella trasmissione di analisi così delicate che interessano la salute pubblica. «Il prefetto, anche in relazione alla situazione determinatasi, le cui responsabilità saranno verificate dai competenti organi – chiosa la nota diramata dall’Ufficio territoriale del governo – ha disposto che i campionamenti dell’acqua, unitamente ai relativi esiti, vengano effettuati con maggiore frequenza e, comunque, con cadenza settimanale e che gli stessi esiti siano inviati anche alla Prefettura».
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