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“Perché ho preferito il San Carlo? Mi sento più sicuro”. Inutile ribadirlo, i lucani preferiscono andare in ospedale piuttosto che nei centri privati o in altri presidi. E nonostante i numeri sulle liste d’attesa siano quelli che siano la questione non cambia. Il cittadino si fida molto di più della struttura di Potenza che altro. Le testimonianze le abbiamo raccolte proprio nella giornata di ieri, camminando attraverso i corridoi del San Carlo e andando a visitare proprio quelle aree critiche dove si concentra il più alto bacino di utenza. Ma anche questo è un dato che non può essere costruito sulla base di un solo giorno, perché almeno nella sanità le cose sono estremamente mutevoli e possono cambiare a distanza anche di solo 24 ore. Si parte da radiologia, forse uno dei più ingolfati in assoluto. Nella tarda mattinata agli sportelli la fila è consistente per accedere alle prestazioni. Ma c’è chi aspetta pazientemente il suo turno, conscio del fatto che tra emergenze, messa a punto e preparazione ci sarà da attendere un po’. Ma la sostanza è questa, ci sono tantissimi utenti che hanno deciso personalmente di sedersi e fare questa fila, consci del fatto che all’atto della prenotazione c’è stato da attendere un mese o qualcosa in più. Ovviamente si tratta di persone che rientrano nella cosiddetta “terza fascia” ovvero la tipologia di utenza che deve sottoporsi a controlli o comunque a test che non hanno urgenze. Per questo al San Carlo ci sono dei protocolli specifici che dividono ovviamente in base al tipo di urgenza e all’effettiva utilità di un test diagnostico o di una semplice visita. E sono proprio i medici di base a decidere in quale fascia rientreranno i pazienti in base al tipo di disturbi. E poi c’è da chiarire un altro aspetto, essendo il San Carlo un ospedale la priorità è per i pazienti ricoverati al suo interno. Detto questo però c’è da fare i conti con le attese estenuanti e i tempi che, vuoi o non vuoi, sono quasi sempre destinati ad allungarsi oltre misura anche nell’arco della mattinata. Un esempio potrebbe essere il reparto di ematologia, dove un gruppo di persone nel pomeriggio ha dovuto attendere un po’ prima di poter entrare. Anche qui il rapporto è sempre costruito su una base fiduciaria, spesso direttamente legata al medico che opera all’interno del reparto. «Per alcuni problemi – dice Luisa – ho girato molti ospedali, diciamo che la questione attese è una prassi comune anche nei posti più blasonati, ma è anche vero che qui, al San Carlo, sai di essere in buone mani». Ed è una percezione che i tantissimi lucani presenti vivono con una punta di orgoglio. Soprattutto quando ci si accorge del terzetto di signori anziani, accompagnati dai rispettivi figli, che arrivano direttamente da Salerno per alcuni controlli periodici.

Il problema però resta sempre lo stesso: nonostante le procedure selettive per alcuni tipi di interventi si continua ad attendere. Il San Carlo è un po’ la grande casa delal sanità lucana, lo dimostra, per esempio, il pronto soccorso. Da queste parti al situazione non è estremamente drammatica. L’ambulatorio per i codici bianchi funziona a regime e smaltisce le code senza troppi problemi, lasciando lo spazio libero per persone con situazioni molto più complesse e pericolose. E paradossalmente sono tanti quelli che scelgono il pronto soccorso per una visita “di routine” piuttosto che il medico di base o una struttura accreditata. Segno tangibili che la questione delle liste d’attesa va affrontata anche sotto un altro profilo, quello dell’utenza che sembra essere cosciente anche di un altro fatto, in casi di emergenza non ci sarebbe da aspettare. «La mia esperienza con le liste d’attesa – racconta Vito, quarantenne della provincia di Potenza – è piuttosto complicata. Ho provato a prenotare alcune analisi in uno studio privato accreditato tramite il numero verde del Cup e la risposta è stata chiara: in quindici giorni avrei potuto fare gli stessi esami in ospedale. Siccome non erano urgenti ho scelto questa strada. Ed è stato lo stesso medico di base a consigliarmelo». Altro discorso quello per una Tac, qui è dove si concentra un numero altissimo di pazienti nell’arco della giornata. Ma qui, almeno nella giornata, ci sono persone che arrivano dall’hinterland e alcune hanno aspettato oltre un mese.  Quello che stupisce è che la maggior parte dei controlli e dei test sono per puri sospetti, segno che anche all’interno della stessa medicina sta cambiando qualcosa, tanto da destinare anche un semplice fastidio ad una serie di controlli, più o meno invasivi, che alla fine spesso si rivelano inutili, almeno tre su cinque.

v.panettieri@luedi.it

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