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POTENZA – Assolti per «insussistenza del fatto». Si è chiuso così, mercoledì sera, il processo per abuso d’ufficio a carico della giunta comunale di Rionero, guidata dall’ex sindaco, e deputato di Sinistra Italia, Antonio Placido, sulla gestione degli appalti per la conduzione degli impianti termici e idrici a servizio degli immobili di proprietà comunale.

Il collegio del Tribunale di Potenza presieduto da Rosario Baglioni, ha respinto le richieste di condanna che erano state avanzate in aula dal pm Matteo Soave: 8 mesi di reclusione a testa, già scontati di un terzo per la concessione delle attenuanti generiche, per 8 dei 9 imputati. Quindi Placido, assistito dall’avvocato Pietro Pesacane, il responsabile dell’ufficio tecnico del Comune, Amedeo Colangelo, assistito da Giuseppe Colucci,  e gli altri 5 membri della giunta comunale in carica tra il 2013 e il 2016: Vito D’Angelo, assistito da Vittorio Brienza; Mauro Di Lonardo e Paola D’Antonio, assistiti a loro volta da Pesacane; Vincenzo Paolino, assistito dall’omonimo avvocato;  Raffaele Giordano, assistito da Vittorio Brienza, e Luigi Di Toro, assistito da Luigi Sasso. Lo stesso Di Toro che nel 2016 venne eletto primo cittadino a sua volta ed è rimasto in carica fino a ottobre. Mentre per il solo responsabile dell’ufficio finanziario del Comune, Donato Caposicco, assistito da Dario Laurenza, il pm aveva chiesto l’assoluzione.

Il processo appena concluso è stato solo l’ultimo di una serie che ha preso di mira l’amministrazione guidata da Placido. Un sindacato giudiziario oltremodo severo, a ben vedere, che per tanti aspetti, non ultima la militanza di sinistra-sinistra dell’ex deputato e primo cittadino, ricorda quanto avvenuto di recente a Riace con la pesante condanna inflitta all’ex sindaco Mimmo Lucano. Specie se si paragona la situazione della cittadina del Vulture con quella di altre zone della regione, dove esiste anche un rischio concreto di  infiltrazioni criminali, ma i processi scarseggiano.

Le accuse ruotavano su 4 proroghe semestrali, più un’ulteriore proroga annuale, del contratto di «gestione e manutenzione degli impianti termici e idrici a servizio degli immobili di proprietà comunale». Contratto stipulato con la ditta Montagna Lorenzo di Melfi, che nel 2012 si era aggiudicata la gara con un ribasso di quasi il 50% sui circa 100mila euro di base d’asta.   Secondo gli inquirenti, infatti, si sarebbe trattato di proroghe «del tutto» illegittime,  per cui l’imprenditore Montagna avrebbe beneficiato di «un ingiusto vantaggio patrimoniale di circa 150mila euro», mentre un danno «speculare» sarebbe stato inferto «a tutti gli altri» imprenditori interessati alla gara del 2012, «che si sono vista preclusa la possibilità di partecipare a una nuova gara».

Il pm contestava, in un secondo capo d’imputazione, una distinta ipotesi di abuso d’ufficio a Colangelo, e inizialmente anche Caposicco, per le determine dirigenziali con cui si era data attuazione alle delibere  che disponevano le proroghe in questione, votate dalla giunta di Placido, che all’epoca anche deputato per Sinistra Italiana.

L’indagine, coordinata dal sostituto procuratore Vincenzo Savoia (non più in servizio a Potenza), era partita nel 2015 dalla denuncia del titolare della Colangelo impianti sas di Rionero, Giovanni Colangelo, fratello dell’imputato Amedeo Colangelo. In aula, tuttavia, l’imprenditore non si è mai costituito come parte civile. Le motivazioni della sentenza verranno depositate entro 90 giorni.

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