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I giornalisti hanno tanti difetti, molti, quasi tutti quelli che si attribuiscono a chi lavora con le parole e con i fatti.

E proprio i fatti richiedono un approccio serio, affidabile, che corrisponde alla realtà.

La stessa che raccontiamo da giorni e che qualcuno vorrebbe far passare come frutto della fantasia di cronisti.

La vicenda raccontata in queste pagine mostra un volto che, ci auguriamo, sia relegato solo ad un caso isolato.

Indica, però, un meccanismo che non avrebbe mai dovuto essere avviato, da chiunque lo abbia fatto ma anche una connivenza della comunità che continua a far finta di nulla e preferisce voltarsi dall’altra parte.

Ci sono operatori turistici che hanno scelto di non apparire, millantando prove che non hanno mai mostrato, ma confermando a posteriori i fatti scoperti grazie ad altre testimonianze.

Le responsabilità, quelle che  potrebbero essere individuate, devono essere portate allo scoperto e quella del Convicinio, così come tutte le altre vicende che si muovono in questo settore e in questo modo inconsueto  devono  diventare l’esempio da non seguire.

In caso contrario devono essere affrontate per dimostrare che il turismo non è una giungla in cui ognuno fa ciò che vuole.

I mezzi di informazione, come è giusto che si , hanno il dovere di fermarsi ad un certo  e  lasciare che a seconda delle responsabilità, la palla passi ad altri. 

Ai fatti , come accade sempre in casi come questi, devono seguire le decisioni.

Francamente ci sarebbe piaciuto ricevere  in questi giorni una smentita, un chiarimento.

L’unico risultato è stato il sospetto su eventuali pregiudizi che avrebbero potuto muovere gli articoli scritti in queste settimane.

A nessuno è passato in mente di camminare in città e osservare ciò che accade tutti i giorni.

A noi sì.

a.ciervo@luedi.it

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