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Sergio Mattarella ad Acerra insieme al presidente della Regione Campania De Luca

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UNA celebrazione del 25 Aprile nel segno di Bella Ciao. Una canzone che ha la valenza di un inno. Dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella al corteo dell’Anpi di Roma, la citazione è stata continua. Da Milano a Napoli, dalle Alpi alla Sicilia, non c’è stata divisione di parole, ma una comune menzione di ciò che segnò la fine del nazifascismo.

Con due puntate, una ad Acerra, in Campania ed un’altra all’altare della Patria, il presidente della Repubblica ha fatto un parallelismo storico tra la Resistenza e l’invasione dell’Ucraina. Ha detto che fu raggiunto dalla notizia che le forze armate russe erano entrate in territorio nemico il 24 febbraio scorso. “Come tutti quel giorno – ha detto – ho avvertito un pesante senso di allarme, di tristezza, di indignazione”. Ed ha spiegato che a questi sentimenti “si è subito affiancato il pensiero agli ucraini svegliati dalle bombe”. Pensando a loro, ha aggiunto, mi sono venute in mente queste parole: “Questa mattina mi sono alzato ed ho trovato l’invasor”, Ed ha chiosato: “Sappiamo tutti da dove sono tratte queste parole. Sono le prime di Bella ciao”. Per Mattarella, “la decisione della popolazione di Napoli e di altre città del Sud di insorgere contro l’ex alleato, trasformatosi in barbaro occupante, fu una reazione coraggiosa e umana contro la negazione stessa dei principi dell’umanità”.

Ma il presidente vede una regressione storica. “Questo tornare indietro rappresenta un pericolo non soltanto per l’Ucraina ma per tutti gli europei”. Per questo è necessario “fermare subito queste determinazioni di guerra, prima che possano disarticolare la convivenza internazionale”. Ha così sottolineato “Questo è il percorso per ripristinare la pace, perché possa tornare ad essere il cardine della vita d’Europa”. Ed ha lanciato un “viva la libertà, ovunque sia minacciata e conculcata”.

Sempre da Acerra, il presidente ha detto che “in questa imprevedibile e drammatica stagione che attraversiamo in Europa, il valore della Resistenza supera i suoi stessi limiti temporali e geografici”. Aggiungendo che tra gli storici “c’è concordia nell’assegnare il titolo di resistente a tutti coloro che con armi o senza, mettendo in gioco la propria vita, si oppongono a una invasione straniera, frutto dell’arbitrio e contraria al diritto oltre che al senso stesso della dignità”. Quindi Mattarella ha lodato i resistenti, coloro che andavano sulle montagne, le tante staffette partigiane, coloro che rifiutarono di vestire le divise della “cupa bandiera di Salò”, gli operai che scioperarono al Nord, gli autori di volantini e giornali clandestini, gli intellettuali che non si piegarono, i parroci “che rimasero vicini al loro gregge, le vittime innocenti di tante stragi”.

Queste sono state anche le parole di Mario Draghi, intervenuto da casa, dove si trova, da alcuni giorni, dopo aver contratto il virus: “La generosità, il coraggio, il patriottismo dei partigiani e di tutta la Resistenza sono valori vivi, forti, attuali”. Ci sono state contestazioni, Enrico Letta ed il Pd sono stati contestati da gruppi di giovani trattenuti da cordoni delle forze dell’ordine. Presi di mira pure le Brigate ebraiche.

Polemiche sul senatore Petrocelli, presidente della commissione Esteri, espulso dal movimento 5stelle dopo avere postato su twitter auguri per la Liberazione con la Z maiuscola, simbolo dell’invasione russa.

Dopo due anni, l’Italia è tornata in piazza nel 77° anniversario della Liberazione. Ci sono stati striscioni a Roma contro la Nato e gli Stati Uniti, in testa lo striscione “I Partigiani”. Dopo le polemiche dei giorni scorsi, la Cgil ha cercato di chiudere il capitolo: “Noi con i fascisti abbiamo finito di parlare il 25 aprile 1945”.  Un altro striscione di Rifondazione comunista, “Basta guerre. Contro Putin e contro la Nato”. Liliana Segre ha inviato una lettera che è stata letta a ricordo della strage di Marzabotto: “La festa del 25 aprile, come sempre, parla anche al nostro presente. Ovunque la giustizia, la dignità e la vita stessa vengono calpestate, umiliate, distrutte”.

Maria Elisabetta Casellati, presidente del Senato, è andata a Sant’Anna di Stazzema. “Determinante – ha affermato – è stata l’esperienza della Resistenza, il cui valore storico va ben oltre il significato etimologico del termine. Non si è trattato solo di una mera opposizione a una dittatura, oppressione e prevaricazione. Accanto all’azione demolitrice, la resistenza è stata anche un moto di affermazione di una nuova dimensione di appartenenza nazionale. Il movimento di un popolo che nel pluralismo delle visioni politiche, culturali e religiose ha combattuto per affermare prospettive di libertà e giustizia. Roberto Fico, presidente della Camera, a Marzabotto (dove si ricorda la più grande strage di civili) ha detto di essere sconvolto da quanto sta accadendo in Europa. Per questo dobbiamo rinnovare con forza di volontà nell’essere una comunità che vuole costruire la pace. Credo che l’Italia con gli aiuti militari abbia fatto una scelta importante e coraggiosa, perché il 24 febbraio è cambiato il mondo”.


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