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Giuseppe Conte e Luigi Di Maio

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Il M5S vorrebbe mettere in discussione il governo ma il primo a finire sul banco degli imputati è proprio il suo leader Giuseppe Conte. «Ma avete verificato se Licheri aveva i numeri per vincere?».

“E perché non avete ripiegato sul nome di Simona Nocerino che agli altri partiti piaceva?” La disfatta di ieri si somma alle altre disfatte. L’accusa principale che viene rivolta all’ex premier è di non essere presente in Parlamento e di non avere perciò il sentiment dell’Aula. Bocciato due volte Licheri, bocciata la Belloni che si voleva al Colle al posto di Mattarella, bocciata l’idea di sostituire Davide Crippa alla Camera. “Non ne azzecca una”, scuote la testa, un senatore M5S alla sua prima legislatura.

Mai come questa volta però si può parlare di sconfitta annunciata. Mariolina Castellone, capogruppo a Palazzo Madama la sera prima era stata avvisata. Quell’idea di spostare manu militari Vito Petrocelli agli Affari europei e prelevare da lì Licheri si sarebbe rivelata perdente. Era già successo con la commissione Agricoltura. Un flop in fotocopia. Più grave perché degli Esteri fanno parte pezzi da 90 come Zanda, Salvini e Monti.  Già alla prima votazione Stefania Craxi non era stata eletta per un voto. Paola Taverna si era rifatta i conti. Aveva capito che Pierferdinando Casini aveva votato scheda bianca, non gli tornavano: “Sei sicuro di Cucca? E Licheri, ricevuto il messaggio, al senatore dem: “Giuseppe sei certo di avermi votato?”.

Il secondo capo d’accusa è una chiamata di correo. Di essersi comportati come parlamentari alle prime armi, dilettanti allo sbaraglio cocciutamente accaniti nel riproporre il nome di un senatore (Ettore Licheri) troppo vicino a Giuseppe Conte, e dunque non più allineato con l’Atlantismo-spinto del governo Draghi. Così che il rischio di un Petrocelli bis, che sembrava sventato dopo la  bocciatura di Gianluca Ferrara, sarebbe rientrato dalla finestra. “Ci rendiamo conto che il nome del nuovo presidente della commissione finirà sulla scrivania di Biden?”, il commento un “dimaiano” infuriato per l’esito del voto.

E già. Non è un mistero per nessuno infatti che intorno al nome del successore di Petrocelli si sia consumato uno scontro interno tra l’ex premier e il capo della Farnesina. Ha un bel dire ora “Giuseppi” che  “c’è qualcuno che evidentemente lavora per tenerci fuori dalla maggioranza”. O nel prendere atto di conseguenza che “M5S, Pd e Leu hanno un atteggiamento responsabile di fronte ai cittadini, mantengono i patti e gli altri no».
Chi ha rotto il patto? Conte ce l’ha soprattutto con la Lega e con Salvini che sulle armi all’Ucraina si stanno gradualmente riposizionando. Ma anche con Fratelli d’Italia che in questa partita non aveva nulla da guadagnare se non la soddisfazione di mandare in fibrillazione la maggioranza e destabilizzare così il governo. Il  M5S perde la seconda presidenza di una commissione al Senato. Una storia che si ripete.  

“Una cosa identica era già successa in commissione Agricoltura, in occasione del rinnovo delle presidenze a metà legislatura – ricorda Rosa Silvana Abate, ex 5Stelle –  venti minuti prima di votare, Paola Taverna scelse di candidare un senatore che apparteneva alla commissione Politiche Ue». “Oggi come allora – continua la Abate, togliendosi qualche sassolino dalle scarpe –  è stato adottato lo stesso criterio e lo stesso metodo. La dimostrazione che nel M5S, anziché riconoscere la competenza e ricercare il consenso anche del gruppo, si pensa unicamente a piazzare le proprie pedine».

Uscendo dall’Aula i senatori avrebbero appreso che l’ex presidente della commissione Esteri, il filorusso Vito Petrocelli ha lasciato nel frattempo il Movimento chiedendo di aderire al gruppo di Cal, (Costituzione Ambiente e Lavoro). E continuano a farsi i conti.  Alla fine il centrodestra ha votato compatto la Craxi, e i 9 voti al candidato del M5S sono stati così ripartiti: 5 dello stesso M5S, 3 del Pd ed 1 dal senatore del gruppo Misto Fabio Di Micco (Leu).

“Credo che sia una bruttissima pagina di scorrettezza politica e democratica. Poi, lo sfregio della Craxi, proprio una mancanza di rispetto e di correttezza nel segreto dell’urna: lo trovo davvero sgradevole», sbuffa il deputato grillino Stefano Buffagni. In serata l’avvocato del popolo convoca l’ex sindaca di Roma Virginia Raggi e i 5 consiglieri comunali grillini per fare il punto sul termovalorizzatore romano e preparare la prossima battaglia sulle norme che conferiscono a Guarneri i poteri speciali sui rifiuti. La resa dei conti è appena cominciata.


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