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VIBO VALENTIA – Una requisitoria lucida, articolata ed analitica quella del pm della Dda, Pierpaolo Bruni al processo “Lybra” che vede imputati otto presunti esponenti del clan Tripodi di Vibo Marina. Poco più di un’ora e mezza per parlare di questa “cosca imprenditoriale che opera le sue estorsioni e le intestazioni fittizie di società attraverso lo strumento dell’accaparramento degli appalti e i collegamenti con gli ambienti politici romani e della massoneria”. 

Ha parlato, Bruni, di una consorteria che agisce “non in modo arcaico ma controlla il territorio, tra Vibo, Roma e Lombardia con una tecnica nuova, imprenditoriale per mezzo della quale impone un aut-aut alle vittime: o pagate e ci fate lavorare con i nostri mezzi oppure le conseguenze sono ben prevedibili”. Una cosca, quindi, a giudizio del pm della Dda, che “che opera attraverso un fitto reticolo di società attraverso le quali si impone nel mercato degli appalti con l’assoggettamento nel tessuto imprenditoriale e che, a differenza di altre, non ha la stringente necessità di mettere in atto minacce esplicite e atti di violenza”. 

Sulla scorta di tutti questi elementi il pm Bruni ha chiesto la condanna per tutti gli imputati ad eccezione di Orazio Mantino (per il quale ha invocato una sentenza assolutoria in quanto scagionato dalle dichiarazioni del pentito Moscato che lo ha ritenuto estraneo nella commissione dell’incendio del chiosco di Vibo Marina): Per Raffaele Acanfora sono stati chiesti 6 anni e 10mila euro di multa; 12 anni per Francesco Comerci; 7 anni e 12.mila euro per Daniele Marturano; 4 anni a testa per Cristian Sicari, Roberto La Gamba e Giovanni Aracri e, infine, 9 anni e 2.000 euro di multa per Antonio Chiarella. 

Il 4 e il 6 maggio le arringhe dei difensori che precederanno la sentenza del Tribunale collegiale. Associazione mafiosa, usura, estorsione i reati contestati a vario titolo. Del processo esiste anche un filone in abbreviato che vede imputati sette imputati.

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