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Nicola Adamo (nella foto con Franco Caputo) interviene a Cerisano alla presentazione del libro di Leporace &amp;quot;Giacomo Mancini, un avvocato del Sud&amp;quot;

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CERISANO (COSENZA) – Non è stato reducismo o apologia la presentazione del libro di Paride Leporace “Giacomo Mancini – un avvocato del Sud”. Il dibattito voluto dal sindaco Lucio Di Gioia è stata piuttosto l’occasione per una riflessione sul senso che ha oggi il riformismo in Italia.

Lo è stato soprattutto per l’intervento di Nicola Adamo, tornato a parlare in piazza dopo anni di volontario silenzio. L’ex segretario regionale del Pci ha infatti ribaltato una domanda che Leporace si pone nel suo libro ovvero come sarebbe oggi Cosenza se non avesse avuto Giacomo Mancini. Per Adamo,invece, la domanda da porsi è cosa avrebbe fatto oggi Mancini: «Certamente – ha detto – non avrebbe fatto parte di quel movimento che Pino Aprile ha portato in piazza Plebiscito a Napoli per chiedere più soldi per il Sud nel Pnrr, ma ne avrebbe organizzato un altro per capire come spendere al meglio quelle risorse».

Perchè Mancini era così,  riformista nel senso più autentico ovvero aveva delle visioni per migliorare le condizioni sociali non solo della Calabria. Adamo, dopo l’intervento dell’ex sindaco di Cerisano, Franco Caputo e del sindaco di Cosenza Franz Caruso uno che la tessera del Psi non l’ha mai lasciata, ha raccontato tantissimi aneddoti su come il vecchio leone socialista aveva disegnato la città, il motivo della nascita del ponte di Calatrava; l’idea di collegare Cosenza e Catanzaro su rotaie bypassando l’autostrada; l’idea che stava dietro il rilancio del centro storico. A livello nazionale ha ricordato la violenta contestazione che subì ad Agrigento per la legge Ponte che era testo fondamentale non solo per la Sicilia, ma per tutto il Paese. Eppure allora i costruttori gli mandarono contro operai, proprietari terrieri, i notabili della Dc di un tempo. Lui andò dritto. «Questa – ha detto Adamo – la differenza fra la politica di allora e quella di oggi. Oggi i politici analizzano i social e assecondano l’onda, la pancia. Non impongono visioni. Questo è uno degli elementi determinanti della debolezza della politica attuale soprattutto nel rapporto con gli altri poteri, a partire dalla magistratura».

Mancini invece aveva visioni. «Ho riflettuto a posteriori – ha ammesso Adamo – sul perchè dello scontro fra noi e Mancini. Noi volevamo insidiare il primato politico del Psi ed insistevamo sul rinnovamento, sul ricambio anche generazionale. Ma era una partita persa perchè rischiavamo di sembrare noi i conservatori rispetto alle idee di futuro di Giacomo. Lui d’altronde era uno che ad esempio condusse tutta la campagna elettorale del ‘79 con un solo slogan: che fine hanno fatto i 100mila voti in più incassati dal Pci nelle precedenti elezioni? Come sono stati declinati per la Calabria?».

Insomma un gigante politico che, per Adamo, non va celebrato ma riattualizzato ai tempi di oggi. Farlo significa avere soprattutto il coraggio di compiere delle scelte e portarle fino in fondo. Per questo Adamo definisce sterile il dibattito sul nuovo ospedale di Cosenza. «Il problema non è l’edilizia ma le funzioni. Hanno fatto questa prima facoltà di medicina pur senza immobile. Perchè gli studenti non possono frequentare le cliniche a Vaglio Lise? – ha detto – Se la colleghiamo all’Unical rischiamo grosso perchè non c’è nessuna previsione di nascita della facoltà di medicina all’ateneo. Al contrario se facciamo l’ospedale la possiamo attrarre».  Però serve il coraggio delle scelte. In fondo questo è riformismo, questo ci ha insegnato Mancini.

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