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Vladimir Putin

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IN UNA fase caldissima del conflitto in Ucraina si materializzano nuove minacce di Vladimir Putin all’Occidente. L’occasione, per il presidente russo, è rappresentata dall’incontro con i laureati delle istituzioni militari superiori. Il missile intercontinentale Sarmat, ha annunciato lo “zar”, sarà pronto per la fine dell’anno. Il razzo può potenzialmente trasportare sino a quindici testate nucleari e colpire anche a 20mila chilometri di distanza dall’area di lancio. L’ennesimo avvertimento nei confronti della Nato, più volte esortata a non intervenire a sostegno di Kiev se non si vuole correre il rischio di trascinare il mondo verso un conflitto su scala mondiale e la conseguente apocalisse atomica.

«Oltre alle nuove armi già testate sul campo di battaglia – ha spiegato Putin alla platea – le truppe russe hanno iniziato a ricevere sistemi di difesa aerea e di difesa missilistica S-500 che non hanno analoghi al mondo. Non credo che esista un’armata più efficace di quella russa. Siamo orgogliosi che durante l’operazione militare speciale i nostri combattenti agiscano come dei veri eroi».

Poco prima Papa Francesco, in un messaggio inviato per la prima riunione degli Stati parte al Trattato sulla proibizione delle armi nucleari, aveva definito «immorale l’uso e il possesso» dell’atomica, chiedendo «un disarmo profondo e completo». Richiami che sembrano un sibilo di fronte all’infuriare della guerra, specie nel Donbass, ormai diventato il principale campo di battaglia. L’offensiva più pesante resta concentrata su Severodonetsk; la città del Lugansk – più volte data per prossima alla caduta – continua a reggere l’urto dell’artiglieria e dell’esercito occupante.

Secondo Roman Vlasenko, capo della locale amministrazione militare, i russi ormai controllano il vicino centro abitato di Toshkivka. Piccoli ma inesorabili progressi per Mosca che, tuttavia, si confronta con un esercito (quello ucraino) ormai ben equipaggiato grazie alle forniture occidentali. Funzionari militari Usa, citati da New York Times, sostengono che nelle prossime settimane gli invasori controlleranno probabilmente nuovi territori ma difficilmente conquisteranno l’intero Donbass riuscendo, nel contempo, a mantenerlo. E questo perché le truppe russe, fiaccate da mesi di estenuanti combattimenti, affrontano un avversario dotato di armi sempre più sofisticate. Il destino di Severodonetsk e della città gemella Lysychansk, in ogni caso, per gli osservatori americani sembra ormai segnato.

«La fine della guerra dipende dall’attenzione del mondo» ha ricordato ieri Volodymyr Zelensky quasi a ribadire quanto il sostegno, economico e bellico, in questa fase sia decisivo. La Russia, ha aggiunto, «è un male che si può placare solo sul campo di battaglia». L’Ue, unitamente a Usa e Gran Bretagna, sta facendo la sua parte.

A riprova di ciò il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, ha assicurato che «la Germania aiuterà l’Ucraina e continuerà a farlo anche con l’invio di armi fino a quando sarà necessario». Quanto all’iter per l’adesione di Kiev all’Ue, Scholz ha ribadito: «L’Ucraina è Europa e l’Europa e le democrazie occidentali nel loro insieme non possono accettare il violento attacco all’Ucraina». Sempre ieri, nel corso di un colloquio telefonico, Zelensky ha ringraziato il premier ungherese, Viktor Orban, per aver sostenuto la candidatura ucraina all’Unione. Il gelo fra Bruxelles e Mosca, ormai, è totale, rafforzato dal blocco lituano dei trasporti verso l’exclave russo di Kaliningrad, ieri esteso anche a quelli su gomma. «Dovrebbero essere consapevoli delle conseguenze e purtroppo seguiranno conseguenze» ha commentato, furente, la portavoce del ministero russo degli Esteri, Maria Zakharova. Un quadro troppo teso, troppo complesso, per lasciare spazio a un riavvio dei negoziati per la tregua.

«L’Ucraina – ha sottolineato il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov – non ha offerto alla Russia la ripresa dei negoziati dopo la visita a Kiev, giovedì scorso, di Mario Draghi, Olaf Scholz ed Emmanuel Macron. Lo stesso Peskov, sentito dal network americano Msnbc, ha confermato che «quella in Ucraina sarà una crisi di lunga durata». Una crisi durante la quale, ha evidenziato, l’Occidente ha mostrato il suo vero atteggiamento nei confronti della Russia. Pertanto, ha aggiunto, «non ci fideremo mai più degli occidentali». Gli Stati Uniti, intanto, si interrogano sulla sorte dei due americani catturati dalle truppe filorusse del Donbass. Peskov ha detto di non avere notizie a riguardo, pur non potendo escludere una loro condanna a morte.


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