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Giorgia Meloni, leader di Fratelli d'Italia

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Giorgia Meloni può diventare la nuova Thatcher italiana o uno dei tanti leader politici italiani che vivono una stagione effimera di governo. Sarà fondamentale tenere ferma la rotta delle alleanze euro-atlantiche sul piano internazionale e quella interna della crescita competitiva del Paese tracciata dal Pnrr che punta alla riunificazione delle due Italie attraverso gli investimenti e il processo riformatore compiuto in esso inserito e bene avviato. I fatti ci dicono che la Meloni ha visto crescere i suoi consensi al Nord a un ritmo doppio di quello registrato al Sud perché ci sono stati un voto di opinione personale su di lei e un voto di stomaco, potremmo dire istintivo, che al Nord è stato tutto per la Destra e al Sud è stato diviso con i Cinque Stelle che hanno alzato la bandiera dello Stato provvidenza. Oggi la Meloni nella probabile funzione di nuovo capo del governo dovrà continuare sulla linea indicata da Draghi che è quella del riscatto dato dagli investimenti produttivi e dal nuovo lavoro. Perché questa scommessa cruciale venga vinta servono reputazione e fiducia, soprattutto fiducia, che le cose cambino in una prospettiva di medio termine

GIORGIA Meloni deve continuare a rassicurare mercati, Europa e America. Ha fatto benissimo a non fare la conferenza stampa ieri e a sottrarsi al solito pollaio informativo italiano, soprattutto televisivo, che è il principale responsabile di una rappresentazione non veritiera del Paese che, per questa ragione, fa fatica a capire che l’interesse italiano coincide con l’interesse europeo. Cosa che hanno invece capito benissimo spagnoli e portoghesi come dimostrano le dichiarazioni e i comportamenti dei loro capi di governo e delle loro comunità. Cosa che determina banalmente che in modo del tutto ingiustificato sul piano delle valutazioni economiche lo spread italiano sia a 240 punti e quello spagnolo e portoghese poco sopra i 100 punti. Sono tutti differenziali pesanti legati esclusivamente al rischio parolaio italiano, di natura politico-mediatico, che le donne e gli uomini di questo Paese e il suo sistema produttivo pagano sotto forma di maggiori tasse e di ogni genere di onere.

Può diventare la nuova Thatcher italiana, Giorgia Meloni, o uno dei tanti leader politici italiani che vivono una stagione effimera di governo. Nessuno potrà cancellare dai libri della storia che proviene dalle file della Destra la prima donna che avrà una responsabilità di governo e questo, di per sé, ha un valore inestimabile per le nuove generazioni di questo Paese ed è significativo in un mondo internazionalizzato che vede nella parità di genere a tutti i livelli un passaggio cruciale. Dovrà, però, fare i conti sul piano interno con il modo in cui la Lega metabolizzerà la sconfitta. Perché una cosa è se porterà a miti consigli Salvini, un’altra è se alzerà le pretese per accontentare i suoi, e un’altra cosa ancora è se si aprirà o no una discussione interna con figure come Zaia, Fedriga e Giorgetti sul profilo futuro della Lega e fino a quali conseguenze si vorrà portare questa discussione. Sono dinamiche interne ai partiti che nessuno può davvero controllare.

Sarà fondamentale, questo deve essere chiaro, che in tutti i passaggi la Meloni riesca sempre a rassicurare mercati, Europa e America non rinunciando all’attuazione del programma concordato di governo che non è quello dei singoli partiti. Bisogna tenere ferma la rotta delle alleanze euro-atlantiche sul piano internazionale e quella interna della crescita competitiva del Paese tracciata dal Piano nazionale di ripresa e di resilienza che punta alla riunificazione delle due Italie attraverso gli investimenti e il processo riformatore compiuto in esso inserito e bene avviato. Qui, non altrove, si gioca la partita di un governo conservatore che salva la barca italiana nei mari tempestosi della guerra mondiale a pezzetti in atto e della conseguente recessione globale indotta dagli effetti inflazionistici e monetari dei ricatti putiniani sul gas. Qui, non altrove, si gioca anche la partita della Politica con la P maiuscola in Europa che può condurre all’Europa federale il cui primo architetto politico è stato Draghi dai tempi in cui guidava il governo europeo della moneta con risultati straordinari riconosciuti in tutto il mondo. Agire su questo doppio versante significa tutelare l’interesse italiano. Non esistono altre vie né scorciatoie che sarebbero entrambe pericolosamente ingannevoli.

I fatti ci dicono che la Meloni ha visto crescere i suoi consensi al Nord a un ritmo doppio di quello registrato al Sud perché ci sono stati un voto di opinione personale su di lei e un voto di stomaco, potremmo dire istintivo, che al Nord è stato tutto per la Destra e al Sud è stato diviso con i Cinque stelle che hanno alzato la bandiera dello Stato provvidenza. Sono tutte dinamiche apparentemente contraddittorie con un sentiment degli italiani in sintonia al 70% con il governo Draghi e un voto nazionale al suo minimo storico di presenze che premia i partiti che hanno mandato a casa Draghi. Addirittura al Sud consegnando le chiavi della sua rappresentanza parlamentare nelle mani della componente pentastellata che più ha contrastato prima, in mezzo, e dopo il governo di unità nazionale che ha fatto per il Mezzogiorno quello che negli ultimi cinquant’anni non aveva mai fatto nessuno. Dalla sanità, dove la Campania ha avuto giustamente più risorse della Lombardia che ha il doppio di popolazione, alla scuola che ha visto il pieno degli investimenti al Sud dagli asili nido fino alla ricerca e all’università. L’alta velocità ferroviaria Bari-Napoli è un cantiere aperto e il Piano complementare italiano per la prima volta vuole unire il Paese con l’alta velocità ferroviaria passeggeri e merci. Il porto di Gioia Tauro può fare sdoganare le merci in transito all’hub interportuale di Bologna – è avvenuto, non è un progetto di massima – e questo vuol dire che Gioia Tauro è finalmente collegata al cuore dell’Europa e che la doppia sfida della logistica energetica e della industria del mare si possono vincere.

Come si può fare la rete delle università del Mediterraneo perché il Mezzogiorno d’Italia sarà la porta di accesso dell’Europa al gas e a molto altro nel nuovo ordine mondiale determinato dalla guerra di invasione di Putin in Ucraina. Draghi non è stato un riformatore radicale. Ha gestito con la diligenza del buon padre di famiglia, ma a un certo punto la situazione è degenerata non perché è venuta meno l’opposizione costruttiva della Meloni ma perché i partiti della coalizione di governo hanno ritenuto – sbagliando – insostenibile il prezzo politico di proseguire sulla strada obbligata del processo riformatore avviato e della direzione produttiva di sviluppo intrapresa verso Sud. Si è fatta percepire una situazione irreale di aggressione a una misura, il reddito di cittadinanza, peraltro confermata con una sistema di nuovi controlli mai portato a compimento, e si è consentito al Movimento Cinque stelle di Conte di diventare il primo partito del Sud.

Oggi la Meloni nella probabile funzione di nuovo capo del governo dovrà continuare sulla linea indicata che è quella del riscatto dato dagli investimenti produttivi e dal nuovo lavoro, ma dovrà tenere bene a mente che il Sud che emerge dal voto si presenta come un blocco tradizionalista che è lo Stato provvidenza, come lo chiamano i francesi, e alla prova dei fatti si dimostra che nessuno ha fiducia in se stesso. Si aspetta lo Stato. Il messaggio terribile che viene fuori è che se non c’è qualcuno che ti fa la carità, tu muori di fame, mentre l’idea che deve vincere e che è molto più diffusa di quello che si pensi è che tutti possano guadagnarsi da soli il loro pane. Perché questa scommessa cruciale venga vinta servono reputazione e fiducia, soprattutto fiducia, che le cose cambino in una prospettiva di medio termine. Altrimenti l’unica cosa organizzata che sopravvive è la pressione assistenziale.

Siamo fiduciosi che quando la Meloni, a sua volta, sarà costretta a fare la sua scelta, non farà la scelta assistenzialista. Perché se la fa non solo non sarà la nuova Thatcher, ma naufragano lei e il Paese. La stessa cosa succederà in Europa dove non deve mai rinunciare al suo approccio conservatore e liberale ma dentro l’alveo convintamente europeista che porta al debito comune europeo, a un nuovo Recovery energetico, a una difesa e a una politica estera europea con il rango riconquistato da Draghi di terzo Paese fondatore. Il sentiero strettissimo da percorrere è questo e se dimostrerà di volerlo percorrere in modo rassicurante avrà con sé le classi dirigenti del Paese e passerà alla storia. Altrimenti fallirà. Un po’ prima o un po’ dopo, ma comunque fallirà.


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