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Tamponi covid in Cina

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“CI SONO tre generi di bugie: bugie, maledette bugie e statistiche!”. Questa battuta è attribuita (ma non è sicuro) a un primo ministro inglese dell’Ottocento, Benjamin Disraeli; non si sa che cosa avesse occasionato quell’autorevole intemerata, ma si sa che la diffidenza verso le statistiche si ritrova spesso anche nel resto della popolazione, allora come adesso. E specialmente in Cina e specialissimamente per quanto riguarda i contagi da Covid. Sir Frank Holmes, un economista neozelandese, scrisse: «Le statistiche economiche sono come i bikini; quello che rivelano è importante, ma quello che nascondono è vitale».

E, nel caso del Covid cinese è davvero vitale, nel senso che i decessi da Covid, come pure i contagi, sono molto più numerosi di quanto non dicano i dati ufficiali. Più di un anno fa, a fine novembre 2021, l’OMS dichiarò che la variante Omicron del Covid era preoccupante. E il grafico mostra, per la Cina, come siano andati evolvendo i contagi da allora: come ci sia stato un primo picco in primavera, come vi sia stata una seconda ondata il mese scorso (fino a 40mila casi giornalieri, nella media mobile di sette giorni) e come questa ondata sia andata rifluendo nei dati più recenti. Il problema è che questo riflusso avrebbe meritato la battuta di Disraeli.

Bloomberg riporta che la sola provincia di Zhejiang, secondo il giornale locale (Zhejiang Daily), che cita dichiarazioni di funzionari locali, vede in questi giorni casi di Covid per circa un milione al giorno (ricordiamo che i dati ufficiali del grafico danno numeri, per l’intera Cina, di circa 5mila giornalieri). Dongguan, nella provincia di Guangdong, vede da 250 a 300mila casi giornalieri, secondo un post su WeChat della commissione sanitaria della città. Qingdao, nella provincia di Shandong, stima da 490 a 503mila casi al giorno, secondo il giornale locale. Anche il numero dei decessi è ridicolmente basso, ed è smentito da foto-notizie della stampa cinese, che vedono gli obitori pieni e i cadaveri con destinazioni di fortuna.

Dal Primo al 23 dicembre i dati ufficiali riportano invece solo 8 morti da Covid. Gli ospedali non ce la fanno a ospitare nuovi casi e i posti letto per terapia intensiva sono quasi pieni. Di fronte a questa enorme discrepanza fra dati locali e dati nazionali, che cosa ha fatto la National Health Commission cinese? Ha detto che smetterà di distribuire i dati giornalieri, spazzando il problema sotto il tappeto. Secondo un rapporto riservato di detta Commissione, scrive il “Financial Times”, solo il martedì scorso, 37 milioni, o il 2,6% della popolazione, sono stati contagiati dal Covid (la conferma è venuta ufficiosamente da uno dei presenti, Sun Yang, un vicedirettore del “Chinese Center for Disease Control and Prevention”, in una riunione del mercoledì 21 dicembre).

Tutto questo non può che avere grosse ripercussioni sull’economia di un Paese che per molti anni è stato la locomotiva del mondo (ricordiamo che dal 2014 la Cina è la più grossa economia del pianeta, come conferma il Fondo monetario, quando il Pil sia calcolato a parità di potere d’acquisto). L’immagine mostra come un indice Bloomberg, che collassa i dati ad alta frequenza di 8 indicatori, suggerisce che anche a dicembre l’economia cinese continua a rallentare. La gente ha paura e non spende. In primavera l’economia ebbe un duro colpo, dato che le restrizioni da ‘Covid-zero’ causarono difficoltà negli approvvigionamenti industriali e gli abitanti erano limitati nei movimenti. Oggi l’economia soffre di nuovo, ma per ragioni diverse. Le restrizioni da Covid-zero sono state quasi tutte allentate, dopo che forti e significative proteste erano andate esplodendo in molte città. Ma la produzione annaspa per i molti lavoratori che sono a casa per contagio, mentre la gente, che pure avrebbe libertà di muoversi, se ne sta a casa per sottrarsi al virus. I vaccini anti-virus sono un altro problema.

La Cina non ha voluto usare i vaccini occidentali, basati su tecniche innovative (mRNA), più efficaci, a detta degli esperti, rispetto ai vaccini di tipo tradizionale sviluppati dall’industria farmaceutica cinese (e basati su una versione inerte del SARS-CoV-2). La vaccinazione è indietro, rispetto alle percentuali dei Paesi occidentali, e solo adesso le autorità sanitarie cercano di accelerare. E il problema non è solo cinese: più alto è il numero dei contagi, maggiore è la probabilità che da questo humus vada sorgendo un’altra versione del Covid. L’Omicron è da una parte più contagiosa, e dall’altra meno virulenta delle precedenti versioni. Ma c’è da temere che dal calderone del virus possa sorgere una variante non solo contagiosa ma anche più letale.


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