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È sbagliato in linea di principio ripetere che è bene che Giorgia Meloni non approfitti per cambiare tutto. Perché se avesse una squadra di fuoriclasse farebbe bene a mandarla in campo per giocare al meglio la partita. Non è così e, quindi, il problema è affidare la guida del Pnrr e delle grandi aziende pubbliche di mercato a servitori dello Stato e manager bravi, non a chi compensa l’assenza di competenze con antenne sensibili sullo scacchiere del potere offrendo servigi prima degli altri. C’è una rivoluzione culturale da compiere che recupera l’idea degasperiana della neutralità dei servitori dello Stato e, aggiornandoci ai tempi, suggerisce di scegliere uomini di mercato all’altezza di gestire le sfide complesse delle grandi aziende pubbliche facendo squadra. Vanno confermati e cercati quelli bravi. Se hanno idee coerenti con la proposta politica di governo nel medio termine un po’ aiuta.

L’interesse della politica non è premiare gli amici, ma premiare se stessa ottenendo buoni risultati. La politica non è un esercizio di mutuo soccorso tra chi fa il politico e chi lo serve facendo altri mestieri. Una nuova classe dirigente che vuole soprattutto durare molto a lungo deve essere scelta per guadagnare meriti che durano nel tempo, non per strappare consensi immediati e distribuire prebende altrettanto precarie. Quindi è anche sbagliato in linea di principio questa insistenza a ripetere che è bene che Giorgia Meloni non approfitti per cambiare tutto.

Perché se avesse una squadra di fuoriclasse farebbe bene a mandarla in campo per giocare al meglio la partita. Piuttosto il primo problema della politica è proprio quello di tutelarsi da un esercito di servitori interessati che pressano ripetendo “fate vedere che siete forti se fate quello che volete”, frase che ha, come sotto testo, “date i posti a noi”. Il problema della politica in realtà non è occupare posti, ma avere la ragionevole sicurezza che chi è in quei posti segua la politica del governo avendone le capacità ai massimi livelli. Perché la politica del governo, in una democrazia seria, deve essere la politica che serve al Paese altrimenti è solo una politica che dura poco come dimostra la durata breve dei governi italiani. Vanno giù alla prima curva governo e servitori.

Alcide De Gasperi negli anni del Dopoguerra era solito ripetere: la burocrazia è un sistema che lega l’asino dove vuole il padrone. Partendo da questo presupposto confermò tutti i servitori dello Stato bravi usciti dall’abominio del fascismo e ne nominò di nuovi altrettanto bravi soprattutto nella burocrazia. Oggi il problema italiano è avere servitori di Stato di assoluto valore per attuare il Piano nazionale di ripresa e di resilienza e utilizzare bene i fondi europei che sono il secondo motore della crescita possibile. Oggi il problema italiano è affidare la guida delle grandi aziende pubbliche di mercato a manager bravi, non a chi ha la tessera in tasca o il servilismo incorporato e abilmente offerto in quei mesi che precedono di poco l’avvento al potere del capo di governo di turno.

Questi servitori incapaci compensano di solito l’assenza di competenze con antenne molto sensibili sui cambiamenti dello scacchiere del potere e arrivano sempre prima degli altri. Insomma: bisogna confermare e cercare quelli bravi che se hanno un patrimonio di idee coerenti con la proposta politica di governo nel medio termine un po’ aiuta. Gli alti burocrati hanno sempre dovuto dare prova di lavorare per il governo, diciamo che dovrebbe essere nel loro dna.

Lo farebbero sempre a meno che non si trovino un governo che ordini cose che non stanno né in cielo né in terra. Avere cultura di governo non significa occupare spazi o poltrone, ma politiche. Bisogna scegliere chi è più bravo di tutti a attuare queste queste politiche. Tu dici all’architetto la casa che ti piace poi è lui, che è l’architetto bravo, a farti costruire la casa che hai chiesto. Non ha senso pensare che sia l’architetto a decidere la casa per te e che per questo devi scegliere uno che è tuo amico.

C’è una grande rivoluzione culturale da compiere che significa recuperare questa idea della neutralità dei servitori pubblici dello Stato e, aggiornandoci ai tempi rispetto alla stagione di De Gasperi, scegliere uomini di mercato all’altezza di gestire le sfide complesse delle grandi aziende pubbliche italiane di mercato facendo squadra come sistema Paese. L’interesse del governo non è avere uno dei suoi, ma quello di nominare qualcuno che fa funzionare molto bene l’azienda perché questo porta a conseguire risultati eccellenti. L’interesse del governo è quello di avere un’azienda pubblica che va bene perché fa ricadere questo successo sul governo.

È anche, se vogliamo, il metro con il quale si possono misurare le Regioni che funzionano e quelle che non funzionano. Le prime sono quelle che hanno avuto l’intelligenza e la forza di scegliere i migliori per la sanità come per l’edilizia. Le seconde sono invece quelle dove è prevalsa la logica di dare il posto all’amico fedele. Queste sono sempre quelle messe peggio. Ci sono comportamenti corretti e virtuosi a destra come a sinistra. Ci sono comportamenti miopi sbagliati da destra come da sinistra.


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