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I carabinieri a Genova nell’appartamento di Bonavota

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VIBO VALENTIA – È stato il nipote l’anello debole di una catena che per quattro anni e mezzo aveva retto. È stato tramite lui, Vincenzo, figlio di Nicola, che è stato possibile porre fine alla latitanza dello zio.

L’informativa del Ros dei carabinieri ripercorre tutte le fasi operative conducenti alla cattura di Pasquale Bonavota che hanno registrato una repentina accelerazione nel primo pomeriggio di mercoledì 26 aprile scorso – il giorno prima della sua cattura – quando, a Genova, il latitante ha riattivato l’utenza cellulare citofonica sottoposta ad intercettazione ed emersa in contatto con l’altro terminale “dedicato” nella disponibilità del nipote.

Fino a quel momento, Bonavota era stato in grado di sottrarsi alle forze dell’ordine potendo beneficiare del «supporto logistico assicuratogli dalla rete relazionale fiduciaria in ragione dell’osservanza dei principi di comune appartenenza mafiosa».

L’attività investigativa e la pista del nipote – L’informativa del Ros mette in luce come l’attività di ricerca, intensificatasi da ottobre 2022 a seguito dell’intervento di questa Unità in supporto e coordinamento alle operazioni precedentemente avviate dai Comandi Provinciali di Vibo Valentia e Genova, si sia sviluppata contestualmente su quattro fronti operativi (Genova, Sant’Onofrio, Torino e Roma) attraverso la contestuale aggressione investigativa dello stretto circuito relazionale del latitante composto sia da famigliari che da soggetti intensamente contigui agli stessi.

In particolare proprio grazie agli accertamenti tecnici conseguenti alla trasferta effettuata da Vincenzo Bonavota in Piemonte (Torino e La Loggia) e in Liguria (Genova) nel periodo compreso tra domenica 20 e martedì 22 novembre 2022 è stato possibile acquisire una serie di dati: innanzitutto quello relativo alle utenze citofoniche in uso ai due e riattivate nel pomeriggio del giorno precedente la cattura del latitante; allo stesso tempo è stato possibile rilevare elementi in ordine ai rapporti dei Bonavota – per il tramite proprio di Vincenzo – con Antonio Serratore, ritenuto elemento storicamente contiguo alla cosca di Sant’Onofrio. L’indagine ha inoltre evidenziato che quando il nipote di Pasquale non è stato oggetto di monitoraggio dinamico per estemporanee difficoltà operative, la sua utenza e quella dello zio avrebbero agganciato celle che forniscono copertura alla città di Genova. Tale dato porta quindi a ritenere certo l’incontro del 21 novembre 2022 a Genova tra i due.

Il circuito genovese di supporto alla latitanza di Bonavota – Secondo gli investigatori il considerevole periodo di latitanza trascorso da Pasquale Bonavota nella città di Genova è fortemente sintomatico dell’esistenza di una rete relazionale fiduciaria di storica osservanza mafiosa santonofrese che ha supportato il latitante in ragione dell’attualità del ruolo apicale riconosciutogli. E tale dato, sempre a parere dei carabinieri del Ros, si rileva soprattutto dal contenuto delle intercettazioni, ma trova un significativo elemento di riscontro nella documentazione rinvenuta all’interno del covo di via Bologna n. 76. Nella disponibilità esclusiva di Bonavota sono stati infatti rivenuti e sequestrati documenti di identità (ovvero fotocopie degli stessi) recanti le generalità di terzi appartenenti ovvero fortemente contigui al contesto associativo perlopiù santonofrese; appunti manoscritti «rivelatori di una fitta rete di relazioni sul territorio anche con appartenenti alla famiglia Garcea, storicamente vicina ai Bonavota»; una cospicua somma di denaro in contante (oltre 20.000 euro) «rivelatrice della capacità di approvvigionamento sul territorio possibile solo grazie ad un’efficiente e sicura rete logistica»; materiale atto al confezionamento dei documenti di identità ragionevolmente procurato grazie ad entrature presso gli enti locali.

 «La vita per Pasquale» – E su quanto Pasquale Bonavota fosse rispettato all’interno della famiglia e dai suoi accoliti, vi è l’illuminante conversazione telefonica tra Giulio Castagna e la madre del latitante, Gasperina Cugliari – che tra l’altro fa emergere anche la risultanza relativa al ruolo di quest’ultimo – nel corso della quale il primo, nel ribadire la sua incondizionata affezione nei confronti della famiglia di Sant’Onofrio, riconosce il ruolo apicale di Pasquale esclamando: «Rispetto la corona che per me è Pasquale e se gli devo dare anche la vita, se pasquale mi vuole…».

Secondo gli investigatori del Ros la progressione della narrazione, «che apparirebbe incongrua, è in realtà assolutamente rispondente alle logiche mafiose: Castagna, nel rinnovare la propria fedeltà, ne evidenzia infatti l’intensità chiarendo come sia disposto finanche all’estremo sacrificio per colui che riconosce quale vertice della consorteria locale cui appartiene». Dal punto di vista semantico, inoltre, l’utilizzo del termine “Corona”, con riferimento alla struttura della ‘ndrangheta, «richiama la “sacra corona”, termine alternativo per indicare il capobastone ovvero “mammasantissima”. I tre termini individuano il vertice della Locale il quale ha il potere di vita o di morte su tutti gli affiliati».

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