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Patrick Zaki

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DALL’inizio alla fine gli studenti e, soprattutto, i docenti dell’Università di Bologna hanno avuto un ruolo decisivo nella vicenda di Patrick Zaki. Se tutta Italia ha combattuto per la libertà dello studente egiziano, venendo a conoscenza dell’arresto e delle accuse contro di lui, il merito è in buona parte della capacità di sensibilizzare l’opinione pubblica dei professori dell’ateneo felsineo.

Facciamo un passo indietro per ricostruire questa storia, che per una volta ha avuto un lieto fine, anche se Zaki prima della grazia è stato condannato nel suo paese per reati d’opinione. In occasione delle elezioni presidenziali egiziane del 2018, Patrick Zaki aveva partecipato alla campagna elettorale di Khaled Ali, attivista egiziano per i diritti umani, costretto per le intimidazioni ricevute a ritirare la sua candidatura. Molti collaboratori di Ali vennero arrestati. Lo stesso Zaki faceva parte dell’organizzazione umanitaria Egyptian Initiative for Personal Rights. Dopo la laurea in Farmacia conseguita in Egitto Patrick si era iscritto a un master in studi di genere dell’Università di Bologna, che aveva iniziato a frequentare. Fu arrestato il 7 febbraio 2020 nella capitale egiziana, appena rientrato in patria per una visita ai suoi familiari, con pesanti accuse: minaccia alla sicurezza nazionale, incitamento alle proteste illegali, sovversione, diffusione di false notizie, propaganda per il terrorismo. La sua detenzione preventiva venne prolungata più volte.

I docenti di Bologna, che ne avevano apprezzato l’impegno didattico e quello civile, riuscirono a creare una rete con altri atenei italiani, fino a ottenere un appello per la sua liberazione dalla Conferenza dei rettori delle università italiane e da altre reti universitarie in altri paesi europei. La sezione italiana di Amnesty International, con il suo portavoce Riccardo Noury, riuscì a mobilitare molti europarlamentari, fino alla risoluzione con cui il Parlamento Europeo deplorava l’arresto per motivi d’opinione e ne chiedeva l’immediata scarcerazione, considerando la sua detenzione come una “minaccia” per i valori fondamentali dell’Unione europea. Un appello rinnovato da Bruxelles a fine 2022, dopo che Zacki era stato scarcerato in seguito alla pressione internazionale, ma costretto a rimanere in Egitto.

Patrick aveva deciso di tenere un profilo basso, ma questo non gli aveva impedito, all’inizio di luglio di quest’anno, di terminare il suo percorso didattico all’Università di Bologna, discutendo in videoconferenza la sua tesi davanti alla commissione di laurea. In quell’occasione il Rettore Giovanni Molari aveva voluto essere personalmente presente per dare un segnale sull’importanza che per il suo istituto ricopriva la vicenda umana di Zaki. Relatrici della tesi di Patrick sono state le professoresse Rita Monticelli dell’ateneo di Bologna e Adelina Sanchez Espinosa dell’Università di Grenadas, insieme alla correlatrice Maria Pia Casalena.

Solo dopo la fine del periodo di detenzione preventiva, a fine 2021, Zaki, grazie alla didattica in remoto, aveva potuto riprendere il suo percorso con la collaborazione dei docenti. L’Alma Mater ha sempre lavorato per tenere alta l’attenzione sul caso di Patrick Zaki. Anche nel giorno più triste e delicato per lo studente, quando tutto sembrava perduto con la sua condanna in Egitto, con una sentenza per la quale non era previsto appello, a invitare l’opinione pubblica ad avere fiducia nell’impegno del governo italiano era stato il rettore Molari. Con tutta probabilità, infatti, aveva già ricevuto rassicurazioni dal Presidente del Consiglio Giorgia Meloni sulla trattativa in corso con il governo di Al Sisi. Certo è che l’Italia non riesce a godere di un successo diplomatico senza polemiche.

Cosa è stato offerto al regime di Al Sisi in cambio della grazia a Zaki? Questa è la domanda che già pochi minuti dopo la sua scarcerazione si propagava sui giornali e sui social. Da più parti si sostiene che il prezzo pagato sia la fine della richiesta di verità sull’omicidio di Giulio Regeni, il ricercatore italiano con tutta probabilità rimasto vittima degli intrighi dell’intelligence egiziana. Oppure c’è chi critica Zaki per non essere tornato in Italia con il volo di Stato offerto dal governo. C’è chi ricorda più concretamente che da sempre l’Egitto è un partner commerciale di grande importanza per l’Italia, anche per quanto riguarda le esportazioni di armi e l’addestramento del personale di polizia de Il Cairo. A queste domande avremo risposta nei prossimi giorni. Resta il fatto, che nessuno può cancellare, di come la cultura accademica italiana sia stata protagonista di un salvataggio insperato di un essere umano che proprio nella cultura umanistica trova le sue radici. Patrick è diventato un vero cittadino del mondo libero, in omaggio alla libertà di pensiero e all’abbattimento dei confini culturali, in buona parte grazie alla cultura e all’università italiana. E scusate se è poco.


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