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Il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti

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FIN DA quando ha varcato l’ingresso del ministero di via Venti Settembre Giancarlo Giorgetti ha fatto della prudenza la sua postura, e così, nella premessa alla Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza, il ministro dell’Economia rivela senza nascondersi che «la situazione di economia e di finanza pubblica è più delicata di quanto prefigurato». Ecco perché «in una situazione in cui la finanza pubblica è gravata dall’onere degli incentivi edilizi, dal rialzo dei tassi e dal rallentamento del ciclo economico internazionale, è necessario fare scelte difficili». L’esecutivo ha scelto dunque di affrontare «i problemi più impellenti – inflazione, povertà energetica e alimentare, decrescita demografica – promuovendo al contempo gli investimenti, l’innovazione, la crescita sostenibile e la capacità di reagire dell’economia».

È il tempo della responsabilità, ragion per cui per garantire la sostenibilità del debito e «coerentemente con una gestione più dinamica delle partecipazioni pubbliche, il nuovo scenario programmatico prevede proventi da dismissioni pari ad almeno l’1 per cento del Pil” nel 2024-2026». Si tratterà di «dismissione di partecipazioni societarie pubbliche, rispetto alle quali esistono impegni nei confronti della Commissione europea legati alla disciplina degli aiuti di Stato, oppure la cui quota di possesso del settore pubblico eccede quella necessaria a mantenere un’opportuna coerenza e unitarietà di indirizzo strategico».

Ha pesato, certamente, il superbonus, una misura introdotta dal governo Conte 2, che, secondo Giorgetti, «in questa situazione causa una revisione in aumento dell’indebitamento netto tendenziale previsto per quest’anno, dal 4,5% al 5,2% del Pil». Nel segno della responsabilità il governo «conferma la propria determinazione a perseguire una graduale, ma significativa, discesa dell’indebitamento netto della Pa e un ritorno del rapporto debito/Pil al di sotto del livello pre-crisi pandemica entro la fine del decennio». Ed è chiaro che tutto questo scateni la reazione della politica. Salvini, vicepremier e compagno di partito di Giorgetti, difende l’operato dell’esecutivo e dice che si andrà «verso una manovra economica bella che mette soldi nelle buste paga di lavoratori e pensionati».

Dall’altra parte Elly Schlein, leader del Pd, insiste sul fatto che «per noi la priorità, nell’ambito della manovra, è la difesa della sanità pubblica che ha bisogno di risorse perché è in estrema difficoltà». È ancora più duro Giuseppe Conte, capofila dei 5Stelle, che dà «uno zero virgola in pagella a Giorgia Meloni», perché con i numeri della Nadef «strozza l’Italia che si era ripresa dopo la pandemia». Il presidente dei 5Stelle parla di un governo «fermo, che non offre una visione e una prospettiva di crescita». Sullo sfondo continua la discussione sul nodo migrazione e in particolare sui rapporti tra l’Italia e gli altri Stati di Bruxelles.

A intervenire sulla questione è la presidente dell’Europarlamento, Roberto Metsola, in collegamento con la kermesse di Forza Italia in corso a Paestum: «La priorità per noi dovrebbe essere l’immigrazione, ogni cinque anni quando torniamo dai cittadini per le elezioni, questo è il primo argomento su cui tutti i cittadini, in tutti i Paesi, vogliono che troviamo soluzioni a livello europeo.». E Tajani, segretario e padrone di casa a Paestum, non solo la ringrazia ma assicura che farà di tutto affinché «tu possa continuare anche nella prossima legislatura a essere presidente del Parlamento europeo».


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