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L’ATTESA per la visita del presidente americano Joe Biden in Israele era enorme. Il presidente americano non delude le aspettative e fa quello che, come ha scritto proprio qualche giorno fa Bret Stephens del New York Times, «sa fare meglio: consolare le persone in lutto e gli afflitti, dare coraggio a chi ha paura». L’abbraccio di ieri tra Joe Biden e Benjamin Netanyahu è l’immagine che entrerà nella storia. Da un lato, il capo del governo di Tel Aviv, schiacciato dal peso dei propri fallimenti, che sembra lanciarsi verso l’ospite in una plastica richiesta di aiuto e protezione. Dall’altro, l’anziano presidente dal passo incerto, ma dalla schiena eretta, che mai come ieri è chiamato a mostrare la solidità e la disponibilità degli Stati Uniti.

LE PROMESSE DI BIDEN A ISRAELE

La difesa di Israele non ammette tentennamenti. Biden promette: «Non vinceranno, vincerà la libertà» e rassicura Israele: «Gli Stati Uniti sono al vostro fianco. Non andremo da nessuna parte, cammineremo insieme a voi anche nei giorni duri che verranno. Il popolo di Israele vive e Israele sarà uno Stato democratico, ebraico oggi, domani e per sempre». Poi promette nuovi aiuti per garantire la sicurezza dei cieli e salvare le vite dei civili: «La portaerei Ford verrà trasferita nel Mediterraneo per esercitare il suo potere di deterrenza ed evitare che il conflitto si allarghi». Ammonisce i Paesi ostili: «Se pensate di attaccare Israele, rinunciate a quest’idea, non fatelo». L’obiettivo finale è far sì che Israele «torni a essere un posto sicuro per il popolo ebraico».

Da un lato, il presidente riconosce che «bisogna fare giustizia» dopo l’attacco del 7 ottobre che ricorda la tragica storia dell’Olocausto e tutte le peggiori atrocità che sono state commesse dall’Isis, ma dall’altro chiede anche moderazione a Israele: «Non lasciate che questa rabbia vi consumi». Un monito per le autorità israeliane: «Voi siete uno Stato ebraico ma siete anche una democrazia, e non vivete secondo le regole dei terroristi, ma secondo lo stato di diritto, e quando divampano i conflitti, vivete secondo la legge della guerra». Continua Biden: «Ciò che ci distingue dai terroristi è che crediamo nella dignità fondamentale di ogni vita umana. Israeliani, palestinesi, musulmani cristiani: se si rinuncia a questo vincono i terroristi».

LA STRAGE DELL’OSPEDALE

La visita del presidente è irrimediabilmente segnata dalla strage dell’ospedale di Gaza che ha scatenato la reazione rabbiosa dei militanti islamici e dei Paesi musulmani in un coro praticamente univoco contro Israele. Biden sposa la tesi difensiva dell’esercito di Tel Aviv e accusa la Jihad islamica: «Da quello che ho potuto vedere, è stata fatta dall’altra parte, non da voi». A sostegno di questa tesi porta anche le fonti del Pentagono che arrivano a rafforzare la posizione delle forze armate israeliane, secondo le quali «nessun razzo israeliano ha colpito l’ospedale di Gaza».

Gli esperti militari non hanno rilevato danni strutturali agli edifici vicini, né crateri compatibili con un attacco aereo israeliano. In più, l’intelligence dello Sstato ebraico offre tra le «prove verificate» una conversazione tra alcuni agenti di Hamas in cui si afferma che il lancio sarebbe arrivato «dal cimitero dietro l’ospedale», ma «la sua traiettoria è fallita», precipitando poi sulla struttura sanitaria. Al di là delle responsabilità della strage nella quale hanno perso la vita centinaia di civili, tra i quali numerosi bambini, Joe Biden si dichiara «indignato e rattristato» per l’enorme perdita di vite umane e ricorda che «la maggioranza dei palestinesi non sono Hamas» e che «pure la perdita di vite palestinesi conta». I palestinesi «soffrono molto» anche perché «Hamas usa gli innocenti, le famiglie innocenti di Gaza come scudi umani, collocando i suoi centri di comando, le sue armi e i tunnel di comunicazione nelle aree residenziali». Adesso la popolazione di Gaza ha bisogno di cibo, acqua, medicine e riparo. Per questo il presidente Usa annuncia da Tel Aviv 100 milioni di dollari di nuovi finanziamenti statunitensi per l’assistenza umanitaria sia a Gaza che in Cisgiordania. Questo impegno sosterrà più di un milione di sfollati palestinesi che sono stati colpiti dal conflitto, compresi i bisogni di emergenza nella striscia di Gaza. «Se Hamas devia o ruba gli aiuti, avrà dimostrato ancora una volta di non avere alcun interesse per il benessere del popolo palestinese» precisa infine Biden. Perché l’operazione abbia successo, prosegue, «ho chiesto al governo israeliano di accettare la fornitura di assistenza umanitaria ai civili a Gaza, fermo restando che ci saranno ispezioni e che gli aiuti devono andare ai civili e non ad Hamas. Israele ha concordato che l’assistenza possa iniziare dall’Egitto a Gaza».

Un’altra «altissima priorità» del presidente americano è riuscire a «garantire il ritorno degli ostaggi vivi». Dopo l’incontro di ieri con Biden, l’organizzazione dei familiari degli ostaggi israeliani che sono nelle mani di Hamas riferisce che il presidente americano «ha promesso che farà tutto quanto è in suo potere per riportarli a casa».

CORRIDOIO UMANITARIO

«Abbiamo chiesto al presidente di fare pressione sui presidenti di Qatar, Egitto e Turchia per creare un corridoio umanitario e per lavorare a far arrivare medicinali salvavita ai loro familiari nella Striscia» dice l’avvocato Dudi Zalmanovitz, un membro del Forum delle famiglie degli ostaggi e dei dispersi che ha incontrato il presidente Usa. Secondo le ultime stime, sono 31 i cittadini americani o israelo-americani morti nell’attacco di Hamas del 7 ottobre e 13 i dispersi, molti dei quali sono probabilmente tra gli ostaggi.

Proprio nelle ore in cui le posizioni si stanno radicalizzando e sembra impossibile riaprire quel dialogo che era stato faticosamente costruito negli ultimi anni tra Israele e i Paesi arabi, la Casa Bianca continua a lavorare «affinché Israele possa vivere in armonia con i Paesi vicini», assicura Biden. «Dobbiamo perseguire la pace, il cammino che porti a due popoli che coesistono in pace e armonia, la soluzione a due Stati»: è questo il messaggio di speranza del presidente americano. La ferocia e la furia di questi giorni ci dicono che sarà un cammino ancora assai lungo e tormentato.


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