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Macerie in Ucraina

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PERCHE’ l’Ucraina ha così disperatamente bisogno degli aiuti promessi dall’Europa e dagli Stati Uniti, rispettivamente 50 miliardi di euro e 60 miliardi di dollari? E perché ne ha bisogno al massimo entro un paio di mesi? Perché senza i fondi dell’Europa l’economia non starebbe in piedi e senza quelli americani, prevalentemente dedicati a forniture militari, il fronte di guerra diventerebbe ancora più problematico per l’Ucraina dopo che la controffensiva non ha dato i risultati sperati in termini di territori riconquistati. Sono verità oggettive che però ridanno fiato al pensiero unico filorusso, abbondantemente presente nelle estreme destre e nelle sinistre radicali in Europa, secondo il quale l’Ucraina continua a essere uno Stato fallito, perennemente bisognoso di aiuto esterno.

Questo pensiero dimentica che il Paese è un Paese in guerra contro un nemico molto più grande e, sulla carta, più potente di lui. Un Paese che cerca, contemporaneamente, di tenere in vita il proprio sistema economico, sia quello pubblico sia quello privato, svolgere i compiti legislativi necessari per avviare i negoziati di adesione all’Unione europea. L’Ucraina e gli ucraini, l’hanno dimostrato più volte, cercano comprensibilmente la normalità anche in una situazione eccezionale e disastrosa, sotto gli incessanti bombardamenti dell’artiglieria e dei missili russi. Un atteggiamento che ha sorpreso molti, ma in realtà è facilmente comprensibile per uno Stato che dopo decenni di assistenzialismo (dall’estero) e corruzione radicata sta faticosamente cercando di cambiare in meglio.

La direttrice del Fondo Monetario Internazionale (FMI) Kristalina Georgieva in un’intervista al Financial Times ha sollecitato una rapida approvazione degli aiuti da parte dell’Europa e degli Stati Uniti avvertendo che l’economia ucraina ha davanti a sé, al massimo, un paio di mesi prima della paralisi. Dopo questo periodo, che vedrà l’esaurimento delle risorse residue, c’è il rischio concreto che l’apparato statale non possa più corrispondere stipendi al settore pubblico e pensioni. Sarà quindi costretto a emettere valuta creando le basi di una nuova ondata di iperinflazione e di contrazione economica.

Nell’anno dell’invasione russa il Pil ucraino ha subito una contrazione di oltre il 30 per cento, accompagnata da un deflusso all’estero di sei milioni di abitanti in fuga dalla guerra. Molti di questi hanno già espresso il desiderio di tornare in patria, ma il loro desiderio è legato sia alle prospettive di pace sia a quelle di crescita economica. In ogni caso, il mercato del lavoro ucraino in seguito alla guerra ha già subito una radicale trasformazione. L’elevato numero di uomini chiamati al fronte ha creato e continua a creare una scarsità di manodopera specializzata e molte donne si sono trovare a svolgere compiti e mansioni in settori che prima erano a forte prevalenze maschile, come quello minerario e dei trasporti. In più, dall’inizio dell’anno a oggi, la maggioranza delle nuove piccole e medie imprese è guidata da donne. Uno scenario macroeconomico simile – deflusso di popolazione a parte – si era materializzato nel 2014 in seguito all’annessione russa dell’Ucraina e allo scoppio della guerra nel Donbass.

Lo shock del 2022 significa che per recuperare il livello di Pil di prima dell’invasione russa l’economia ucraina, contrariamente a quanto ha fatto negli anni scorsi, dovrà crescere a un ritmo superiore al 3 per cento nel prossimo decennio. Ed è quello che è successo, ad esempio, proprio nel 2023. Per l’anno in corso il Fondo Monetario Internazionale prevede una crescita del 4,5 per cento, ottenuta proprio grazie agli aiuti occidentali. Ecco perché pesano così tanto le promesse europee e americane sul piatto della bilancia. Fanno la differenza tra un possibile default e una parvenza di normalità civile sotto le bombe russe. Soltanto per l’anno prossimo, sulla base della finanziaria approvata alcune settimane fa dal governo ucraino, Kiev necessita di risorse pari a 41 miliardi di dollari in sostegno al bilancio. Di questi, 18 miliardi arriverebbero dall’Unione europea; 8,5 dagli Stati Uniti; 5,4 dall’FMI; 1,5 da altre banche di sviluppo e 1 miliardo dal Regno Unito. Un fabbisogno importante e urgente che per il momento ha trovato risposte negative sia da Bruxelles sia da Washington.

Sono della settimana scorsa i fallimenti politici, da parte dell’Unione europea e del Congresso americano, nell’approvazione dei fondi promessi. Nel primo caso è stato il veto del premier ungherese Viktor Orban a bloccare il pacchetto di aiuti, anche se all’inizio dell’anno si riunirà nuovamente il Consiglio UE per cercare di arrivare a un compromesso oppure per approvare un pacchetto alternativo di aiuti bilaterali dei singoli Stati organizzati in un veicolo finanziario ad hoc Nel secondo caso è la continua opposizione dei Repubblicani a tenere in scacco le risorse promesse in ottobre dalla Casa Bianca, 60 miliardi di dollari in aiuti militari e umanitari, che fanno seguito a stanziamenti complessivi per oltre 100 miliardi, di cui un’ottantina già erogati. Sembra però che alle Camere si stia cercando un ultimo tentativo di compromesso prima della pausa natalizia.

In attesa degli aiuti più sostanziosi, altre banche di sviluppo hanno potenziato gli stanziamenti nei confronti dell’Ucraina. È il caso della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS) che proprio ieri (martedì 19 dicembre, ndr) ha deliberato un aumento di capitale da 4 miliardi per venire incontro alle esigenze di Kiev. Da quando è iniziata l’invasione russa la BERS ha emesso crediti nei confronti dell’Ucraina pari a 3,7 miliardi di euro: la ricapitalizzazione le permetterà di raddoppiare le risorse destinate al Paese e arrivare, quando la ricostruzione sarà a regime, a un ritmo di 3 miliardi all’anno.

I fondi della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo non vanno a sostenere il bilancio dello Stato, ma le imprese partecipate dalla Stato nel settore energetici e nelle infrastrutture in genere. In particolare la BERS con finanziamenti d’emergenza è stata determinante nel mantenere il funzionamento dell’operatore della rete elettrica ucraina, Ukrenergo, e della rete ferroviaria Ukrzaliznytsia, entrambe di vitale importanza per la vita del Paese. La stessa BERS finanzia inoltre progetti del settore privato attraverso schemi di condivisione del rischio tra banche e piccole e medie imprese; svolge consulenza sulle buone pratiche di amministrazione e governance nelle imprese statali e in altri livelli della pubblica amministrazione ucraina.


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