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Soccorsi dopo la tragedia di Suviana

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Non si può rischiare la vita andando a lavorare e non c’è perdita più grave che scuote la coscienza collettiva. Le risposte vanno date a monte e a valle con regole chiare e controlli mirati. Quello che disturba è la demagogia di mettere sotto accusa in toto la catena dei subappalti che assolve le coscienze e non impedisce l’orrore che i morti sul lavoro aumentino. La specializzazione, nel caso di Suviana, è obbligatoria e la si trova solo subappaltando a società di competenza primaria. Esiste anche la fatalità che impone la tutela sociale per i congiunti e bisogna essere precisi per colpire chi va colpito, non chi non c’entra niente. Se no si finisce nella notte nera in cui tutte le vacche sono nere e, alla fine, non si distingue più nulla.

NON si può rischiare la vita andando a lavorare per nessuna ragione al mondo e non c’è perdita più grave che scuote da troppo tempo la coscienza collettiva. Le risposte vanno date a monte e a valle con regole che garantiscono il rispetto degli standard di sicurezza nel primo caso e con controlli pubblici mirati nel secondo. Quello che, tuttavia, disturba molto è la demagogia che accompagna eventi così terribili e che trova la sua esemplificazione nel mito fintamente assolutorio di mettere ogni volta sotto accusa la catena dei subappalti che è diventata a sua volta un mito che assolve strumentalmente le coscienze e non impedisce l’orrore dei morti sul lavoro che aumentano.

C’è voluto il procuratore di Bologna che è un uomo di esperienza e di capacità riconosciute da tutti perché si avesse in sostanza il coraggio di dire che è troppo facile demonizzare sempre tutto e tutti. Perché bisogna cominciare a dire con chiarezza che non solo i subappalti sono espressamente previsti dalla legge, ma in alcuni casi sono addirittura necessari se non obbligatori. Perché esiste il subappalto delle competenze, come dimostra il caso di Suviana, la centrale idroelettrica sull’appenino bolognese, dove le vittime sono sette e la scatola nera ci dirà che cosa è accaduto, ma è un fatto indiscutibile che sono state scelte multinazionali di primaria competenza con personale di collaudata esperienza per il lavoro da fare e, ad esempio, il caso del cantiere dell’Esselunga di Firenze dove si ipotizza che si sia subappaltato per massimizzare i profitti sfruttando le persone visto che i contratti non sembrano essere in regola e gli standard di sicurezza garantiti traballanti.

In questo, come in tutti i casi analoghi, il cosiddetto mito del subappalto è reale e deve valere soprattutto perché a monte non accada mai più e a valle si vigili con forza punendo chi contravviene le regole prima che arrivino i morti. Questo è l’atteggiamento giusto per provare a risolvere davvero almeno in parte un problema che mette a rischio il più prezioso dei valori e, cioè, la vita delle persone, non la rincorsa separata dei sindacati con fantomatici allarmi lanciati, la smentita arriva dalla Procura, inseguendo miserevole consenso anche di fronte a tragedie di questa gravità. Senza dovere escludere a priori la fatalità per la quale va garantita comunque la massima forma di tutela per i congiunti di chi ne rimane vittima. Questo rischio va coperto sul piano della tutela sociale e delle ragioni della coscienza civile di un popolo.

La strada maestra, però, per mettere la questione cruciale su un crinale che sia strutturalmente non più incrinabile occorre creare un sistema governabile. Perché non esiste al mondo un’azienda che da sola può fare tutto e quella stessa azienda assume specialisti su tutto che però usa solo una tantum per cui quegli specialisti alla fine non saranno più tali. Diciamo meglio: perdi proprio lo specialista e metti a rischio la vita delle persone. Certo se li fai per pagare la gente quattro soldi allora non bisogna avere alcuna indulgenza agendo il più possibile prima per evitare i morti, ma se lo scopri dopo con il suo carico di morte sulle spalle allora la pena deve essere esemplare. Se si vuole colpire con serietà, bisogna essere molto precisi per colpire chi va colpito non chi non c’entra niente. Se no si finisce nella notte nera in cui tutte le vacche sono nere e, alla fine, non si distingue più nulla.


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