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di MITA BORGOGNO
Si è difeso dalla pesante accusa di peculato, ma si è detto disposto a rifondere i creditori degli eventuali ammanchi il notaio Guglielmo Labonia, arrestato venerdì mattina con l’accusa di peculato. E’ quanto emerso dall’interrogatorio di garanzia tenutosi ieri mattina dinnanzi al gip del tribunale di Castrovillari Annamaria Grimaldi.
Il professionista, rossanese ma con studio a Sibari di Cassano allo Jonio, difeso dall’avvocato Nicola Carratelli, durante l’interrogatorio ha chiarito la sua posizione, contestando che le cifre in discussione fossero di tale enorme portata (circa 3 milioni di euro secondo la Procura di Castrovillari) e portando a sua giustificazione una serie di specifici riferimenti alle varie pratiche fatte oggetto dell’indagine.
Inoltre, se “ammanchi” vi sono – ha spiegato ancora Labonia – sono da attribuirsi ad una serie di disguidi e ritardi organizzativi e burocratici dello studio e non a volontà di delinquere. Labonia ha inoltre dichiarato di essere pronto a coprire le cifre che l’indagine dovesse eventualmente provare.
A seguito di queste dichiarazioni, l’avvocato difensore ha chiesto al gip di concedere al suo assistito una misura meno afflittiva degli arresti domiciliari.
La Procura si sarebbe dimostrata possibilista, mentre il gip si è riservata la decisione sul caso. Una volta sciolta la riserva se la stessa non fosse favorevole l’avvocato Carratelli è già pronto a presentare ricorso al tribunale della libertà.
Secondo l’ipotesi di reato formulata dal procuratore capo Franco Giacomantonio e dal suo sostituto Baldo Pisani il notaio si sarebbe indebitamente appropriato d’una rilevante somma di denaro – pari a oltre tre milioni di euro – derivante dalla vendita all’incanto di numerosi beni fallimentari.
Sin dal 2002, infatti, il notaio era delegato dal Giudice delle esecuzioni immobiliari e dal giudice fallimentare del tribunale di Castrovillari a procedere alla vendita all’incanto di cespiti immobiliari derivanti da numerosi fallimenti.
Le somme però versate dagli aggiudicatari dei beni anziché essere prontamente messe a disposizione dei creditori fallimentari venivano, secondo l’ipotesi accusatoria, trattenute dal notaio su un proprio conto corrente per essere destinate a spese personali ed essere utilizzate quali fonti di produzione di cospicue somme a titolo di interesse. Solo una minima parte di tali somme sarebbero state recentemente depositate, ma solo a seguito di reiterate diffide dei giudici. Ed è proprio a seguito di circostanziate segnalazioni effettuate nello scorso mese di marzo dagli stessi giudici del tribunale di Castrovillari che i magistrati hanno dato tempestivo avvio alle indagini, anche bancarie, affidate agli investigatori delle Fiamme Gialle incaricati di passare al setaccio tutta la copiosa documentazione relativa alla gestione di alcune centinaia di fascicoli.

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