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di SARA LORUSSO
«MA perché l’hai fatto?». I puntini sospensivi lasciati in rete alla fine di un dolore raccontano quello che significa essere «senza parole». Lo sono i suoi compagni di scuola, che con Prashant dividevano i banchi e l’orario di lezione della I H del liceo scientifico Galilei del capoluogo. Come chi, lo aveva visto di rado, solo nei corridoi o alle manifestazioni della scuola in protesta, nell’autunno scorso. Piangevano tutti, ieri mattina, appoggiati alla macchinetta del caffè, sguardo perso oltre il davanzale, i singhiozzi in un abbraccio di conforto. Che il loro compagno dai tratti orientali non ci fosse più, che si fosse tolto la vita – «senza neanche una lacrima» perché troppo sconvolti, scriveranno altri su Facebook – lo hanno saputo con gli sms arrivati dagli alunni dell’istituto tecnico commerciale “Nitti”, dove studia la sorella del loro amico “Pras”.
La ragazza era stata contattata dalla Questura, poi la corsa verso il centro storico accompagnata da un collaboratore scolastico a cui ha raccontato – senza ancora sapere bene l’accaduto – di quella delusione adolescenziale, di quel dolore privato che lo aveva buttato un po’ giù. Ma a quell’età, in fondo, sembra così normale. Le transenne, la consapevolezza di quello che era successo, l’arrivo della madre, il dolore. Atroce. Che rimbalzava tra le aule del liceo scientifico di via Pienza, dai giornali on line, in alcuni messaggini, nelle domande di chi era arrivato in ritardo. Poi, per tutto il giorno è rimbalzato in rete.
E’’stato il preside del liceo, Vittorio Pace, a comunicare la notizia ufficialmente ai ragazzi, a dare conferma della tragedia di cui erano già al corrente. Pace, che ha fatto arrivare a scuola uno psicologo della Asl , racconta di quel «ragazzo a modo, sempre compito e puntuale a scuola, ben voluto da tutti, anche da quelli più grandi». Un bravo “uaglio’”, un bravo ragazzo, «guardi che era integrato, praticamente uno di noi». Lo raccontano a voce, su uno striscione attaccato sulle ringhiere del liceo, lo testimoniano con un mazzo di fiori lasciato lungo la scalinata da cui «perché lo ha fatto?». E poi lo scrivono, senza sosta, senza smettere di interrogarsi in rete, «perché sprecare la vita?». Hanno creato un gruppo nel social network: “amico mio, sarai sempre nei nostri cuori”, descrizioni, domande, ricordi. «Sempre sorridente, pieno di vita, allegro». Più di cento iscritti in poche ore, il gruppo «è dedicato a lui e a tutti quelli che credono che sia stata una persona meravigliosa», all’amico «mio che te ne sei andato con il tuo ultimo gesto di follia».
Doppio lutto, lo chiamano così. E alla fine è semplicemente doppio, interminabile dolore. Solo poche ore prima, un altro banco del Galilei era rimasto vuoto. Quegli stessi ragazzi avevano perso Aurelio, pure lui 15 anni e un improvviso infarto. Per Aurelio, un murales all’ingresso dell’istituto. Con Guccini che canta la scomparsa di un’amica, loro piangono un coetaneo per cui – anche se in circostanze diverse – c’è un simile perché. Dell’assenza.
A entrambi – analoga passione per la musica – sarà dedicata la “Giornata dell’arte e della creatività” in programma per sabato prossimo. «Proprio l’altro ieri se ne stava all’ingresso, all’uscita da scuola, a suonare alcuni accordi con la chitarra?». Doppio lutto, doppia speranza di futura serenità. «Era splendido», fanno eco altri insegnati. Le lacrime degli adulti sono quelle dei più piccoli. Stessa incredulità. «La famiglia – racconterà il vicepreside del Nitti, Lucio Cioffredi – è sempre stata molto presente».
Lo sanno più meno tutti, ormai, i ragazzi, di quegli sms in cui Prashant annunciava il proprio gesto. «Ma può bastare?». E c’è chi ricorda, in un forum libero, che «ci aveva mandato dei segnali nei giorni prima, ma noi non siamo stati in grado di coglierli». Si ragiona su quelle parole di tristezza e male di vivere che il quindicenne aveva postato sulla propria pagina della comunità virtuale. Alcuni messaggi che, con il segno di poi, appaiono cassandre terribili. Ma la consapevolezza di tutti è che il dolore, tanto grande e per questo insopportabile, nasce dalla certezza che quel gesto è profondamente incomprensibile. La vita reale è quella del perché. Che rimbalza on line, tra le pagine dell’addio.

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