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Nelle prime ore di questa mattina la squadra mobile della questura di Catanzaro ha dato esecuzione a cinque misure cautelari a carico di altrettante persone residenti nel comprensorio soveratese. Le indagini, coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, hanno come sfondo la faida che sta insaguinando il basso-ionio catanzarese e ha fatto luce su attività estorsive, in atto da anni, poste in essere nei confronti di importanti società, del centro-nord italia, impegnate anche con cospicui investimenti nel settore turistico alberghiero.

I Dettagli dell’operazione – Le estorsioni

Il boss Mario Mongiardo, di 42 anni, ritenuto un elemento di spicco della cosca Gallace di Guardavalle, nel soveratese, era solito rivolgersi così ai clienti ed ai dirigenti della società che gestisce parte del villaggio turistico “Sant’Andrea”, a Sant’Adrea sullo Ionio, ai quali imponeva il pagamento di tangenti e l’assunzione di persone a lui gradite: «Qui dentro siete tutti miei ospiti».
Mongiardo è stato arrestato ieri dalla squadra mobile di Catanzaro per estorsione continuata ed aggravata dalle modalità mafiose ai danni della società Iperclub di Roma, proprietaria di 120 appartamenti nel villaggio e gestore dell’albergo, e della società Fram Groop di Taranto che provvedeva a reclutare il personale.
Insieme a lui sono state arrestate la moglie, Cosmina Samà, di 43 anni, e la figlia, Marianna (18) e Francesco Corapi (63). Nel corso dell’operazione è stato arrestato anche Sergio Mastroianni (49), guardia giurata in servizio al villaggio, accusato di favoreggiamento personale per avere cercato di avvisare Mongiardo e Corapi che la polizia li stava per arrestare.
L’inchiesta della squadra mobile, coordinata dalla Dda, è durata poco meno di un mese ed è nata nell’ambito delle indagini sulla guerra tra cosche in atto nella zona del basso ionio catanzarese ai confini con le province di Reggio Calabria e Vibo Valentia. Gli agenti hanno notato Mongiardo, già noto alle forze dell’ordine, entrare nel villaggio ed atteggiarsi a proprietario. Grazie a pedinamenti ed appostamenti e dopo avere sentito i responsabili della Iperclub è emerso quanto stava accadendo ormai da anni.
Il primo a imporre una tengente di 12 mila euro l’anno era stato, nel 2003, Corapi, presentatosi come esponente delle cosche. L’uomo si era poi fatto assegnare il servizio di giardinaggio ed imposto la fornitura di frutta che faceva pagare ad un prezzo più alto di quello di mercato e senza alcun controllo. Tre direttori che volevano verificare la qualità della merce sono stati trasferiti per la loro sicurezza in altre strutture della società.
Dopo l’omicidio del boss Vincenzo Varano, ucciso nel luglio del 2009, ha fatto la sua comparsa Mongiardo che ha imposto il pagamento di duemila euro mensili più l’assunzione di varie persone, tra le quali la moglie e la figlia, che percepivano lo stipendio pur non andando a lavorare. La sovrapposizione dei due ha portato anche ad un chiarimento tra Mongiardo e Corapi alla presenza dei dirigenti della società, nel corso del quale il primo ha ribadito di essere il rappresentante delle cosche, ottenendo il riconoscimento da parte di Corapi.
Ieri sera, sapendo che Mongiardo era solito mangiare al ristorante del villaggio con tutta la famiglia, gli agenti della mobile sono entrati in azione. Mongiardo ha tentato di prendere dal borsello una pistola calibro 7.65 pronta a sparare ma è stato bloccato.
Nel corso della conferenza stampa per illustrare i dettagli dell’operazione, il procuratore aggiunto di Catanzaro, Salvatore Murone, ha dichiarato che lo scontro tra cosche della ‘ndrangheta in atto al confine tra le province di Catanzaro, Reggio Calabria e Vibo Valentia, «non è la faida dei boschi ma è una vera e propria guerra di mafia per lo sfruttamento di tutte le attività economiche».
«Anche l’operazione di stamani – ha aggiunto – si inserisce nel quadro delle indagini condotte sul territorio che speriamo di poter concludere con qualcosa di omnicomprensivo».
Il questore di Catanzaro, Michele Roca, invece, ha sottolineato la tempestività delle indagini che dall’avvio, all’emissione dei provvedimenti restrittivi, è durata circa un mese. «Questa operazione – ha aggiunto – dimostra poi la fragilità del tessuto economico della zona. Per la criminalità organizzata, dare un posto di lavoro significa far dare uno stipendio agli amici senza neanche farli lavorare. L’operazione è anche una risposta a quei giovani che cercano un posto di lavoro onesto».

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