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di FLAVIO STASI*
Lo abbiamo detto nei giorni antecedenti alla manifestazione, lo abbiamo urlato sul palco, ma il momento decisivo è questo: a riflettori spenti, macchine fotografiche e telecamere puntate altrove. Mentre mezza casta politica regionale esalta la manifestazione che l’ha vista finalmente soltanto fare la comparsa, affaccendandosi nell’accaparrarsi un po’ di merito che non ha, noi ci interroghiamo su come concretizzare realmente tutte le energie uscite fuori dalla giornata di Reggio. I presidenti e gli onorevoli, i fantocci vestiti da giovani ed i burocrati in erba parlino, al limite scrivano, come hanno fatto e faranno sempre. L’altra Calabria, quella che si è guardata bene dallo sfilare troppo vicino a qualche mafioso che inevitabilmente è sceso per strada a fare passerella, quella che è esplosa alla fine della manifestazione ogni qual volta si è scoperchiato un piccolo pezzo di verità sul pentolone affaristico mafioso-istituzionale della nostra regione, ha bisogno di trovare metodi e coraggio per manifestare quotidianamente la propria inarrestabile forza. Vogliamo dirlo una volta di più: fare antimafia significa semplicemente lottare per i diritti di tutti. Nessuno se non un popolo cosciente e coraggioso è in grado di conquistare e difendere i propri diritti. Se questi diventano concessioni creano quel sistema di potere, ricatti e prevaricazioni che, di fatto, rappresenta la nostra società. La ‘ndrangheta, come tutte le mafie, si inserisce in questa dinamica, la fa propria, la cavalca e la alimenta, godendo di un sistema collaudato di discriminazione, censura e repressione che allo stato attuale abbiamo persino il coraggio di chiamare democrazia. Infrastrutture, scuole, università, rifiuti, energia, lavoro: c’è l’imbarazzo della scelta tra i campi in cui ricominciare a costruire il tessuto umano del nostro popolo reciso da anni di ingegneria sociale dei poteri forti. Noi abbiamo qualche idea. Nessun esercito, innanzitutto. Lo stato controlla con i propri apparati repressivi già troppi aspetti della nostra vita senza intaccare minimamente l’apparato ‘ndranghetista, ci mancano solo gli armigeri sotto casa. Innanzitutto ridateci scuole e università attualmente in macerie, demolite da anni di riforme scellerate, tagli selvaggi, chiusure arbitrarie. Una scuola che funziona in ogni paese è il più efficace presidio antimafia che si possa desiderare, è il vaccino per la mafia di domani: non a caso questo governo ne sta chiudendo a decine nel Meridione. Una Università aperta a tutti, accessibile, che offre agli studenti ritmi e qualità di studio tesi a formare individui e non mano d’opera specializzata, che lascia e favorisce tempi e spazi di aggregazione, è un antidoto eccezionale contro il veleno della mentalità ‘ndranghetista. L’aggregazione che manca ormai da tempo tra le strade dei paesini e manca persino in quei luoghi prediletti come il campus di Arcavacata, ridotto in stato comatoso da politiche rettorali ispirate a modelli industriali e speculatori delle feste decervellanti talvolta anche travestiti da sovversivi. Non a caso questo ed altri governi hanno sistematicamente destrutturato, svilito, tagliato, centrifugato gli atenei rendendoli una fabbrica, una fabbrica di automi. Abbiamo intenzione, quindi, di continuare la nostra lotta in difesa della scuola e dell’università pubblica, lotta a cui vorremo si unissero quarantamila calabresi con cui abbiamo sfilato sabato. Abbiamo intenzione di farlo a fianco di ricercatori ed insegnanti precari, i quali sbattuti per strada dallo stato hanno osato ribellarsi proprio in riva allo stretto bloccando l’imbarcadero di Messina e ricevendo in regalo 25 denunce. Il reato è osare chiedere dignità, a proposito di mafia e repressione. Abbiamo intenzione di fare antimafia difendendo il territorio dalle speculazioni, dai disastri, dai cancri, dagli scempi, dal cemento: per troppo tempo i calabresi hanno venduto la propria terra per pochi spicci sotto il ricatto della fame e della disoccupazione, condizioni favorevoli e auspicate tanto dalla ‘ndrangheta quanto dagli speculatori di ogni tipo, con la differenza che questi ultimi possono permettersi spot pubblicitari sulle reti televisive nazionali che promuovono l’immagine aziendale. A proposito: a quando lo spot di mafia e camorra sulla Rai? In fondo si tratta di aziende piuttosto affidabili. Rivendicare diritti per tutti significa scardinare anche il disumano fenomeno dello sfruttamento nei confronti di cittadini africani o dell’est Europa che ad oggi sono percepiti come minacce dai lavoratori calabresi. Niente di più sbagliato. È la mafia che permette ed auspica l’immigrazione di questi sfortunati fratelli affinché possa schiavizzarli e ricattarci tutti. La loro condizione odierna domani potrebbe essere la nostra, e visto gli arretramenti degli ultimi anni cui sono soggette le nostre condizioni lavorative non si tratta di eresia. Dunque? Rivendicare contratti stabili, salari dignitosi e sicurezza sul lavoro è l’unica soluzione plausibile per tutti coloro che calcano la nostra terra, qualunque sia la distanza che li separa dal rispettivo luogo di nascita. La lotta alla ‘ndrangheta non ha controparti a priori: sabato abbiamo sfilato a fianco di coloro che molto spesso sono le controparti degli studenti. Purtroppo sono spesso le azioni e le posizioni dei soggetti in campo a determinarne lo scontro: sono disponibili gli industriali ed i governanti a ridare a generazioni di donne e uomini la sicurezza di un contratto di lavoro stabile e dignitoso? In caso contrario, sono disponibili le confederazioni sindacali a fermare questa stagione decennale di concertazione al ribasso sulla pelle di lavoratori e studenti? Sono disponibili le classi dirigenti degli atenei, corresponsabili del collasso del sistema universitario italiano, ad opporsi realmente al colpo mortale dei governi bancofili e confindustrofili nei confronti del diritto allo studio, della libera formazione, della libera ricerca? È disponibile quella folta schiera di industriali ad abbandonare le decine progetti di business criminali a spese della salute della nostra gente, dell’economia collettiva e dell’ambiente? È altresì disponibile a pagare, insieme a governanti, servizi e mafiosi, per gli scempi di questi decenni? Sono gesti e posizioni che determinano le reti e le alleanze, non le dichiarazioni d’intenti. Per ricostruire un tessuto sociale ed aggregativo oggi ci sono molti più ostacoli di ieri. Mass media invasivi e mercificatori, luoghi fisici studiati per sfavorire l’aggregazione, tempi di studio e lavoro frenetici, rapporti individuali e collettivi basati sulla concorrenza e non sulla cooperazione, eppure è una sfida cui non possiamo tirarci indietro, è la sfida della nostra generazione e la affrontiamo ogni giorno ed in ogni luogo. Quando avremo finito non ci sarà più nessuna mafia, in quanto l’unico vento in grado di spazzarla via è quello che soffia verso una società equa ed emancipata. Utopia? Forse. Ma quando le utopie fanno tremare gli arroganti e sollevare i popoli, sono ben più utili del pragmatismo e dell’utilitarismo sociale che hanno reso intere popolazioni simili a pecore nei confronti di leoni istituzionali, finanziari e criminali, che ci hanno messo gli uni contro gli altri. Per cui la nostra antimafia è lotta per i diritti ed è tutti i giorni, le chiacchiere le lasciamo agli altri.

*Flavio Stasi
studente Unical

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