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di CELESTE COSTANTINO*
Anche quella del 2011 è stata l’estate dei dibattiti. Di quelli inutili: abbiamo discusso del diritto dei parlamentari a fare i pellegrinaggi, del pareggio di bilancio dello Stato da inserire in Costituzione (che tutti gli economisti seri considerano una sciocchezza) e persino del fidanzamento di Federica Pellegrini. E di quelli che danno risposte sbagliate ai problemi veri: sul crollo delle borse e sullo sgretolamento del sistema economico, sul governo – commissariato e in stato confusionale – che ha varato una manovra e adesso non sa che pesci prendere e si prepara a nuova macelleria sociale, sulle spiagge rimaste vuote perché i cittadini hanno dovuto rinunciare alle loro vacanze, sulle violenze che si sono scatenate per le strade della Gran Bretagna. E poi c’è la Calabria, che come sempre fa caso a sé. Perché qui il mare è sporco, i depuratori non hanno funzionato e gli ecomostri fioccano ma il presidente della Regione Giuseppe Scopelliti dice che non è vero, perché qui siamo a un passo dall’emergenza rifiuti e sui rifiuti sono scoppiate nuove tangentopoli, perché qui siamo arrivati al punto che non solo i turisti non hanno messo piede sulle nostre spiagge ma non sono tornati neanche più le migliaia di emigranti che vivono altrove alla ricerca di una dimensione di vita accettabile. Perché qui discutiamo del “Modello Reggio” trasferito su scala regionale che, finora, è servito soltanto a passare dalle passeggiate di Lele Mora e Valeria Marini in riva allo Stretto alla cornice del Magna Grecia Teatro Festival con gli imperdibili spettacoli con Rossella Brescia ed Eleonora Giorgi scelti dal maestro ottuagenario Giorgio Albertazzi che – per farci dono di un suo spettacolo – ha anche aggirato il bando di selezione del direttore artistico. Nulla di nuovo, purtroppo: solo soldi in più da buttare via. Fumo negli occhi, provincialismo pagato a caro prezzo in una regione che ha invece nel suo movimento teatrale straordinarie certezze e potenzialità. E in Calabria è stata l’estate in cui i vecchi si sono messi contro i giovani (Peppe Bova che fa una forzatura imbarazzante per diventare capogruppo del gruppo misto in consiglio comunale a Reggio Calabria e mette lo zampino sulle commissioni contro l’opposizione), i vecchi sollevano falsi problemi (Agazio Loiero che propone una sede del consiglio regionale a Lamezia Terme che scatena un dibattito surreale), i vecchi cancellano gli spazi di libertà dentro le università (il rettore dell’Unical Giovanni Latorre, al terzo mandato, contro gli spazi occupati e persino le sedi delle compagnie teatrali). È stata anche l’estate di morti dolorose e misteriose come quelle delle donne che avevano deciso di denunciare la ’ndrangheta; del rapimento di Francesco Azzarà (che speriamo tutti torni presto a casa) che non ha “meritato” l’attenzione del presidente della Regione e della Provincia di Reggio Calabria, di troppi reggini distratti alla fiaccolata di Motta San Giovanni. Ed è stata l’estate (e sarà l’autunno, e l’inverno) dei veleni, pericolosi e indegni. Con i giornali che mettono nel mirino i preti antimafia colpevoli di avere negato funerali pubblici e solenni ai boss della ’ndrangheta, con quelli che fanno i garantisti a metà, con gli attacchi inquietanti – diretti o trasversali – rivolti contro la procura di Reggio Calabria. Tutto questo avviene nello sconcertante silenzio di una politica delegittimata dai fatti e quello preoccupante, salvo alcune importanti eccezioni, della società civile. Di fronte a questa situazione serve una forte e decisa discontinuità con i modelli che in Calabria hanno governato e che ci hanno lasciato in questa situazione di degrado politico, etico e sociale. Senza sconti per nessuno. Così bisogna lanciare una forte azione per abbattere i costi della politica calabrese (evitando magari le finte riforme annunciate dal consiglio regionale). Non si tratta però di enunciare demagogicamente questa ricetta che rischia di far perdere di vista gli sprechi che non hanno a che fare solo con la vita dei singoli consiglieri regionali, ma quelli dovuti alla cattiva gestione. Tagli a privilegi e prebende allora, ma anche attenzione a come vengono spesi i soldi (la cultura – e il Magna Grecia Teatro insegna – ne è un esempio) e a quali politiche vengono messe in campo per contrastare l’emergenza sociale segnalata appena qualche giorno fa dallo Svimez prima e dal centro studi di Condartigianato poi con i drammatici tassi di disoccupazione del Sud soprattutto per quel che riguarda le giovani generazioni (in Calabria è disoccupato un giovane su quattro). È per questa ragione che l’euforia di Scopelliti & c. presentato il Piano per il Sud (che punta sulle solite A3, statale 106 e ferrovia jonica) suona sgradevole prima ancora che tetro. Ma oltre ad abbattere i costi della politica, è necessario intervenire in maniera chiara e netta per pretendere trasparenza nella composizione degli organismi istituzionali. Esiste eccome una questione morale in Calabria. L’abbiamo detto alla nostra prima uscita pubblica a Lamezia: non bastano i codici etici nei partiti, vogliamo – come chiede anche Libera, l’associazione di don Ciotti – una legge che non permetta la candidabilità di persone rinviate a giudizio per fatti gravi come l’associazione mafiosa. E non solo: bisogna vigilare di più sulle società miste, sugli appalti pubblici, sui concorsi. E bisogna rompere il cortocircuito creato da un clientelismo vergognoso che tiene sotto ricatto occupazionale un intero popolo. Si tratta di una metodologia che non conosce bandiere di partito. Come peraltro non le conosce la ’ndrangheta che sceglie il potere che può garantire i suoi affari. Questa dovrebbe essere la prima vera opposizione da fare in Calabria che invece un centrosinistra estremamente debole e il più delle volte diviso non riesce a mettere in campo. Per questa ragione acquista ancora più valore l’esperienza del Viaggio, il percorso che abbiamo appena iniziato. Molti di noi provengono da esperienze partitiche bloccate e dalle migliori esperienze della società civile. Per questa ragione, lo strumento che ci siamo dati è quello di rivolgerci direttamente ai bisogni della Calabria, senza escludere nessuno. Sperando anzi che il lavoro che abbiamo iniziato possa anche essere da stimolo verso un modello partitico troppo ingessato e poco aperto ai cambiamenti epocali che si stanno consumando oggi. Indipendentemente dalla nostra volontà e che dobbiamo essere in grado di leggere e guidare. La precarietà è un male della nostra generazione, la legge 30 è stata prodotta dalla vecchia politica: non sarà certo chi l’ha voluta ad abolirla o abrogarla. Noi pensiamo che l’obiettivo debba essere la stabilizzazione, l’assunzione con contratto a tempo indeterminato. Su questo non dobbiamo rinunciare a impegnarci, concretamente. Ma, anche qui, vale il ragionamento fatto sui costi della politica: il nostro non può essere un atteggiamento ideologico, che evoca e nel frattempo aspetta. I diritti dei lavoratori vanno tutelati sempre, anche quando questi sono precari, instabili, a progetto, a intermittenza. Anche quando il sindacato, come troppo spesso accade in questa regione, gioca una partita di retroguardia. Ecco perché non ci limitiamo a chiedere, in maniera astratta, un modello di lavoro che in questo momento drammatico di crisi economica non esiste. Ecco perché chiediamo garanzie vere per chi è costretto a vivere sulla propria pelle la condizione occupazionale della precarietà. Bisogna ripensare il welfare in questo Paese: non avere un atteggiamento assistenzialista, ragionare per esempio in termini concreti e moderni di reddito di cittadinanza, di servizi e non lasciare che siano la politica, o peggio la ’ndrangheta, a decidere chi assumere e in quali forme contrattuali farlo. Noi ci stiamo assumendo una responsabilità che è quella di provarci. Provare ad ascoltare e a rispondere. Provare a osservare e ad agire. Provare a mettere in circolo le energie migliori di questa regione, che esistono, sono vere, fanno molte cose che hanno bisogno di trovare (e non trovano) un punto di riferimento certo e credibile nella politica. Il Viaggio serve a questo. Luglio e agosto sono stati mesi d’incubazione, di elaborazione. Necessari per iniziare una discussione, stabilire le prime tappe di un percorso che ci porterà subito – già dai primi giorni di settembre, già dallo sciopero generale proclamato dalla Cgil – a impegnarci almeno lungo due linee direttrici: lavoro e ambiente. E che, sopra ogni cosa, ci vedrà in campo per contrastare la criminalità organizzata che è la costante che va affrontata rispetto a tutto quello che si muove nella nostra regione. Siamo molto contenti che questo percorso appena iniziato abbia suscitato subito delle reazioni da parte della politica, dei nostri stessi partiti di provenienza, della società civile. Significa che mancava una rappresentazione diversa della politica, che c’è voglia di liberare la politica dagli schemi vecchi e fallimentari del passato e che c’è attenzione rispetto a un’iniziativa spontanea, trasversale, aperta e giovane. Che ha tutta l’intenzione di incidere realmente nelle scelte che hanno a che fare con il nostro presente e il nostro futuro.

*Presidenza nazionale di Sel

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