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di WILLIAM RANIERI
Si sente regolarmente parlare di governo tecnico ogni qualvolta la politica entra in crisi e non le riesce di esprimere un governo in grado di governare. La natura “tecnica” di questi governi deriva, per alcuni, non solo dal fatto che si tratta di uno “strumento” che viene costruito per superare una situazione di grave incomunicabilità in cui vengono a trovarsi le forze politiche presenti in Parlamento, ma anche dal fatto che i partiti, almeno formalmente, non intervengono nella loro fase di formazione e indicazione dei ministri. Questo potrebbe far pensare a governi autonomi e autorevoli. La tesi contrapposta è quella di coloro che sostengono invece che un governo è sempre politico. Questa tesi rispetto alla prima è più apprezzabile, suffragata com’è non solo dalla necessaria manifestazione di volontà del Parlamento per la nascita e il mantenimento in vita di questi governi, ma anche da altri indizi nella fase di formazione e di nomina dei ministri; si pensi al giro di consultazione del presidente incaricato con le forze politiche, alla lunghissima attesa, almeno nel caso del governo Monti, prima di comunicare ufficialmente la lista dei ministri. Ma allora i governi tecnici non sono forse un maldestro escamotage della politica per far fare a questi governi quello che i partiti non se la sentono di fare, pensando così di “smarcarsi” da provvedimenti impopolari (rectius ingiusti) con la pia illusione che possa essere più facile poi giustificarsi con gli elettori? Non è strano infatti che nell’attuale momento politico i partiti dopo aver litigato su tutto, si trovano poi d’accordo su tutto, pur con qualche sfumato distinguo, votando la fiducia al governo del professore Monti con una maggioranza inusitata? Ma dopo questo unanimismo iniziale cosa faranno le forze politiche, soprattutto i due partiti maggiori, durante l’azione del governo? Faranno a gara a chi la sostiene di più fingendo magari di litigare quando si tratterà di approvare in parlamento i provvedimenti che il governo presenterà o, dimenticando la fiducia votata a piene mani, incominceranno la campagna elettorale? Sanno perfettamente che il conto agli elettori, governo tecnico o non governo tecnico, saranno sempre i partiti a doverlo presentare. E oggi gli elettori, soprattutto quelli giovani, come si può vedere in ogni parte del mondo, non solo sono sfiduciati, ma non sono nemmeno ignoranti e non gliene frega niente dei mercati finanziari. Di questo i partiti ne terranno sicuramente conto, con tutte le conseguenze del caso. Paradossalmente, quindi, un governo tecnico che dovrebbe essere autorevole e forte non avendo in sé la conflittualità politica, non avendo però la forza dell’omogeneità politica, corre il serio rischio di essere più debole di un governo che nasce dalle elezioni perché questo ha il vantaggio di avere sia una sua maggioranza di legislatura politicamente individuabile e perciò responsabile, e questo in democrazia è fondamentale, sia un confronto politico con l’opposizione che se non è rissoso può dire di più ai cittadini. Queste considerazioni possono apparire semplicistiche; ma la verità è semplice, è l’inganno che ha bisogno di una architettura complicata.

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