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2013-03-19E i rottamatori si ritrovano a Pignola con Molinari
Rissa Lacorazza-Margiotta
Il Pd fa le prove di #open POTENZA – Di chi è la colpa dell’emorragia di consensi, e qual’è la ricetta per uscirne. Sono i temi per cui nel Pd lucano si è ormai aperta una vera e propria guerra senza esclusione di accuse e insulti reciproci. E se a farsi scappare persino un «e che cazzo» è uno scafato come il senatore Salvatore Margiotta non c’è da aggiungere altro. Non se le sono mandate a dire lui e il presidente della provincia di Potenza Piero Lacorazza per tutta la serata di sabato commentando l’elezione di Piero Grasso a presidente del Senato. A scatenare la rissa è stata una battuta di Lacorazza suruolo positivo di Matteo Renzi e del Movimento 5 Stelle nel cambiamento di cui l’indicazione dell’ex procuratore nazionale antimafia e di Laura Boldrini a seconda e terza carica dello Stato rappresenterebbe il primo passo. Ne è venuta fuori una schermaglia sulle responsabilità che dal livello nazionale si è spostata subito a quello locale con Margiotta ad incalzare sulla conta dei voti, quelli persi. E Lacorazza a difendersi di maniera fino a beccarsi dell’ipocrita da chi ogni volta che si è misurato all’interno del partito ha dovuto cedere il passo proprio per la legge dei numeri. Dove? Ma su twitter. A colpi di battute non più lunghe di 140 caratteri con qualche “follower” a cercare di rimettere pace e Lacorazza a rivendicare l’apertura (#open) che soltanto qualche giorno fa sembrava esclusiva dei 5 stelle. Basta caminetti insomma. Ed è venuto fuori di tutto. Chi è più giovane Margiotta o Lacorazza? Ognuno sembra avere ragioni per affermarlo di se stesso forte della lontananza dagli incarichi dirigenziali del partito, quindi dagli errori nella sua gestione a livello locale, oppure dell’anagrafe. «Oggi abbiamo eletto Boldrini e Grasso per curricula vitae. Per competenze, non perché ggggiovani». Ironizza Margiotta imitando Carlo Verdone. Poi se la prende con chi ripesca la metafora dell’asticella del saltatore che dev’essere sempre alzata, perché «porta male» e qui la frecciatina è all’attuale segretario regionale del Pd Roberto Speranza (Lacorazza è il suo predecessore), che qualche mese fa si era aggrappato proprio a questa immagine sportiva. Infine si compiace per il corsivo pubblicato sulla prima pagina del Corsera da Aldo Grasso che sorride dei “giovani turchi” del Pd nazionale, il superteam bersaniano accusato di aver volatilizzato consensi ad ogni comparizione. E qui interviene anche uno di loro, Andrea Orlando, responsabile del forum sulla giustizia, che gli rimprovera lo scarso spirito di squadra («Dire grande ad uno che insulta dei tuoi compagni di partito è notevole»). La discussione si muove verso le «filiere» e gli «incasellamenti» a cui Lacorazza sfugge, contrariato anche solo a sentirne parlare fino a rinfacciare al senatore di esserne lui piuttosto un portatore di «forma e di sostanza». Al che il giovane presidente della provincia si becca di essere quello che predica una cosa ma ne pratica un’altra. Quando interviene il segretario provinciale del Pd Antonello Molinari per un attimo riemerge anche la vecchia divisione in diessini e diellini, Democratici di sinistra e Margherita. «Il Pd è molto più di ciò a cui qualcuno avrebbe voluto ridurlo… almeno in Basilicata». Cinguetta Molinari rivendicando un possibile “smarcamento” dall’identità partito-regione, l’immedesimazione democratica con le istituzioni ammistrate. In Basilicata praticamente tutte. E anche Molinari fa l’occhiolino ai renziani tanto che ieri sera era con 300 sostenitori del sindaco di Firenze nella sua Pignola. Il grillismo sembra aver preso piede anche qui. Almeno nei toni. l.amato@luedi.it xz«xz«xjfdkljlgjfdkljgdkjkjgfkldjvkxl 

 POTENZA – Di chi è la colpa dell’emorragia di consensi, e qual è la ricetta per uscirne. Sono i temi per cui nel Pd lucano si è ormai aperta una vera e propria guerra senza esclusione di accuse e insulti reciproci. 

E se a farsi scappare persino un «e che cazzo» è uno scafato come il senatore Salvatore Margiotta non c’è da aggiungere altro. Non se le sono mandate a dire lui e il presidente della provincia di Potenza Piero Lacorazza per tutta la serata di sabato commentando l’elezione di Piero Grasso a presidente del Senato.
 
A scatenare la rissa è stata una battuta di Lacorazza suruolo positivo di Matteo Renzi e del Movimento 5 Stelle nel cambiamento di cui l’indicazione dell’ex procuratore nazionale antimafia e di Laura Boldrini a seconda e terza carica dello Stato rappresenterebbe il primo passo. Ne è venuta fuori una schermaglia sulle responsabilità che dal livello nazionale si è spostata subito a quello locale con Margiotta ad incalzare sulla conta dei voti, quelli persi. 
E Lacorazza a difendersi di maniera fino a beccarsi dell’ipocrita da chi ogni volta che si è misurato all’interno del partito ha dovuto cedere il passo proprio per la legge dei numeri. Dove? Ma su twitter. 
A colpi di battute non più lunghe di 140 caratteri con qualche “follower” a cercare di rimettere pace e Lacorazza a rivendicare l’apertura (#open) che soltanto qualche giorno fa sembrava esclusiva dei 5 stelle. Basta caminetti insomma. Ed è venuto fuori di tutto. Chi è più giovane Margiotta o Lacorazza? Ognuno sembra avere ragioni per affermarlo di se stesso forte della lontananza dagli incarichi dirigenziali del partito, quindi dagli errori nella sua gestione a livello locale, oppure dell’anagrafe. «Oggi abbiamo eletto Boldrini e Grasso per curricula vitae. Per competenze, non perché ggggiovani». 
Ironizza Margiotta imitando Carlo Verdone. Poi se la prende con chi ripesca la metafora dell’asticella del saltatore che dev’essere sempre alzata, perché «porta male» e qui la frecciatina è all’attuale segretario regionale del Pd Roberto Speranza (Lacorazza è il suo predecessore), che qualche mese fa si era aggrappato proprio a questa immagine sportiva. Infine si compiace per il corsivo pubblicato sulla prima pagina del Corsera da Aldo Grasso che sorride dei “giovani turchi” del Pd nazionale, il superteam bersaniano accusato di aver volatilizzato consensi ad ogni comparizione. 
E qui interviene anche uno di loro, Andrea Orlando, responsabile del forum sulla giustizia, che gli rimprovera lo scarso spirito di squadra («Dire grande ad uno che insulta dei tuoi compagni di partito è notevole»). La discussione si muove verso le «filiere» e gli «incasellamenti» a cui Lacorazza sfugge, contrariato anche solo a sentirne parlare fino a rinfacciare al senatore di esserne lui piuttosto un portatore di «forma e di sostanza». Al che il giovane presidente della provincia si becca di essere quello che predica una cosa ma ne pratica un’altra. Quando interviene il segretario provinciale del Pd Antonello Molinari per un attimo riemerge anche la vecchia divisione in diessini e diellini, Democratici di sinistra e Margherita. «Il Pd è molto più di ciò a cui qualcuno avrebbe voluto ridurlo… almeno in Basilicata». 
Cinguetta Molinari rivendicando un possibile “smarcamento” dall’identità partito-regione, l’immedesimazione democratica con le istituzioni ammistrate. In Basilicata praticamente tutte. E anche Molinari fa l’occhiolino ai renziani tanto che ieri sera era con 300 sostenitori del sindaco di Firenze nella sua Pignola. Il grillismo sembra aver preso piede anche qui. Almeno nei toni. 

 

 

 

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