X
<
>

Condividi:
6 minuti per la lettura

ROMA – In Csm si arriva al ballottaggio, ma alla fine prevale il candidato che era dato per favorito fin dall’inizio. Il nuovo Procuratore Nazionale Antimafia è Franco Roberti, napoletano di 65 anni, magistrato anticasalesi e fino ad oggi capo della Procura di Salerno. Per lui 20 voti nel Plenum di questa mattina, contro i 6 ricevuti al secondo turno dal procuratore di Bologna, Roberto Alfonso.

A sostegno della candidatura di Roberti nell’ultimo scrutinio si è creato un fronte bipartisan, che ha strappato due voti anche tra i consiglieri di area centro-destra. Ha raccolto la preferenza del vicepresidente Michele Vietti, e dei vertici della Cassazione, il primo presidente Giorgio Santacroce e il Pg Gianfranco Ciani. E l’hanno votato i consiglieri togati di Area e di Unicost, gli indipendenti Aniello Nappi e Paolo Corder, il togato di Magistratura indipendente Alessandro Pepe, tutti laici di centrosinistra e il laico del centrodestra Bartolomeo Romano.

«E’ una vittoria di squadra più che un successo personale», dice il neo numero uno della Dna Roberti, che ha garantito che concentrerà nel nuovo incarico tutte le sue «forze e capacità». Il Procuratore non anticipa il “programma”, però sin da subito si propone di «rilanciare l’azione importante della Procura nazionale nel solco dei predecessori» e di «confrontarsi con le nuove sfide della criminalità organizzata transnazionale», con priorità al contrasto al riciclaggio, ai traffici di droga, di rifiuti e alla tratta di esseri umani.

La carica di Capo della Direzione Nazionale Antimafia era vacante da gennaio, da quando l’attuale presidente del Senato aveva lasciato la magistratura per candidarsi. Diciotto in tutto le domande arrivate al Consiglio; quattro le proposte uscite dalla Quinta Commissione, quella per gli incarichi direttivi, che ha compiuto l’istruttoria non riuscendo a convergere su un candidato. Oltre a Roberti e Alfonso, tra in nomi portati in Plenum c’erano anche Luigi De Ficchy, capo della Procura di Tivoli, che tra l’altro aveva impugnato le assoluzione sugli abusi sessuali nella scuola di Rignano Flaminio, e Guido Lo Forte, procuratore capo a Messina, che è stato uno dei pm del processo Andreotti.

Alla prima votazione, svolta per chiamata nominale, Roberti ha ricevuto 8 preferenze, 9 quelle per Alfonso, 6 per Lo Forte, mentre un voto è andato a De Ficchy (astenuti Vietti e Ciani). Dato che nessun candidato aveva attenuto almeno la metà dei voti, si è proceduto con il ballottaggio, nel quale la leggera prevalenza di Alfonso è stata ribaltata.

La nomina di Roberti è stata accolta con “grande soddisfazione” dal suo predecessore Piero Grasso, che dallo scranno più alto del Senato ha auspicato «un rinnovato e corale impegno di tutte le forze politiche, attraverso interventi legislativi mirati e strategici, al contrasto a un fenomeno che inquina la vita sociale, politica ed economica del nostro Paese». Roberti è «un’ottima scelta», secondo la parlamentare Pdl salernitana Mara Carfagna. «Siamo certi che il suo impegno saprà anche valorizzare la Direzione Nazionale Antimafia, continuando così l’opera dei suoi predecessori», dice Donatella Ferranti, presidente della commissione Giustizia della Camera. «Darà un rinnovato impulso ad una battaglia di civiltà, essenziale per la qualità della democrazia italiana» per il leader di Sel, Nichi Vendola. Secondo il governatore Stefano Caldoro «la Campania perde un procuratore di grande valore ma il Paese potrà contare sulla qualità ed esperienza di un magistrato riconosciuto per capacità e prestigio».

 

LA CARRIERA: IL TERREMOTO, LA CAMORRA E IL CASO CLAPS

MAGISTRATO in trincea anticamorra, uno dei maggiori esperti del clan dei Casalesi, il nuovo procuratore antimafia, Franco Roberti, napoletano di 65 anni, è in magistratura dal 1975. Ha passato una vita nella Direzione nazionale antimafia di cui è stato procuratore dal 1993, anno della fondazione, al 2001. Da quell’anno ha poi ricoperto il ruolo di procuratore aggiunto a Napoli, prima di dirigere la procura di Salerno, incarico che ricopre dal 2009, dove ha incrociato anche diversi dei misteri lucani, a partire dal caso di Elisa Claps.

Magistrato dalle «eccezionali capacità organizzative», si legge nella delibera uscita dalla Quinta commissione e sottoposta al plenum, dove ha prevalso sugli altri tre candidati. Doti affinate nel periodo di servizio al tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi, dopo il terremoto del 1980, essendo riuscito a garantire «continuità nel lavoro nonostante le condizioni ambientali difficilissime».

Nella procura di Napoli ha affrontato complessi procedimenti nei confronti della criminalità organizzata, in particolare la Nuova famiglia e il processo sul Banco di Napoli. Si è occupato anche a fondo della gestione dei collaboratori di giustizia, offrendo un contributo nello studio delle problematiche processuali.

Nella Dna Roberti, dove approda fin dall’inizio, è stato un «punto di riferimento nelle indagini sulla criminalità organizzata». Si è occupato di complessi procedimenti a Napoli, Potenza e Palermo. Nella sua relazione al Csm, per la candidatura al ruolo di Capo della Dna, il procuratore generale di Salerno lo definisce «magistrato di eccezionale caratura professionale, assoluta laboriosità ed alta preparazione».

Tornando ai casi lucani passati a Salerno, a causa del vecchio regolamento sulla competenza per le vicende che coinvolgono anche magistrati in servizio in Basilicata, come non ricordare l’indagine sulla “scomparsa” di Elisa Claps, ripartita a marzo del 2010 con la scoperta del corpo della sedicenne potentina nel sottotetto della Trinità. Da allora, nel giro di poche settimane i sostituti di Roberti, Rosa Volpe e Luigi D’Alessio, sarebbero riusciti a ottenere un mandato d’arresto europeo per Danilo Restivo, condannato a trent’anni in appello soltanto 3 mesi fa. Ma a bloccare l’estrazione in Italia poco prima che si attivassero le procedure internazionali è arrivato l’arresto di Restivo da parte degli inglesi che lo hanno inchiodato alle sue responsabilità anche per l’omicidio di Heather Barnett. Un processo “lampo”, quello oltremanica, raccontato in diretta su twitter dai cronisti del Bournemouth Echo, e seguito tra gli altri proprio da Roberti scovato dal Quotidiano di fronte allo schermo del pc assieme a qualche centinaio di internauti.

Altra storia per il giallo del duplice omicidio Gianfredi, il più efferato delitto irrisolto che le cronache potentine ricordano ancora. L’ultima volta che il fascicolo è arrivato a Salerno da Potenza è stato a dicembre del 2010 quando il gip si è “spogliato” della competenza sul caso di fronte alla richiesta di arresti vagliata dall’allora capo della Dda del capoluogo Giovanni Colangelo. Da allora, a parte qualche segnale d’attività, non se ne è saputo più niente e qualche mese fa il principale indagato è morto per cause naturali.  

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE