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SULLA nostra città, si sono dette tante parole questi giorni.

Alcune magnifiche e vere, anche quando erano amare, altre orribili e indegne, anche quando apparivano lusinghiere. Grazie al dibattito incominciato da Andrea Di Consoli.

Sono due le questioni aperte. Ho pensato a lungo se rispondere ancora e protrarre il dibattito. Ho deciso di farlo, molto brevemente. La prima questione è forse quella più interessante da dibattere, ma anche la più lunga e complicata e perciò è meglio rimandarla ad altra sede, altro momento. È quella sullo smarrimento del senso religioso di questo nostro popolo. Dovremmo per esempio prima accordarci su che cos’è la religiosità, ma credo che presto ci potremmo trovare d’accordo dentro una definizione più ampia di «rispetto sacro per la vita e per la morte». Dovremmo poi parlare non solo di Matera, ma del resto dell’Italia di oggi, dell’Europa e forse di buona parte del mondo occidentale e anche di quello orientale: non hanno forse vissuto una crisi di smarrimento simile a quella che tu descrivi i paesi del blocco sovietico dopo la caduta del Muro e della “religione marxista”? È quello che lamentavano molti degli esteuropei con cui ho parlato, «prima non c’era niente, ma c’era tanto». Fraternamente, mi piacerebbe indicarti sacche restistenti di divino nel cuore umano di tante persone che popolano il nostro presente e le nostre origini. Mi piacerebbe indicartele, affinché te ne ricordi per tutte le volte che come me, nella capitale, ti sentirai morso dalla solitudine feroce, da un inaspettato senso di non appartenenza mentre stai guidando sulla tangenziale o in un parcheggio infernale e infinto di un centro commerciale.

La seconda questione è come immaginare il futuro dei Sassi e soprattutto chiederci se così come stanno venendo su ci piacciono. Lo chiedo ai miei concittadini, chiedo questo sforzo di immaginazione con un appello forte e accorato: come vorreste che fossero oggi i Sassi? Vorreste che fossero abitati e da chi? Vorreste che continui l’espansione turistica e se sì in che modo? Lo chiedo agli architetti, ai fornai, agli operatori dei call-center, ai muratori, ai contadini, agli studenti, agli operai, ai cassintegrati, ai librai, a quelli che vivono in centro e a quelli che vivono ad Acquarium, a San Giacomo, agli operai cinesi e – perché no? – finanche agli avvocati. Lo chiedo a tutti, anche poche righe, ditelo alle pagine di questo giornale. Sarebbe bello se questo non fosse solo un dibattito fra chiacchieroni intellettuali, ma fra gente vera. Io, da qui e ora, sento che potrebbe essere importante produrre un documento di immaginazione civica e collettiva.

Per esempio, quarantatré anni fa Musacchio scriveva con ironia questa che era la sua opinione e che è poi diventata profezia: «In effetti, […] nessun’altra prospettiva è oggi possibile […]  se non quella della turisticizzazione dei beni culturali in quanto risorse produttive, della riduzione dei Sassi a teatri all’aperto, a mostre, a environment ed a studi per artisti, a festivals del folcore e dell’etnologia dei popoli del sottosviluppo internazionale, ad università ed a college per lo studentato delle nuove nazioni del bacino mediterraneo, ad alberghi, résidence così via».

E poi mi piacerebbe sentire, da cittadino, da materano, anche le voci di chi questa città la amministra. E di chi ne ha in gestione il futuro culturale. Sono fiducioso che per primi sentiranno questo che non è solo un mio appello, ma delle tante persone che sul Quotidiano e fuori dal Quotidiano in questi giorni sono salite sul palco di questo dibattito.

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