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DA EDUARDO a Shakespeare il passo potrebbe essere difficile. Talmente lungo da rischiare di apparire proibitivo. Ma a leggere le sue interviste, fare Riccardo III è un tarlo che gli rode i pensieri da almeno vent’anni. Massimo Ranieri fa il suo ingresso negli anfiteatri italiani per dare voce e corpo a uno dei personaggi più controversi del teatro di sempre. Indossa la corona e sale su un trono dal quale domina un gruppo di circa quaranta persone tra attori (ben 18) e tecnici. Uno spettacolo del quale è anche regista e che ha debuttato lo scorso 17 luglio a Verona e da lì in poi ha ottenuto consensi convinti lungo la sua discesa attraverso lo Stivale. Una discesa che lo ha portato fin qui, in Calabria, per le date che puntellano il cartellone del Magna Graecia Teatro Festival messo su dal direttore artistico Giorgio Albertazzi: si parte domani da Sibari, e poi Abbazia Benedettina di Lamezia (il 15), il parco archeologico Scolacium a Roccelletta di Borgia (il 16), Locri (il 17), il 19 a Ricadi, il 20 a Palmi e il 21 ai ruderi di Cirella di Diamante. Una Calabria attraversata in lungo e il largo, insomma, per dare vita al fascino della malvagità. Riccardo III è per antonomasia il tiranno crudele e deforme, capace di trucidare chiunque osa mettere a rischio la sua corona, un personaggio da sempre grande banco di prova per i più grandi attori di ogni generazione e che costringerà Massimo Ranieri a strapparsi di dosso quell’alone di bravo (ed eterno) ragazzo che da sempre si porta dietro. E’ lo scugnizzo che sale fino a Laurence Olivier, l’one man show che testa le sue capacità lì dove ha osato (al cinema) anche Al Pacino. Riccardo III è quello che grida “Il mio regno per un cavallo”, è quello che “ora l’inverno del nostro scontento è diventato fulgida estate”, uno dei versi più noti del teatro di Shakespeare che lo descrive come un uomo ignobile, che le forme sgraziate hanno incattivito e votato alla perenne ricerca di una rivincita sulla vita, ma che nell’allestimento pensato da Ranieri è privo di tuniche, di mantelli enormi, di spadoni. Che sembra cioè voler bussare con forza alla porta della Storia per uscire dalla fine del Quattrocento, dove è ambientata la sua vicenda, e imporsi con tutta la sua attualità. Tutto è calato in un contesto grigio, cupo, con attori in smoking e dame eleganti in abito lungo, elementi che accrescono la curiosità per questo spettacolo e che forse deluderanno i puristi della prosa scespiriana. Un allestimento imponente, dicevamo, e nel quale spicca la firma d’autore sulle musiche, quella cioè di Ennio Morricone. La traduzione del testo, inoltre, è quella di Masolino D’Amico. Sul palco, tra gli altri, insieme a Ranieri Carla Cassola, Federica Vincenti, Margherita di Rauso, Paolo Lorimer e Gaia Bassi. Le scene sono di Lorenzo Cutuli, i costumi di Nanà Cecchi e il light designer è Maurizio Fabretti. Da sottolineare che il Magna Graecia Teatro Festival figura anche tra i produttori dello spettacolo insieme a Ghione, Artifex e Fondazione Teatro di Napoli.

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