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CHIAROMONTE – E’ un vitigno dalle nobili origini. Si è iniziato a parlare di questa particolare uva fin dalla fine del 1800. Il “Guarnaccino nero” anche grazie alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n. 186 del decreto del 10 luglio del Ministero delle Politiche Agricole che lo iscrive nel Registro Nazionale delle varietà di vite del vitigno biotipo, sta diventando sempre più una realtà da tenere in considerazione nel panorama vitivinicolo lucano. E se paesi come Barile, Rionero, Venosa sono associati all’Aglianico, nel sud della Regione questo particolare vitigno è legato alla cittadina di Chiaromonte. Il progetto “Guarnaccino nero di Chiaromonte” ha mosso i primi passi nel 2007 per espressa volontà del sindaco Antonio Vozzi, che finanziò una ricerca del Cra/Unità di ricerca per la viticoltura di Arezzo nella persona di Pasquale Cirigliano.  Quello del 2007 è stato il primo passo per la sua valorizzazione. 

«Le prime notizie dell’esistenza di un biotipo simile – spiega una nota di Coldiretti che sostiene attivamente il progetto – risalgono al 1848 a seguito degli studi di A. Semmola, ma non c’è identità genetica tra le “Guarnacce” nere campane e quelle calabresi-lucane, compreso il Guarnaccino di Chiaromonte, che presenta caratteristiche ampelografiche e potenzialità enologiche diverse. Ci troviamo quindi di fronte alla “riscoperta” di una nuova varietà selezionata nel corso dei secoli nel territorio di Chiaromonte, che presenta enormi potenzialità per le sue apprezzabili e valutate qualità enologiche di un prodotto-vino del territorio».  La ricerca commissionata dal Comune di Chiaromonte ha inequivocabilmente stabilità la particolarità del vitigno. A partire dalla caratterizzazione varietale del Guarnaccino di Chiaromonte, e attraverso la ricognizione sul territorio dei vigneti storici esistenti si è potuto stabilire che mentre il Guarnaccino bianco non è autoctono della zona. Dalla ricerca, infatti, è venuto fuori che lo stesso è identico al  Guarnaccia bianco già inserito nel Catalogo Nazionale delle Varietà di Viti ed ammesso alla coltivazione nelle province di Napoli e Cosenza. Stessa “sorte” però non è toccata  al Guarnaccino nero presente nel territorio chiaromontese che è stato considerato «entità varietale geneticamente nuova» e per questo motivo ora iscritto nel Registro Nazionale del Ministero delle Politiche Agricole. Insomma una nuova varietà autoctona che come altre esperienze nel nord della Regione, può davvero diventare un volano per l’economia della zona. 

Le potenzialità secondo gli esperti sono enormi per un territorio che presenta “giacimenti” enogastronomici importanti e spesso ancora da scoprire. Il termine Guarnaccia o Guarnaccino è ascrivibile ad uno o più vitigni coltivati in epoche remote in Campania ed in Calabria, ma l’uso meridionale di denominare con questo termine (che non risparmiava, nel beneventano del 1878, neanche il Sangiovese) varietà di viti tra loro diversissime deriva probabilmente dal suo etimo, che dal latino assume il significato di “provvedere, difendere, garantire” e quindi verosimilmente “varietà di uve rustiche che garantivano il raccolto dell’anno”.

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