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TITO – Se non fosse per il fatto che si tratta di una  così preziosa come l’acqua e di un diritto tanto prezioso come quello alla salute, ci sarebbe quasi da farsi una bella risata. Ieri sera è andato in onda l’ennesimo scontro istituzionale tra gli enti pubblici che si occupano di monitoraggio, visto già nelle settimane passate e che ormai sembra diventato un cliché. Acquedotto lucano dice una cosa, l’Arpab ne dice un’altra. In mezzo c’è sempre la qualità dell’acqua di rubinetto di Tito. Ma questa volta gli idrocarburi non c’entrano. La buona notizia è proprio questa: dalle nuove indagini condotte dall’Agenzia regionale per l’Ambiente sulla rete idrica del paese emerge che i derivati del petrolio sono scomparsi. O meglio, se pure ci sono, sono al di sotto del limite misurabile. Anche nelle due abitazioni dove nelle settimane passate era esploso il caso “acqua al petrolio”. Ma adesso il problema è un altro: le analisi dell’Agenzia fanno emergere la presenza di derivati del cloro in percentuali più alte rispetto a quelle normali. Sulla base di questi dati pare che l’Asp fosse orientata a “suggerire” al Comune un’ordinanza di non potabilità dell’acqua delle abitazioni servite dalla sorgente Neviera. Ma ad Acquedotto lucano l’orientamento è diverso. Per i tecnici di Al quei valori sono nella norma. Insomma, una scena già vista qualche settimana fa, quando a preoccupare erano invece gli idrocarburi. Con i due enti preposti al monitoraggio e al controllo che in pratica dicono cose opposte. In mezzo l’amministrazione comunale, nella difficoltà di decidere quale sia la misura da adottare. Ma alla fine sembra essere prevalsa la via della precauzione, anche in base alle valutazioni dell’Azienda sanitaria di Potenza. Il sindaco, Pasquale Scavone, è orientato a emettere l’ordinanza che vieta l’utilizzo potabile dell’acqua, nelle abitazioni servite da dall’Acquedotto Neviera: in pratica non può essere bevuta. Molto probabilmente il divieto arriverà in mattinata. Mentre per le 12 il presidente Pittella terrà una conferenza stampa nella sala Verrastro della Regione. 
C’è da dire che i derivati del cloro riscontrati in percentuali maggiori alla norma, non destano le stesse preoccupazioni degli idrocarburi. Anche perché dalle analisi ripetute più volte mostrano già una tendenza alla diminuzione. E molto probabilmente l’ordinanza che vieta l’utilizzo potabile dell’acqua  in parte del paese, avrà una durata di pochi giorni. Ma l’assurdità della situazione è data proprio dalla divergenza dei risultati delle analisi condotte dai due enti.   
Nel frattempo resta anche il problema degli idrocarburi rimane. Seppure – secondo quanto stabilito dallo stesso Istituto superiore di Sanità, a cui è stato chiesto un parere – in concentrazioni non pericolose per la salute umana, resta comunque necessario indagare sulla causa che hanno determinato la contaminazione. 
Mariateresa Labanca
m.labanca@luedi.it

TITO – Se non fosse per il fatto che si tratta di una  così preziosa come l’acqua e di un diritto tanto prezioso come quello alla salute, ci sarebbe quasi da farsi una bella risata. Ieri sera è andato in onda l’ennesimo scontro istituzionale tra gli enti pubblici che si occupano di monitoraggio, visto già nelle settimane passate e che ormai sembra diventato un cliché. 

Acquedotto lucano dice una cosa, l’Arpab ne dice un’altra. In mezzo c’è sempre la qualità dell’acqua di rubinetto di Tito. 

Ma questa volta gli idrocarburi non c’entrano. La buona notizia è proprio questa: dalle nuove indagini condotte dall’Agenzia regionale per l’Ambiente sulla rete idrica del paese emerge che i derivati del petrolio sono scomparsi. O meglio, se pure ci sono, sono al di sotto del limite misurabile. Anche nelle due abitazioni dove nelle settimane passate era esploso il caso “acqua al petrolio”.

 Ma adesso il problema è un altro: le analisi dell’Agenzia fanno emergere la presenza di derivati del cloro in percentuali più alte rispetto a quelle normali. Sulla base di questi dati pare che l’Asp fosse orientata a “suggerire” al Comune un’ordinanza di non potabilità dell’acqua delle abitazioni servite dalla sorgente Neviera. 

Ma ad Acquedotto lucano l’orientamento è diverso. Per i tecnici di Al quei valori sono nella norma. Insomma, una scena già vista qualche settimana fa, quando a preoccupare erano invece gli idrocarburi.

 Con i due enti preposti al monitoraggio e al controllo che in pratica dicono cose opposte. In mezzo l’amministrazione comunale, nella difficoltà di decidere quale sia la misura da adottare. Ma alla fine sembra essere prevalsa la via della precauzione, anche in base alle valutazioni dell’Azienda sanitaria di Potenza. Il sindaco, Pasquale Scavone, è orientato a emettere l’ordinanza che vieta l’utilizzo potabile dell’acqua, nelle abitazioni servite da dall’Acquedotto Neviera: in pratica non può essere bevuta. Molto probabilmente il divieto arriverà in mattinata. 

Mentre per le 12 il presidente Pittella terrà una conferenza stampa nella sala Verrastro della Regione. C’è da dire che i derivati del cloro riscontrati in percentuali maggiori alla norma, non destano le stesse preoccupazioni degli idrocarburi. Anche perché dalle analisi ripetute più volte mostrano già una tendenza alla diminuzione.

 E molto probabilmente l’ordinanza che vieta l’utilizzo potabile dell’acqua  in parte del paese, avrà una durata di pochi giorni. 

Ma l’assurdità della situazione è data proprio dalla divergenza dei risultati delle analisi condotte dai due enti.   Nel frattempo resta anche il problema degli idrocarburi rimane. Seppure – secondo quanto stabilito dallo stesso Istituto superiore di Sanità, a cui è stato chiesto un parere – in concentrazioni non pericolose per la salute umana, resta comunque necessario indagare sulla causa che hanno determinato la contaminazione. 

 

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