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di Paride Leporace
E’ un agosto drammatico in Basilicata sul fronte dell’occupazione. La grande manifestazione davanti ai cancelli della Lasme di Melfi, nel giorno della festa del 15, ha restituito il senso della gravità della situazione. L’ennesima vertenza che vede sindacati e Regione impegnati a difendere l’esistente. La cronaca di questi mesi ha ampiamente trattato il problema.
Ho chiesto al presidente De Filippo un’intervista con un’ottica agganciata al futuro per capire come se ne esce. In un lungo e appassionante colloquio ho cercato di capire qual è il progetto per affrontare il difficile nuovo che avanza. Che idee di sviluppo innovativo ha il governo della Regione. La storia ci insegna che le crisi servono per cambiare. Pensiamo di aver dato un contributo a comprendere cosa accade nella stanza dei bottoni. Il dibattito come sempre è aperto.
A Ferragosto, lei ha partecipato alla manifestazione dei lavoratori della Lasme. In una battuta cosa si può fare?
«Sfruttare a pieno le relazioni con Fiat, come abbiamo già fatto per altre situazioni di crisi, per arrestare il pericoloso processo di smantellamento che stanno subendo le imprese dell’indotto e coinvolgere il governo nazionale a sostenere questo nuovo negoziato con risorse certe ed impegni forti».
Presidente, il lavoro che manca e quello che drammaticamente finisce, la difficoltà dell’economia lucana e lei pensa all’innovazione.
«A me non piace usare parole d’ordine, ma non trova che molte delle difficoltà dell’economia e dell’industria siano riconducibili anche ad un loro particolare e preoccupante deficit d’innovazione? La Basilicata che ho trovato ad inizio mandato aveva conti in ordine ed una sanità eccellente, eppure non è stato sufficiente per un mondo che cambiava pelle troppo profondamente, troppo velocemente. La globalizzazione già direzionava i paesi emergenti verso nuove rotte mercantili, smarcando i territori italiani dalle produzioni e la dissolvenza dei capitali era già il cono d’ombra di un’America impaurita».
Non mi dica che la colpa è soltanto della crisi. Altre possibilità la politica doveva pur trovarle.
«Per quanto è stato in suo potere, la politica sta sfruttando tutto il campo delle sue possibilità. Impiegando risorse consistenti a favore dei territori e delle persone, lottando a difesa delle garanzie occupazionali dei lavoratori contro il laissez-faire delle multinazionali e del governo nazionale e lavorando per migliorare i suoi sistemi di presentazione turistica e di offerta economica, di capacità industriale e di riorganizzazione sanitaria per un più ampio rapporto tra amministrazione, cittadini ed imprese e per un vantaggio reale sull’economia e sull’efficienza dei servizi».
E la crisi?
«La crisi purtroppo c’è e lascia sul suo campo di battaglia diritti ed occupazione, ma la prova di resistenza che ha cercato di organizzare la piccola Basilicata dinnanzi alla polverizzazione economica è stata significativa e lascia ben sperare che i suoi territori possano ritrovare la strada della fiducia e dello sviluppo. Naturalmente non c’è giorno della mia vita istituzionale che non senta il peso e perfino l’angoscia di questi anni horribilis del Mezzogiorno in cui sono crollate le economie, i salari, i redditi, ma non per questo m’iscrivo d’ufficio a far parte degli apocalittici o peggio degli integrati».
La mette su Eco?
«Esattamente. Evito di cadere nel gioco di chi maldestramente mette contro politica e società civile, sindacati e imprenditori, istituzioni e territorio. Lo faccio per il livello di responsabilità che tantissimi lucani mi hanno assegnato per la guida di questa bellissima regione che crede ancora molto nel valore delle sue vocazioni di unità e di riformismo».
Ci dica almeno chi sono gli apocalittici?
«Non è una questione di nomi, ma di atteggiamenti sbagliati, verso quella che con piglio teologico San Paolo chiamava cupio dissolvi. Una compiacenza al disfattismo inutile che fa male alla Basilicata e tenta di colpire il processo d’innovazione che il governo regionale ed il centrosinistra hanno scelto di praticare per farla stare su di un passo veloce ed europeo».
E com’è finita?
«Pur con difficoltà e contro il benaltrismo di qualche voce troppo interessata alle lusinghe della politica, abbiamo messo in campo il più grande restyling istituzionale che abbia mai realizzato la nostra regione. La lenzuolata delle riforme ha riguardato sanità, comunità locali, turismo, agricoltura. E le finanziarie regionali hanno posto risorse consistenti verso l’Università ed i centri di ricerca presenti sul nostro territorio, da Fiat ad Eni. Dal Cnr ad Agrobios ed Enea caricandosi anche l’onere di progetti innovati, di spin-off, di dottorati. Le sembra poco»?
Affatto. Mi sembra un’ottima cosa, ma come la mettiamo sui tempi di attuazione?
«Innanzitutto mi sembra che ci sia stata una prima ed immediata risposta alla questione principale del nostro tempo: il rapporto di complicità che deve costruirsi tra la Basilicata ed il suo futuro. Un rapporto che deve passare dall’innovazione e servire in prospettiva generativa lo sviluppo e l’occupazione. Naturalmente sono fin troppo consapevole che la riforma di un sistema pubblico è una vicenda complicata che incrocia inclinazioni conservative, articolazioni d’interessi, ricorsi giudiziari ed ha bisogno di un tempo adeguato per essere portata a definitivo compimento».
Non mi ha detto degli integrati?
«Li colloco sull’altra riva del pensiero debole. Quelli che pensavano alla Basilicata come ad una terra di nessuno, dove non sarebbero mai arrivate le onde della bolla speculativa americana e della recessione italiana. Ma come ha detto Kennedy in un memorabile discorso a Indianapolis, la crisi può essere anche una formidabile opportunità per cambiare rotta ed innovare prodotti, strategie, sistemi, mentalità».
Cos’è veltronismo istituzionale. Ma lei non stava con Bersani?
«La mia scelta è la stessa. Rimango su Bersani e su Letta che reputo i migliori innovatori per vocazione politica ed esperienza di governo, ma il punto è un altro».
Quale?
«Che la crisi scuote la coscienza della politica. Arriva al cuore dell’impresa e delle istituzioni chiedendo conto a tutti per uno sforzo massimo e per una capacità di visione non solo giocata sul presente, ma spesa anche sul futuro. Se tutti gli economisti concordano che il vero antidoto alla crisi è la scommessa stabile sull’innovazione, allora sarebbe davvero colpevole che la Basilicata rivendicasse una sua posizione d’orgoglio e d’isolamento dalle occasioni d’innovazione che il nostro tempo lancia ai territori, alle imprese, alle istituzioni».
Dunque?
«E’ necessario un cambiamento radicale del modello competitivo di riferimento per l’economia lucana come per quella meridionale, tanto più urgente quanto più i paesi emergenti presentano un modello di specializzazione produttiva che non di rado si sovrappone quasi esattamente a quello della Basilicata, spiazzando interi poli produttivi un tempo trainanti».
Presidente, ci faccia un esempio?
«La rapidissima involuzione subita dal distretto del mobile imbottito, di fronte alla concorrenza dal lato dei costi esercitata dai mobilieri cinesi».
E il governo regionale cosa fa?
«Lavora per creare un cluster innovativo territoriale. Già un bravo economista dello sviluppo come Porter ha evidenziato che il vantaggio competitivo di un territorio, in un uno scenario concorrenziale, consiste nella sua capacità di fare rete fra le imprese, le istituzioni, il sistema della ricerca pubblica, i bacini locali di manodopera qualificata e la dotazione di servizi reali e finanziari. In fondo è quello che stiamo facendo».
Io vedo molte criticità del sistema lucano…
«La Basilicata ha grandi potenzialità, ma sconta ancora una situazione critica riguardo infrastrutture e risorse nazionali. Ugualmente ha un modello di specializzazione territoriale ancora largamente imperniato su attività a modesto grado d’innovazione e su produzioni che, anche se in alcuni casi sono di altissima qualità, dal punto di vista tecnologico possono considerarsi ormai mature. Inoltre il 90 per cento delle imprese non supera poche unità ed oltre l’80 per cento ha natura giuridica di ditta individuale. Così si può ben comprendere l’enorme difficoltà delle microimprese ad investire in programmi rischiosi ed il cui rendimento è molto dilazionato nel tempo. Se poi a tutto questo si aggiunge che la spesa pubblica regionale sull’innovazione è superiore a quella che destinano le imprese capirà che ci troviamo dinnanzi ad un sistema in cui, tradizionalmente, la domanda d’innovazione proviene dal settore pubblico, che rappresenta quindi il motore principale di cambiamento della nostra regione».
Non c’è che dire, un’analisi impietosa.
«Direi un’analisi necessaria ad un avanzamento di prospettiva, di sistema, di mentalità su cui già da qualche anno abbiamo impegnato energie, risorse, riforme. Guardi i dati forniti dall’Osservatorio Banche Imprese. Ne viene fuori un quadro d’insieme preoccupante, con solo il 18,4 per cento delle imprese regionali ad incrementare la propria spesa d’investimento in R & S e con un modello spesso autoreferenziale e non valorizzato tramite una collaborazione con il sistema della ricerca scientifica esistente sul territorio. Non vi è da stupirsi quindi se il prodotto di tale attività sia molto povero e non raggiunga una strutturazione tale da poter dare luogo a brevettazione, il cui tasso d’intensità è pari a 7 brevetti per milione di abitanti, contro i 61,5 della media nazionale».
Cosa mi dice della fuga dei cervelli?
«E’ un problema reale, ma anche qui il contesto negativo gioca un ruolo determinante. Abbiamo una delle più alte percentuali di laureati in discipline scientifiche che non riescono a trovare collocazione lavorativa idonea in un sistema caratterizzato da poca innovazione. Per questo il senso del nostro sforzo è innovare la Basilicata, renderla migliore e più competitiva. Moderna ed ambiziosa. E non ci fermeremo finché non avremmo raggiunto quest’obiettivo».
E le risorse ci sono?
«La Regione per il 2007-2013, sull’asse della ricerca e della società della conoscenza, intende programmare fra Po Fesr, Po Fse e Par Fas, una mole di risorse pari a circa 356 milioni con un obiettivo ben preciso».
Quale?
«Fare dello spazio economico e sociale della Basilicata un milieu innovativo. Un centro d’azione competitivo e ben collocato sul profilo europeo negli ambiti delle tecnologie di avanguardia e di ultimissima generazione che riguardano l’ambiente, l’agricoltura, i sistemi satellitari e di prevenzione del rischio idrogeologico, le biotecnologie. Nel milieu il processo di cambiamento tecnologico è favorito dalle relazioni tra le imprese e la loro prossimità con il sistema della ricerca pubblica, i bacini di manodopera ad elevata qualificazione e la policy maker locale».
Qualcuno dirà il solito libro di sogni?
«Tutt’altro. Il campo delle deliberazioni di giunta, delle assegnazione di risorse, delle approvazioni consiliari è vasto e operativo e conferma quello che ho già detto. La polemica, invece, la lascio nelle mani dei professionisti della politique politicienne. Io mi occupo di altro. Mi occupo della Basilicata e dei suoi problemi».
Va bene, però mi faccia degli esempi…
«E’ stato completato l’iter istruttorio del Centro di competenza tecnologica Impresambiente che avrà sede a Ferrandina e potrà contare su una rete di partenariati scientifico – tecnologici ampliata all’intero Mezzogiorno. Si tratta di una struttura che vede insieme sistema della ricerca pubblica ed una rilevante rappresentanza di imprese regionali operanti in settori ad alta tecnologia come Telespazio e Consorzio Createc, mirata alla produzione d’innovazione tecnologica nel campo della prevenzione dei rischi ambientali. Inoltre è stato realizzato il distretto tecnologico sui rischi ambientali, tramite apposito addendum all’Apq Ricerca, con un finanziamento a carico della Regione pari a 2 milioni di euro. E’ un ambiente di ricerca e trasferimento tecnologico, dove imprese e ricerca pubblica lavoreranno insieme, nel campo delle tecnologie di rilevazione, monitoraggio sistematico, comunicazione, prevenzione e riparazione dei rischi ambientali e salvaguardia delle persone connessi all’assetto idrogeologico, sismico e climatologico del territorio. Qui saranno sviluppate piattaforme tecnologiche che potranno avere ricadute utilizzabili in forma imprenditoriale anche in altri settori produttivi».
Dove sarà ubicato il distretto?
«Ci saranno due aree di eccellenza. Quella di Tito-Potenza per lo sviluppo di tecnologie relative all’edilizia anti – sismica ed ai sistemi di rilevazione e monitoraggio terrestre e l’area industriale della Valbasento ed il Centro Spaziale di Matera per lo sviluppo di tecnologie di rilevazione aerea e satellitare del rischio idrogeologico e climatologico».
E poi?
«Abbiamo siglato un accordo con il più importante parco scientifico e tecnologico italiano, Area Science Park al fine di costruire Basilicata Innovazione. In questo modo verrà messo a disposizione delle imprese lucane un punto di accesso diretto allo stato dell’arte della ricerca applicata internazionale, per trovare competenze, partner, finanziamenti e assistenza utili a realizzare progetti d’innovazione, di prodotto e di processo gestionale. E’ prevista anche la creazione di una sede stabile di Area a Potenza, operativa su tutto il territorio regionale ed uno stanziamento della Regione Basilicata di circa 10 milioni di euro nel primo triennio, per un piano complessivo che arriverà fino a 23 milioni di euro».
C’è anche l’Accordo quadro con Fiat, stipulato nel settembre del 2008, vero?
«Ci stavo appena arrivando. Un accordo strategico per tutto il territorio regionale che prevede un finanziamento di 18,5 milioni di euro per far sorgere un campus di ricerca applicata e trasferimento tecnologico nell’area industriale di San Nicola di Melfi, collegato allo stabilimento della Fiat – Sata. Il Campus per l’Innovazione del Manufacturing, supporterà lo stabilimento, i suoi fornitori e le altre imprese locali, nell’implementazione dei cicli produttivi denominati World Class Manufacturing. Tale centro, che occuperà anche un centinaio di addetti, fra cui 30 ricercatori, avrà un portafoglio di clienti potenziali che andrà al di là del solo polo – Fiat, proponendo soluzioni organizzative e d’innovazione utili a tutto il comparto manifatturiero lucano».
Pensa che sia una buona scelta a favore dell’innovazione?
«La cosa straordinaria dell’innovazione è la sua assoluta trasversalità dentro le politiche pubbliche. Può essere un metodo politico, una cultura di governo, una positiva capacità per far girare meglio ed insieme i settori significativi di un sistema regionale. Sanità, ricerca, impresa, università, giovani, apparato pubblico tendono a confrontarsi, a migliorarsi dentro la via dell’innovazione. Per questo abbiamo speso un tempo sufficiente e notevoli risorse per portare innovazione e cambiamento dentro questi mondi. Il bando per la creazione di nuove imprese ad alta tecnologia per un importo di 2 milioni di euro; la legge di sostegno all’Università lucana che attiva un ciclo triennale di 15 milioni di euro anche per operare una maggiore interazione con il territorio e favorire il trasferimento tecnologico; i 76 assegni di ricerca per giovani lucani laureati nei 7 Centri di ricerca del territorio ed il riconoscimento del Centro di riferimento oncologico della Basilicata di Rionero in Vulture in Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) con il quale si è voluto dare un forte impulso alla ricerca e all’assistenza in campo oncologico per il sud del Paese, rispondono a questo preciso obiettivo».
Una battuta sulla legge per la competitività?
«Ha fatto bene a richiamarla, perché è una buona legge che in materia di R & S e innovazione tecnologica definisce strumenti ed opportunità importantissime per il sistema produttivo lucano. Dalla facilitazione dell’accesso al credito da parte delle imprese, anche di quelle cooperative, attraverso il potenziamento degli interventi di garanzia, alle agevolazioni d’incentivi, voucher e sovvenzioni destinati a promuovere e sostenere la ricerca».
E lo Sportello regionale per l’innovazione a che punto è?
«Lo realizzeremo a breve ed avrà il compito di fare animazione tecnologica del territorio ed assistere le imprese su programmi d’innovazione e nel relativo reperimento di fonti finanziarie. Tale struttura sarà emanazione della Regione, in partenariato con Mur, Unioncamere Basilicata e gli altri soggetti rilevanti della ricerca su territorio».
L’ultimo provvedimento sull’innovazione?
«La Strategia regionale per la ricerca, l’innovazione e la società dell’informazione. Un piano ampio e di prospettiva, approvato dal Consiglio regionale il 4 agosto con lo l’obiettivo di favorire scambi tra il sistema dell’offerta di ricerca scientifica e la domanda d’innovazione tecnologica, sui versanti dell’osservazione della terra, dell’energia, della mobilità e delle agro – biotecnologie».
Insomma Presidente De Filippo, la Basilicata può farcela?
«Certo che può farcela, perché aver cura sull’innovazione e coraggio sulle riforme significa anche riuscire a comprendere lo spirito del tempo, con i vantaggi e le opportunità che lancia ai territori, alle mentalità, allo sviluppo».

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