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di PIETRO RENDE
Grande sud o Federalismo territoriale? La prima ricetta viene riproposta da un nuovo saggio di Franco Cassano, la seconda da un’intervista di Tremonti ad Aldo Cazzullo. Le delusioni dell’una e dell’altra non sono mancate, sino ad immaginare un “partito del sud” come estrema via d’uscita e copertina politica del post-meridionalismo. Già Fausto Gullo alla Costituente ammoniva contro il rischio di approfondire, col regionalismo, il dualismo nord-sud e oggi, tra federalismo cosiddetto “solidale” e globalismo, la dimensione statuale e nazionale subisce pesanti attacchi che colpiscono, non a caso, i suoi organi più rappresentativi e prestigiosi, a cominciare dal Parlamento e sue “guarentigie”. Riaffiorano tentazioni corporative di ridurre ai contratti collettivi, agli ammortizzatori sociali e agli incentivi la sorte di una società che ha ancora grandi questioni irrisolte come la mafia e l’inoccupazione di massa nel sud, gravi sperequazioni reddituali e arretratezze territoriali, disfunzioni e inefficienze giudiziarie, ecc. L’anti-politica del Federalismo e del territorialismo, uniche alternative esistenti, non può pensare di combattere la mafia attraverso la delegittimazione e la “decostruzione” dello spirito civico (R. Putnam) senza risultarne paradossalmente alleata (Sciascia); né pensare che se la mafia è un sottoprodotto del comportamento politico – quello della protezione delle clientele – si possa sconfiggere inventando “mosche cocchiere” e rinunciando alla presenza e al collegamento di uno Stato di serie A davvero capace di colpire le rendite criminali. Ma la necessità di una speranza può indurre alla riscoperta di soluzioni già sperimentate anche in Calabria dove il “principio di Peter” o della non competenza ha coinvolto imprenditori, magistrati, docenti di rango, ecc., fino a misurarsi coi problemi della governance a risultati sottozero. Cosa si può inventare ancora? L’autore del “pensiero meridiano”, che pure rivede alcune precedenti impostazioni antropologiche, sembra indicare un meridionalismo “alla grande”, capace di collocarsi, da “Cantone sud”, senza frammentazioni nella nuova politica euromediterranea e balcanica o debolezze come sono le cadute di stile nelle bizzarre polemiche tra parlamentari poco nazionali e regionali troppo locali. Un pessimo esempio a chi chiede e aspetta nuove alleanze tra élites produttive e politiche. Non è questo dunque che si deve offrire alla piccola borghesia meridionale e al sindacato che rischiano di finire nell’anti-leghismo di un equivoco “partito del sud” o comunque nel crescente anti-elitismo del populismo imperante. Se lo stato sociale esistente impedirà tragedie economiche grazie al suo protezionismo, per guardare avanti ci vuole una rifondazione democratica della politica. Per questo le elezioni primarie proposte dalla Regione Calabria sono un passo avanti specie se verranno accompagnate da “caucuses” e “endorsement” (assemblee di iscritti e sottoscrizioni aperte di candidature) più frequenti e meno controllate con il tesseramento, referendum interni e confronto tra linee politiche e coalizioni di identità compatibili programmaticamente, un Consiglio etico – come proposto nel Ps francese – non gestionale ma duale nei partiti che riconoscono il primato della correttezza etica senza strumentali autolesionismi incontinenti e autoreferenziali, che lavorano per il solito “re di Prussia” e finiscono come “i polli di Renzo”.

*Già deputato Dc

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