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I magistrati lucani non hanno tralasciato nulla per giungere a prove certe sul traffico di rifiuti nucleari e tossici in Basilicata. Ogni dettaglio, ogni contesto è stato valutato. Dal procuratore Pace prima, dal tandem Galante- Genovese poi, per arrivare, oggi, al pm Basentini qualunque mezzo per accertare la verità e raccogliere elementi di prova è stato attuato. Potenza e Matera non hanno trovato considerazione e attenzione fuori dai loro uffici. Ci risulta che il pm Basentini si fosse adoperato per ottenere l’impiego di moderne tecnologie di telerilevamento aereo per poter accertare la presenza di modifiche del sottosuolo e i cimiteri della morte in aree lucane. Ma la richiesta ufficiale della locale Dda è stata clamorosamente ignorata in grave spregio della salute pubblica. Eppure da circa un decennio la Guardia di Finanza di Roma è dotata di un sistema di telerilevamento chiamato Dedalus che è in grado di accertare con sicurezza le aree in cui sono sepolti rifiuti radioattivi. Questa tecnica per esempio è stata adoperata in un’inchiesta della Dda pugliese che doveva verificare alcune dichiarazioni del pentito Annacondia della Sacra corona unita e che ne accertò l’inattendibilità. Gli organi e i ministeri competenti non potevano disporre le ricerche anche in Basilicata? Ovviamente la tecnologia si è molto sviluppata e non necessariamente bisogna adoperare gli aerei della Guardia di Finanza considerato che tra gli esperti c’è chi ritiene più utile per esempio utilizzare la piattaforma Lara in dotazione al Cnr. Anche lo scanner iperspettrale Mivis ha applicazioni molto utili per diverse società pubbliche e private che hanno bisogno di conoscere i diversi parametri delle mutate condizioni naturali ed antropiche del sottosuolo. Gli inquirenti potentini comunque attraverso il capace sistema informatico in rete delle procure distrettuali sicuramente avevano individuato la tecnologia più appropriata che purtroppo non è stata concessa per una buona riuscita dell’inchiesta.
Ricerche in terra clamorosamente abbandonate e non volute effettuare. Le attenzioni ora si rivolgono verso il mare dopo il ritrovamento del relitto di Cetraro. La nave Astrea è giunta nelle acque di Maratea ma al momento non ha potuto svolgere nessun tipo di operazione per le cattive condizioni del tempo. Effettuare delle ricerche in mare senza punti di riferimento è come cercare il classico ago nel pagliaio. L’unico dato a disposizione degli operatori chiamati a scandagliare le acque del Golfo di Policastro si basa sulle indicazioni di alcuni pescatori del posto che hanno indicato un punto dove spesso le reti si sono impigliate in qualcosa. Ovviamente cosa provochi il fenomeno al momento non è conosciuto. In parole povere c’è solo un pallido indizio.
Siamo in presenza di un’inchiesta difficile e controversa. Anche dal punto di vista normativo i magistrati incontrano grandi difficoltà considerato che chi traffica in rifiuti non deve temere grandi sanzioni. C’è poi da considerare che magistrati e investigatori che hanno difficoltà anche per le fotocopie non hanno assolutamente mezzi per delle indagini complesse e spesso costose.
Le certezze che abbiamo ricavato nel corso di un decennio su quella che chiamiamo “Nucleare connection” poggiano su pochi dati effettuali ormai lontani nel tempo. Una verità processuale emersa nel novembre del 1998 quando il pretore di Rotondella condannò i responsabili dell’Enea per la mancata realizzazione di un sistema di solidificazione dei residui provenienti dal riprocessamento di elementi combustibili e anche per la mancata denuncia su episodi di emergenza nucleare che hanno provocato elementi di pericolo per la pubblica incolumità. Questo il passato. Oggi con i ripetuti controlli conosciamo in maniera approfondita quello che è accaduto all’Enea. Sono state eseguite operazioni non riconducibili alle autorizzazioni rilasciate e sono state riscontrate anomalie nei registri della contabilità. E’ anche ormai storia politica il fatto che il Centro Trisaia in base ad accordi governativi sul nucleare pacifico abbia ospitato tecnici dell’Iraq di Saddam Hussein. Non è più un mistero che i tecnici di Rotondella siano partiti dall’Italia per fornire assistenza al nucleare iracheno. Che ci sia stato traffico non autorizzato di materiale radioattivo è molto probabile al punto da preoccupare e interessare i capi del Mossad israeliano. Dove sono stati smaltiti quei rifiuti è attività di indagine ancora in corso. Finiti in qualche calanco lucano. Probabilmente. Cavità e terreni isolati diventati feudi occulti delle spregiudicate ecomafie limitrofe. Scenari possibili. Non accertati da chi aveva la possibilità di mandare gli aerei e rilevarli con strumenti sensibili . Qualcuno a Roma si sarà giustificato affermando: “Costa troppo”. Ma quando costa la nostra salute? E quanto vale?
Paride Leporace

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