X
<
>

Condividi:
3 minuti per la lettura

E’ arrivata, dopo l’avviso di conclusione delle indagini di metà settembre, la richiesta di rinvio a giudizio per le dodici persone coinvolte nell’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro sfociata nell’operazione dei carabinieri denominata «Falcos», e diretta a sgominare un presunto sodalizio criminale operante nella zona compresa tra il capoluogo calabrese e Borgia (Catanzaro), e capace, secondo le accuse, di gestire gli affari più importanti e persino di interferire nelle consultazioni elettorali. Il sostituto procuratore Gerardo Dominijanni, titolare del caso, ha chiesto che gli indagati vengano mandati sotto processo, ed il 28 ottobre si terrà l’udienza davanti al giudice dell’udienza preliminare chiamato a decidere in merito. Gli indagati sono quelli finiti in carcere, in esecuzione dell’ordinanza cautelare emessa dal giudice per le indagini preliminari distrettuale Tiziana Macrì, con il blitz del 25 giugno scorso: Giuseppe Cossari, 37 anni, di Borgia; Antonio Garigliano, 39, di Borgia; Massimo Ciancio, 38, di San Fili (Cs); Massimiliano Corapi, 33, di Catanzaro; Eros Cavigliano, 31 anni, di Catanzaro; Danilo Pontiero, 27, di Catanzaro; Saverio Riverso, 24, di Catanzaro; Aldo Dara, 33, di Catanzaro; Salvatore Abbruzzo, 32, di Borgia e Francesco Gualtieri, 29, di Borgia. A loro si aggiungono poi nomi di due indagati per i quali la misura cautelare fu chiesta ma non concessa: Massimiliano Bruno, 29 anni, nato in Germania ma residente a Rende (Cs); e Giuseppe Fraietta, 24 anni, del quale non si hanno più notizie dalla tarda serata dello scorso 8 agosto, quando è uscito dalla sua casa in rione Fortuna, a Catanzaro, a piedi e senza telefono, per poi svanire nel nulla.
Dara, Abbruzzo, Gualtieri e Riverso, sono gli unici cui non viene contestata l’accusa di associazione mafiosa, che invece grava sugli altri dieci indagati. Con «Falcos» gli inquirenti ipotizzano l’esistenza di un’associazione a delinquere di stampo ‘ndranghetaista che, scrive il pm, «avvalendosi della forza intimidatrice del vincolo associativo e della conseguente condizione di assoggettamento ed omertà, nonchè mediante l’uso delle armi, era finalizzata sia alla commissione di una serie di delitti quali estorsioni, danneggiamenti seguiti da incendio a scopo estorsivo, truffe, rapine commercio, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, omicidi, lesioni personali e minacce sia a privati che a rappresentanti di amministrazioni pubbliche, che a procurarsi profitti e vantaggi ingiusti acquisendo in modo diretto e indiretto la gestione e/o il controllo delle attività economiche sul territorio di Borgia e frazione (Roccelletta), interferendo anche nelle consultazioni elettorali del medesimo territorio». Di qui, in particolare, l’accesso antimafia al comune di Borgia deciso nei giorni scorsi dal prefetto di Catanzaro Sandro Calvosa. Riverso, Dara, Abbruzzo e Gualtieri, invece, sono indagati per singoli «reati fine» e, gli ultimi due in particolare, per il favoreggiamento personale di Massimiliano Falcone, aiutato a sfuggire all’autorità quando era ricercato per il tentato omicidio di Luciano Oliva. Proprio Falcone, insieme a Rosario e Giulio Cesare Passafaro, tutti morti ammazzati negli ultimi anni, sono indicati dagli inquirenti come i presunti organizzatori e promotori della associazione mafiosa assieme a Giuseppe Cossari, che sarebbe l’unico capo rimasto in vita (nel gruppo malavitoso sarebbe rientrato anche Davide Iannoccari, cugino di Falcone, ucciso e poi dato alle fiamme assieme a quest’ultimo). I tanti omicidi che hanno insanguinato il territorio di Borgia, secondo quanto ricostruito dagli investigatori, sarebbero stati decisi e commissionati all’interno dello stesso gruppo di comando di cui avrebbero fatto parte le vittime, che si creò a seguito della morte di Salvatore Pilò – ucciso il 28 maggio del 2004 – «uomo di rispetto» che in precedenza «teneva ordine» sul territorio.

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE