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di PIPPO CALLIPO*
Amantea come punto da cui ripartire? Auguriamocelo, caro Direttore. La manifestazione di popolo è stata esaltante. Ha affermato la voglia di futuro dei calabresi onesti, giustamente “incazzati” per le inerzie del Governo e per la colpevole cecità che ha colpito le classi politiche che si sono succede in Calabria ogni volta che sarebbe stato necessario prevenire i disastri ambientali. Bella la manifestazione brutta la politica. Protesta non orientata, come erroneamente è stato detto, tant’è che i fischi hanno riguardato anche esponenti politici del centrosinistra. Abbiamo visto una società civile in piazza, per dire basta all’indifferenza dello Stato sull’emergenza ambientale. Ma abbiamo visto anche una politica vecchia. E questo non è un bene per nessuno. Perché si avverte la debolezza della Calabria, che da questa disunità discende, nel negoziato non solo con il Governo, che ha il suo baricentro nel Lombardo/Veneto, e le istituzioni nazionali, ma con il sistema imprenditoriale pubblico e privato scettico verso la Calabria. Così accade che, nonostante la Calabria sia l’ultima regione d’Europa, abbia una Regione allo sfascio e con una reputazione pari allo zero in Italia e in Europa, un sistema sanitario a pezzi e i cui costi non saranno pagati né da Chiaravalloti né da Loiero ma dai calabresi, un’area di povertà sociale estesissima, il territorio e l’ambiente degradati e fuori controllo (Rai3 ha dimostrato di recente che in Calabria gli enti pubblici regionali approvano anche i progetti edilizi falsi proprio perché le verifiche non si fanno), patrimoni storici e archeologici sottoutilizzati (vedi i Bronzi che dopo 30 anni dal ritrovamento giacciono dimenticati e ce ne ricordiamo solo quando ce li vorrebbero portare via), la gestione delle risorse pubbliche chiusa e corporativa, la sua classe politica continui a dividersi sul nulla. Ad essere assorbita dalle sue “trame” interne e dai suoi interessi particolari, al punto da non comprendere mai, nemmeno quando c’è in gioco la vita, l’importanza dell’unità per portare a casa risultati concreti. Accade, pertanto, che se il Governo è di centrodestra e la Calabria chiede al Governo un intervento a difesa dell’ambiente – che obiettivamente non c’è stato – il centrodestra calabrese si adonta e non partecipa alla manifestazione di Amantea. Sarebbe sicuramente accaduta la stessa cosa, a parti invertite, con un Governo di centrosinistra, ma proprio questo ci fa capire che il problema della qualità della classe dirigente è diventato prioritario. Se un’emergenza simile fosse scoppiata nella Padania di Bossi e Berlusconi se ne fosse andato in Russia a trovare il suo amico Putin, anziché precipitarsi lì a rassicurare i cittadini, la Lega non avrebbe accusato la protesta del “suo” popolo di strumentalizzazione, ma avrebbe fatto una guerra e aperto una crisi di Governo. Io sono convinto di questo: se oggi la Calabria è marginale ed è snobbata dal sistema economico nazionale e internazionale non è solo colpa dei poteri forti (che hanno le loro colpe) o del Governo Berlusconi, che guarda alle aree svantaggiate del Paese con fastidio, ma della sua classe dirigente, priva di tensione e di etica, senza un progetto di cambiamento affidabile, sia al punto di vista istituzionale che sociale, non in grado di essere credibile rispetto a eventuali investitori. Naturalmente c’è in tutto questo una responsabilità delle classi dirigenti nazionali che va focalizzata. Un mio amico imprenditore del Nord ha visitato la Calabria di recente ed è rimasto colpito dalla sua bellezza, ma anche dall’abusivismo nelle nostre città e dall’abbandono del territorio. Ragionando con lui di Nord e Sud, ho condiviso il suo appello che pressappoco è di questo tipo: “Se volete riscattarvi, meno abusivismo e più responsabilità”. C’è da capire, però, ho risposto, e questo è il lato complesso di un’azione di riscatto, da che parte iniziare. Come e con chi la Calabria può riscattarsi? Se il Sud oggi, specie le aree come la Calabria, è in mano a mafie e cattiva politica – come dimostrano molti episodi – il cui sfondo comune è l’illegalità diffusa nella pubblica amministrazione, se la sicurezza del cittadino è a rischio, specie se osa discostarsi dal linguaggio che le regole omertose impongono e se per chi fa impresa (e non è un “prenditore”) vivere al Sud è un atto eroico (come sanno le decine di miei colleghi e soprattutto di piccoli e piccolissimi imprenditori lasciati soli), non si crederà per davvero che da sola la Calabria possa farcela? Il Sud (la Calabria) che vedo io da imprenditore, ogni giorno, è perso sia per la democrazia e per lo Stato italiano, che lo hanno usato per tanti scopi, prima l’industrializzazione del Nord, poi le clientele per le cordate democristiane o pentapartitiche e, insieme ad altri centri di potere, per lucrare le ingenti risorse pubbliche (e comunitarie) finite non al Sud, ma nelle tasche di pochi. E allora? Se ancora il Sud regge è per via della moltitudine di micro realtà economiche che, nonostante tutto e a costo di sacrifici immani, spingono la carretta. E che avrebbero bisogno non di una banca del Sud, ma di incentivi veri, di un sistema bancario competitivo, di politiche di valorizzazione sui mercati internazionali dei loro prodotti. Il punto è che lo Stato non funziona. Una lotta alla criminalità sistematica neppure s’intravede. Il Governo manda i soldati per combattere la microcriminalità al Nord, tempo fa io ho chiesto l’esercito contro la ’ndrangheta e per il controllo di una regione in cui può accadere, nell’indifferenza dell’Italia, che un bambino di 11 anni sia ucciso da un killer mentre gioca a pallone o che dei delinquenti seppelliscano nelle nostre montagne rifiuti tossici. Ma non c’è reazione! Come può, dunque, la parte migliore del Sud vincere la sfida, se dal Centro si premia il peggio del Sud, se i flussi di danaro nazionale ed europeo giungono incontrollati e finiscono come tutti sappiamo? Qui è lo Stato italiano che ha fallito. Se vogliamo tentare di svoltare, dobbiamo organizzare il meglio che vi è nello Stato con il meglio che vi è nel Sud. E questo non è il tempo di dividersi su schemi e pregiudiziali ideologiche, altrimenti non cambierà niente. Io credo che l’appello alla nostra coscienza di meridionali che il Nord ci lancia è positivo, ma ciò che serve è uno sconvolgimento degli attuali assetti che si reggono su taciti compromessi e scambi di favori, sia tra la politica calabrese e il malaffare, sia tra questo sistema-Calabria e la politica nazionale. Ma solo se stiamo uniti possiamo riuscirci. E invece ad Amantea la politica calabrese, ancora una volta, ha dimostrato il contrario.
*Imprenditore, Candidato alla Presidenza della Regione

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