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di FRANCA FORTUNATO
Dopo il via libera da parte dell’Agenzia del farmaco (Aifa) alla commercializzazione della pillola abortiva, la Ru486, coloro che da sempre combattono l’aborto combattendo le donne, si sono dati da fare per raccontare cose non vere sulla pillola e condurre una campagna sulla pericolosità dell’aborto farmacologico per impaurire più che per informare. Esemplare è stato il comportamento di quanti ci governano, che hanno pensato di recitare la parte di chi “vorrei ma non posso”, costituendo una Commissione inutile per verificare quello che già si sa, e cioè che l’uso della Ru 486 si muove dentro la 194 e che del farmaco si sa tutto perché è stato lungamente sperimentato in tutto il mondo e anche in alcuni ospedali italiani. Il cardinale Bagnasco, nella conferenza dei vescovi ad Assisi, di questi giorni, è tornato sulla richiesta dell’obiezione di coscienza per gli operatori sanitari, compresi i farmacisti e i farmacisti ospedalieri. Ebbene, io credo, che sia necessario dare una corretta informazione per capire di che cosa stiamo parlando e di che cosa parla il cardinale. Innanzitutto – come scrive Silvia Neonato- non è vero che la Ru 486 potrà essere comprata in farmacia, portarsela a casa e decidere l’interruzione di gravidanza “fai da te”, come alcuni hanno sostenuto. Non è così in nessun paese del mondo, neppure in Francia che l’ha introdotta per prima nel 1988 e che da tempo fornisce una documentazione ampia. Anche lì si usa soltanto sotto controllo medico e ospedaliero. Ma, che cos’è la Ru 486? E’ un insieme di diverse pillole che vanno somministrate a distanza (in genere) di due giorni le une dalle altre, entro la settima settimana di gravidanza. Come negli altri paesi, anche da noi una volta scelta la Ru486, alla donna occorrerà la certificazione di gravidanza, poi la richiesta di interruzione firmata dalla donna e dal medico che l’ha visitata e sottoposta ad esami . Infine andrà in ospedale. E questo è esattamente l’iter previsto dalla legge 194, che regolamenta l’aborto in Italia e che, non bisogna dimenticare, lascia ancora il reato di aborto nelle strutture private. Quindi la Ru486 è sostanzialmente una metodica per interrompere la gravidanza, che viene scelta dalle donne che non vogliono fare l’anestesia e che preferiscono non subire un intervento chirurgico. L’aborto farmacologico (di questo si tratta) non può assolutamente prevedere il “fai da te”, perché dopo l’assunzione del farmaco si possono avere coliche e anche emorragie forti. Inoltre richiede che la donna vada due volte in ospedale o ambulatorio (questo sarà stabilito dalla circolare applicativa dell’Aifa), a differenza dell’intervento chirurgico, che prevede il ricovero in day hospital, l’anestesia, l’intervento , poi il ritorno a casa la sera stessa. C’è poi una visita successiva di controllo, prevista sia dalla 194 che dalla Ru486. Un percorso, dunque, che, come si intuisce, richiede alla donna una riflessione legata ai tempi più lunghi che la Ru486 prevede, senza neppure il “riparo” dell’anestesia che ti evita di vivere l’aborto. E, allora, mi chiedo come è possibile, se non per cattiveria, – come hanno fatto in tanti- accusare la donna che sceglie questo percorso di essere una che con leggerezza prende alcune pillole per togliersi il problema di una gravidanza indesiderata? Perché si continua a mistificare e dire falsità sulla pericolosità del farmaco? Qualunque medico sa che non esistono farmaci senza effetti collaterali, ma è anche vero che tutti gli studi internazionali confermano che la Ru486 è meno pericolosa dell’intervento che richiede l’aborto chirurgico. A questo punto mi chiedo, a quando la richiesta del cardinale Bagnasco dell’obiezione di coscienza anche sui farmaci anestetici e i ferri chirurgici per l’interruzione di gravidanza, lasciando alle donne come unica metodica il prezzemolo e il ferro da calza? E in tal caso il cardinale chiederà l’obiezione di coscienza a fruttivendoli e merciai?

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