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Perché il pm Bruni andava “fermato”? Perché Salvatore Cirafici, l’uomo dei telefoni, il procuratore della Wind che si occupa di intercettazioni, sapeva che il magistrato crotonese lavorava a qualcosa di grosso. Che la pentola stava per essere scoperchiata. Cosa possa bollire là dentro non è ancora del tutto chiaro, perché il decreto di ispezione nella sede della Wind contiene soltanto uno stralcio di una nota informativa redatta dai carabinieri della Compagnia di Crotone lo scorso 11 novembre. Una nota in cui alcuni nomi eccellenti sono omissati, con particolare riferimento ad ambienti dei Servizi segreti. Ma Cirafici era così convinto che Bruni dovesse essere fermato da decidere di incontrare il coindagato Enrico Maria Graziali la notte stessa in cui l’ufficiale dell’Arma, uno che all’epoca in cui era al Reparto operativo di Catanzaro lavorò all’inchiesta Why Not, per ammonirlo e indurlo a ritrattare. “Bruni va fermato”. All’indomani del primo interrogatorio di Graziali, quello del 15 ottobre scorso, l’ufficiale riferì tutto agli inquirenti crotonesi. Graziali parlò di “pressioni e ammonimenti esercitati da Cirafici”.

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