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Scavi clandestini nelle grotte dell’Alimena, che si trovano tra Carolei e Mendicino, in provincia di Cosenza, dove si crede sia stato sepolto il famigerato tesoro del Re dei Goti, Alarico.
All’interno di una delle grotte è stato scoperto uno scavo clandestino largo quattro metri e profondo cinque. È certamente opera di tombaroli visto che nessuno scavo è mai stato autorizzato ufficialmente e dunque si teme che i cacciatori di tesori siano all’opera per verificare quelle che fino a questo momento sembrano essere solo voci insistenti.
La storia
Alarico, re dei Goti, espugnò Roma nell’agosto del 410 d. C. Dopo un lungo assedio mise a ferro e fuoco la città, saccheggiandola di ogni ricchezza e poi ripartì verso il Sud per giungere in Calabria, da dove voleva raggiungere l’Africa passando per la Sicilia. Ma una tempesta fece naufragare le navi sulle quali si erano imbarcati i barbari e Alarico preferì attendere in Calabria il ritorno della bella stagione per affrontare il viaggio. Ma poco dopo si ammalò e morì. I suoi dignitari decisero di seppellirlo con tutti gli onori assieme al suo cavallo, alla sua armatura e al suo tesoro.
Per impedire che la tomba del grande re dei Goti venisse profanata, si deviò il corso di un fiume utilizzando migliaia di schiavi che al termine dei lavori furono trucidati allo scopo di non lasciare nessun testimone della sepoltura. Tutte queste «notizie» si desumono da alcuni passaggi delle opere di Giordane che, a sua volta, aveva tratto ispirazione dalla Historia Gothica di Cassiodoro di Squillace, braccio destro di Teodorico.
Le stesse «fonti» furono probabilmente utilizzate, molti secoli dopo, dal conte von Platen che nel 1820 scrisse Das Grab im Busento (La tomba nel Busento), opera tradotta successivamente da Giosuè Carducci. La vicenda della sepoltura di Alarico rimase nell’oblio per molti secoli, finchè nella prima metà del Settecento si tornò a parlare della leggenda e monsignor Capecelatro finanziò una campagna di ricerche alla confluenza dei fiumi Busento e Crati che, però, non ebbe alcun esito. A distanza di quasi due secoli, la «ballata» di von Platen risvegliò improvvisamente l’interesse dei tedeschi. Nel periodo che precedette la Seconda guerra mondiale, per giunta Hitler organizzò una spedizione scientifica in Calabria alla ricerca della tomba del re tedesco che aveva, per primo, umiliato l’Impero romano.
Il Fuhrer spedì il fido Heinrich Himmler in Italia, ma nonostante le consulenze degli storici tedeschi, gli scavi alla periferia di Cosenza non diedero alcun risultato. Si deve a due fratelli appassionati di archeologia, Natale e Francesco Bosco, l’ultimo tentativo di chiarire il mistero. Da anni i due, partendo dalla convinzione che la deviazione del Busento non sarebbe mai potuta passare inosservata, nemmeno nel 410 d.C., hanno individuato un sito poco distante da quello nel quale si sono svolte le ricerche. L’elemento della confluenza dei fiumi c’è, ma si tratta del Caronte all’altezza della confluenza con il Canalicchio. Il luogo è quello ideale perchè si tratta di una vallata deserta che anticamente si trovava nella stessa direzione di un collegamento con il mare. In più Francesco e Natale Bosco hanno individuato una enorme croce scolpita sulla roccia (sicuramente opera dell’uomo) in una località il cui toponimo di origine gotica, «Rigardi», significa, appunto, «osservare con rispetto». Dall’altro lato della vallata, all’interno di due grotte naturali a strapiombo nella roccia, hanno trovato un altare di probabile origine gotica scolpito un pò rozzamente. Ma l’elemento ancora più interessante, che ha convinto i due appassionati di archeologia di aver scoperto davvero la tomba di Alarico, è che l’altare poggia su uno strato di sabbia di fiume (l’hanno fatta analizzare da un geologo) del tutto innaturale all’interno di una grotta calcarea di origine vulcanica. Stessa storia all’interno della grotta più piccola, dove anche a occhio ci si accorge di camminare su sabbia «riportata». Il luogo è quello ideale perchè si tratta di una vallata deserta che anticamente si trovava nella stessa direzione di un collegamento con il mare. Nel corso degli anni, Natale e Francesco Bosco hanno tentato tutte le strade possibili e, ovviamente, legali per ottenere il permesso di scavare ma non sono mai stati autorizzati. Ora il pericolo è che lo scavo sia condotto da tombaroli senza scrupoli a caccia delle 25 tonnellate di oro e 150 d’argento di che si favoleggia siano sepolte insiem ad Alarico.
Per questo i due appassionati di archeologia sollecitano il ministero dei Beni Culturale ad intervenire rapidamente per verificare le ipotesi che parlano della sepoltura di Alarico proprio in quelle grotte. Se il tesoro venisse alla luce, infatti, per la Cosenza e la Calabria tutta, sarebbe una sorta di jackpot per il richiamo turistico.

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