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Fondi antiusura investiti in borsa o assegnati ad imprese di parenti ed amici. È l’accusa con la quale la Guardia di finanza ha arrestato Salvatore Froio, di 57 anni, presidente del «Consorzio fidi» di Soverato, società che gestisce, tra l’altro, fondi pubblici destinati a garantire finanziamenti ad imprese economiche in difficoltà. Froio è accusato di peculato, falso, simulazione di reato e false comunicazioni sociali. L’arresto di Froio è stato fatto in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari emessa dal gip di Catanzaro su richiesta della Procura della Repubblica.
Secondo quanto è emerso dalle indagini della Guardia di finanza, Froio avrebbe sottratto fondi, per un milione di euro, erogati dal Ministero dell’Economia e destinati alla prevenzione dell’usura. In particolare, Froio avrebbe investito una quota della provvidenze in polizze “unit-linked” di diritto lussemburghese e distribuito la restante parte ad imprese riconducibili a suoi familiari e conoscenti.
Nel corso delle indagini è stata fatta anche una perquisizione nella sede del Consorzio che ha portato al ritrovamento di una consistente documentazione bancaria ed amministrativa che Froio, secondo l’accusa, presentando una falsa denuncia di furto, aveva sottratto all’ispezione da parte dei funzionari del Ministero dell’Economia. Froio avrebbe anche occultato all’estero parte dei fondi ricevuti. La Procura, oltre a quello di Froio, aveva chiesto l’arresto di altre persone, ma la richiesta è stata accolta dal gip solo per il presidente del Consorzio fidi.

Reazioni: il presidente del Comitato interprovinciale per il diritto alla sicurezza, Demetrio Costantino

«L’arresto, da parte della Guardia di Finanza – ha detto Costantino – del presidente del Consorzio Fidi di Soverato, accusato di aver sottratto fondi antiusura erogati dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, investiti in borsa o assegnati ad imprese amiche, suscita sconcerto e preoccupazione».
«La realtà – prosegue – è che sul tema della lotta contro la criminalità c’è faciloneria, mancanza di serietà, rigore con il rischio che l’associazionismo antimafia, deviando dagli obiettivi prefissati, rappresenti pretesto e occasione per svolgere attività spurie o essere organi collaterali ad esponenti politici o per incrementare attività varie. Per questo la vicenda di Soverato non può considerarsi caso isolato, nel senso che possono esserci consorzi, cooperative, associazioni presenti in tante aree della Calabria, che non sempre si attengono ai compiti previsti dagli statuti. E possono esserci organismi pubblici, composti anche da organizzazioni di categoria collegati con le associazioni antiracket o di consorzi, dove non mancano i favoritismi nell’erogazione di contributi e finanziamenti. Negli ultimi anni ci sono state enunciazioni, cortei, iniziative, ma è urgente uscire dalla ricorrente retorica per affrontare con il rigore necessario la lotta contro la criminalità».
Per Costantino «la vicenda di Soverato è un campanello di allarme che debba indurre a prestare la massima attenzione, adottare interventi, attuare trasparenza. Certo sulla vicenda di Soverato, rispettosi dello stato di diritto, bisogna valutare gli sviluppi per capire se le accuse rivolte al professionista trovino fondamento nel corso dell’inchiesta».

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