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di GUIDO LEONE
Sappiamo tutti che non si può pensare di migliorare la situazione ambientale soltanto attraverso provvedimenti di difesa. Per un cambiamento apprezzabile è fondamentale intervenire sul piano dell’educazione e dell’informazione modificando il comportamento della gente. È infatti evidente come lo sviluppo di una coscienza ambientale costituisca la carta vincente per la realizzazione di interventi a lungo termine finalizzati alla protezione e al recupero del patrimonio ambientale e come in generale sia un fattore importante per la crescita del consenso necessario alle politiche per le aree protette. I luoghi in cui attuare il processo formativo degli studenti, ma anche degli insegnanti, sono sicuramente i parchi e per diversi buoni motivi. Il primo è che l’educazione ambientale si fa, non si insegna, Bisogna ricostruire il legame grazie al quale l’uomo guardava con rispetto, timore e amore alla natura cui doveva tutto. Gli alberi, gli animali, le rocce, i fiori non si possono solo insegnare: bisogna viverci in mezzo. Bisogna odorarli, guardarli, toccarli quanto è possibile, bisogna imparare a riconoscerli a sapere come vivono e di cosa hanno bisogno. Bisogna imparare a rispettarli e a lasciare loro spazio e risorse. Anche la differenza tra una attività compatibile e una che non lo è bisogna imparare a vederla, e cosa vuol dire gestire un parco e quanto costa. Così anche se la visita è solo una tappa del processo educativo, è tuttavia una tappa di fondamentale importanza che permette di dare contenuto e significato tanto alle lezioni teoriche, diciamo così, preparatorie, quanto al necessario momento di veridica successivo all’esperienza nel parco. Il carattere necessariamente multidisciplinare dell’EA rende conto non solo della estrema complessità del mondo naturale, ma anche di quella dei modi e i tempi di uno sviluppo sostenibile. Il secondo motivo è che non esiste luogo migliore per fare EA delle aree protette. Il parco costituisce il laboratorio privilegiato per attività di didattica e di divulgazione ambientale, il luogo nel quale la tutela dell’ambiente, la comprensione degli equilibri naturali, l’importanza di un approccio globale all’ambiente possono essere toccati con mano. Un terzo motivo sta nella necessità di qualificare l’area protetta rendendola centro di attività produttive e culturali compatibili con l’ambiente e nello stesso tempo in grado di garantire un reddito alle popolazioni locali. Questa condizione è indispensabile per aumentare il consenso delle popolazioni locali. La nuova configurazione amministrava scolastica, secondo i criteri dell’autonomia, consente un migliore rapporto tra scuola e comunità locale, ma deve cambiare la mentalità e l’immagine del ruolo degli operatori scolastici, per i quali potrà diventare naturale far rientrare nei propri compiti il confrontarsi con i problemi del territorio e della comunità, con le istituzioni e i soggetti che a vario titolo operano sul territorio. In questo senso, la qualità del sistema formativo potrà essere un vincolo o una risorsa per qualità dello sviluppo del territorio, quindi anche del Parco. Il parco è un sistema territoriale, in cui dentro ci stanno valori naturalistici, ambientali, culturali, della tradizione artigianale, della cucina, etc, cioè tutto l’insieme che rende questa zona particolare, che le dà una identità. Bene le popolazioni che rientrano nel Parco avvertono questa forte identità. Le comunità scolastiche la avvertono? Noi siamo uno strano Paese perché abbiamo difficoltà a riconoscerci in una unica identità. Molti progetti delle scuole insistono sul piano educativo nella azione mirata allo sviluppo del senso di appartenenza alla comunità scolastica e quindi al territorio, alla comunità, a sviluppare il senso di cittadinanza. Nella scuola ciò non penetra con facilità, magari l’identità nazionale passa attraverso Dante e i grandi della letteratura, ma manca il resto. La scuola non comunica il senso dell’appartenenza a una identità più ricca, articolata e storicamente radicata di quanto non sia in grado di rappresentare, sia pure nella sua qualità, la letteratura. E qui il Parco ha una sua potenzialità perché esso si costruisce intorno ad alcuni parametri di qualità che già riguardano l’identità del territorio. E questo è un altro elemento da tenere presente nel rapporto tra parco e sistema formativo. Ora se la partecipazione è una dimensione indispensabile alla qualità dei parchi, anche il rapporto con le scuole deve cambiare. Per le scuole che in particolare insistono nel Parco sembra importante recuperare la cultura della cura, non come ennesima educazione trasversale ma come attenzione al vicino, a ciò che è mio in quanto ‘res publica’, cosa di tutti. Cultura che è più facile da sviluppare là dove le cose sono già curate, perché è più facile affezionarsi alle cose ben tenute, il degrado chiama degrado. Ora non bisogna solo limitarsi alla didattica naturalistica se negli obiettivi dell’EA vi è quello di mettere in relazione soggetti, coinvolgere cittadini e costruire cultura della cura. Perciò uno dei principi che deve ispirare l’EA è il suo essere educazione al cambiamento e per educare al cambiamento non ci sono oltre strade se non quella di provarsi a cambiare. Educare al cambiamento cambiando vuol dire costruire contesti educativi in cui l’azione sia parte integrante del percorso educativo. Ripulire insieme alla propria classe una pertinenza esterna alla scuola, sia esso un incolto, un giardino abbandonato, è una azione che rimane nella memoria del ragazzo, continua nel tempo a fare cultura. Quindi i percorsi che si devono costruire sul territorio, nel Parco, non sono solo di tipo informativo, scientifico, cognitivo, ma devono consentire ai ragazzi di fare esperienza in prima persona. Per le scuole nel Parco serve consapevolezza interna. “Queste scuole non possono costruire il loro curricolo come una scuola di periferia urbana”- come è opportunamente sottolineato nelle Linee guida di educazione ambientale per le scuole predisposte già da qualche anno dalla Direzione generale dell’Ufficio scolastico regionale per la Calabria-, sarebbe il fallimento dell’autonomia. Il parco deve entrare nel Dna di quella scuola, altrimenti sarà difficile convincere i ragazzi dell’utilità ecologica, sociale, culturale, economica del Parco”. Questa consapevolezza passa attraverso la formazione degli insegnanti e attraverso la costruzione di una adeguata motivazione. Se la motivazione dei docenti è semplicemente quella di trasmettere conoscenza appresa in altro luogo è difficile che accettino i compiti di una agenzia formativa per lo sviluppo locale. In questo modo la scuola può diventare un soggetto attivo a condizione che sviluppi percorsi che affrontino i problemi del territorio che facciano ricerca sul territorio. Così operando le scuole del Parco nel parco diventano una sorta di agenzia di promozione nel parco e per le scuole ad esso esterne. Per il Parco credo che occorre porsi in modo innovativo e globale l’attenzione alla qualità del sistema formativo. Penso, per esempio, alla riorganizzazione scolastica, che attualmente viene operata secondo criteri amministrativi che credo non abbiano mai tenuto conto, la dove esistono, dell’esistenza di una unità territoriale come quella del Parco diversa e integrata con quella dei Comuni e delle Comunità montane. Così occorre pure che il Parco faccia sentire la sua voce sui tagli ai servizi territoriali, tra i quali la scuola riveste un ruolo molto delicato. Per le scuole fuori del Parco è importante che non ci si limiti al turismo educativo. Bisogna offrire opportunità di gemellaggio tra classi interne e esterne, finalizzate all’adozione di una area, alla riqualificazione e alla manutenzione di un’area (sentiero, monumento, piazzetta, panorama) in modo che la classe del parco, che ha già adottato quel sentiero, funga da tessuto connettivo e faciliti il passaggio di testimone da una classe cittadina a un’altra. Ecco, io credo che una visione condivisa e complessa dell’EA, come opportunità di innovazione pedagogica, progettuale, metodologica, un rapporto positivo con i Parchi della Calabria sia un reale punto di forza spendibile in termini di crescita complessiva del territorio.

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