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Per tutte le province del Mezzogiorno il rischio usura è ‘alto’ o ‘medio-alto’. Lo sostiene l’Eurispes in una indagine sul ‘credito nero’. L’istituto di ricerca ha formulato un indice di rischio, «fondato sull’analisi di quelle variabili di contesto socio-economico che si ritiene possano influenzare il grado di vulnerabilità o permeabilità di un territorio».
Dall’analisi emerge che la debolezza del sud rispetto al resto d’Italia «trae origine dalla persistenza, a livello regionale e provinciale, di talune condizioni che si ritiene favoriscano il diffondersi del fenomeno, tra cui: l’elevato tasso di disoccupazione; il Pil pro-capite notevolmente inferiore rispetto alla media nazionale; la diffusione della criminalità (estorsioni, associazioni a delinquere); le crescenti difficoltà economiche di famiglie e imprese (protesti, sofferenze, cessazioni di impresa); la minore presenza di banche sul territorio (sportelli, comuni serviti) e le difficili condizioni di accesso al credito (tassi di interesse medi attivi superiori rispetto alla media nazionale)». Particolarmente a rischio risultano essere le province della Calabria (tutte nelle prime sei posizioni della graduatoria), della Campania (a rischio ‘Altò tutte le province, ad esclusione di Napoli) e della Sicilia. A rischio ‘Medio’ si riscontra una netta predominanza delle province del Centro (60% del totale).
Infine nella classe di rischio ‘Molto Basso’ si trovano tutte le province, ad eccezione di Firenze, del Nord Italia, con una netta prevalenza delle province del Nord-Est rispetto a quelle del Nord-Ovest. Le province di Trento e Bolzano risultano in assoluto le meno vulnerabili, cui corrisponde nella graduatoria regionale il primato del Trentino Alto Adige, seguito da Emilia Romagna, Lombardia e Veneto.
«Ad essere maggiormente colpita dall’usura risulta essere la categoria dei commercianti, ma il raggio d’azione del fenomeno interessa numerosi altri soggetti: basando la sua natura sulle difficoltà della persona che vi si rivolge, l’usura copre un campo assai vasto nel quale rientrano famiglie bisognose, anziani, piccoli commercianti e piccoli imprenditori, fasce più deboli della popolazione».

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