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di SARA LORUSSO
POTENZA – Solo pochi mesi fa le polemiche sulla sospensione delle attività della cooperativa l’Aquilone nella chiesetta di via Appia, che funge da centro di prima accoglienza, e nei locali di viale del Basento, a pochi passi dal ponte Musmeci. Qualche mese dopo, almeno la chiesetta di Betlemme è tornata in attività, con alcuni ragazzi avviati al percorso di recupero. Ma le polemiche, anche dopo un sopralluogo recente della Quarta commissione consiliare (delega alle Politiche sociali) non sembrano essersi placate. E nel dibattito cittadino, in cui il problema delle dipendenze sembra farsi sempre più urgente, si inserisce anche uno sguardo più ampio.
L’accreditamento
«Siamo la regione che spende meno per le politiche di prevenzione e recupero contro le dipendenze, solo lo 0,5 per cento del bilancio regionale. Ma i ritardi sono anche su altro. Nel caso della cooperativa cittadina, la convenzione scade il prossimo primo luglio. E’ se si dovrà fare la gara d’appalto per l’affidamento del servizio si incrocerà un grosso limite». Giuseppe Molinari, coordinatore dell’opposizione, torna a lanciare l’allarme: «La Regione non ha ancora approvato le linee guida per l’accreditamento e l’autorizzazione dei servizi legati alle comunità di recupero. Siamo fermi al ’99. Così, se una cooperativa di fuori, anche di quelle accreditate a livello nazionale, volesse prendere in carico il servizio, non potrebbe farlo».
Il problema si ribalta
A sentire il presidente della cooperativa l’Aquilone, Vincenzo Martinelli, seppur da un punto di vista diverso, il problema c’è: «Richiamano le associazioni e le cooperative “famose” a livello nazionale, eppure qui, noi, da 25 anni lavoriamo sempre con buoni risultati. Vuole sapere la verità? La mancata approvazione delle linee guida penalizza anche noi, perché se volessimo attivare un nuovo servizio, magari legato al recupero su sostanze moderne, non potremmo farlo».
La comunità potentina
Quanto alla comunità di recupero e accoglienza di Potenza, gestita dalla cooperativa l’Aquilone, nel gennaio scorso, era nato un “caso” (sollecitato dalle interrogazioni di Molinari e di Angelo Lieta dei Dec) sull’opportunità o meno di rescindere la convenzione con la cooperativa per la gestione delle strutture. Del resto, la stessa amministrazione, rispondendo alle interpellanze dei due consiglieri aveva sollecitato la cooperativa rispetto a quelle che riteneva «gravi inadempienze»: i cancelli della struttura erano stati trovati chiusi, i locali disabitati e privi di vigilanza, senza che l’ente ne fosse stato anticipatamente informato.
Le autorizzazioni
Poi le comunicazioni, nuovi sopralluoghi e le spiegazioni. Martinelli, aveva spiegato che per la struttura di viale del Basento (che nel frattempo era stata ampliata di nuovi locali) si era in attesa di certificati urbanistici senza i quali non sarebbe stato possibile ottenere l’autorizzazione sanitaria complessiva. Quanto alla chiesetta, mancavano piccole opere di manutenzione che sarebbero state completate in poco tempo: entro gennaio il servizio sarebbe stato ripreso.
Nuova interrogazione
Così il 12 aprile scorso Molinari e Laieta presentano una nuova interrogazione. A che punto è l’impegno? E l’amministrazione risponde. E’ la stessa cooperativa l’Aquilone ad aver comunicato la ripresa delle attività nell’ex chiesetta a partire dal 10 febbraio. L’ente, nella risposta scritta all’interpellanza, spiega di aver verificato con dei sopralluoghi. Il 5 marzo, ad un mese circa dalla dichiarata ripresa dei lavori, «la struttura risultava chiusa», anche se dalla cooperativa avevano fatto sapere che si era semplicemente in fase propedeutica, in pieno contatto con i Sert regionali (le unità delle aziende sanitarie delegate alle tossicodipendenze) per l’accoglienza di ragazzi. Poco più tardi, altri due sopralluoghi accertano, al 15 aprile, la riapertura dell’ex chiesetta, in presenza di operatori e alcuni ragazzi avviati al percorso terapeutico. «In ottemperanza degli accordi disciplinati nella stipula della convenzione – si legge nella risposta – le attività della cooperativa proseguiranno senza ulteriori interruzioni».
Questione di priorità
Sullo spazio di viale del Basento, però, i consiglieri continuano ad avere qualcosa da ridire: «La struttura, ancora chiusa, rischia di continuare a rovinarsi – dice Fernando Picerno (Pdl) – Continuiamo a parlare di politiche sociali, in questo caso ci sono spazi e convenzioni, ma non c’è attività, almeno non completa».
Martinelli però rassicura: «Ora che abbiamo avuto il certificato di agibilità, siamo in attesa del sopralluogo dell’azienda sanitaria per ottenere l’autorizzazione. I lavoretti di manutenzione da fare sono a buon punto. E’ questione di poco, poi saremo in grado di riaprire».
Il nodo sulla scadenza
La convenzione tra la cooperativa l’Aquilone e l’amministrazione rispetto alla struttura ancora chiusa scade il prossimo luglio. A quel punto «il servizio verrà messo a gara», fanno sapere dall’ente. Eppure, Martinelli spiega che sul termine si è in cerca di una “soluzione”. Visto che è vero, la scadenza è tra pochi mesi, ma «il tempo perso per i ritardi burocratici non è dipeso da noi – dice – Durante la chiusura della attività, come il comune, abbiamo investito tempo e risorse nelle ristrutturazioni. Ha senso contare il lavoro fatto nel tempo in modo matematico? E perché adesso che apriremo non dovremmo cominciare a lavorare con i ragazzi da avviare al reinserimento, dopo la prima accoglienza?».
Nuovo dibattito
Così, sulla convenzione, si aprirà un nuovo dibattito. E non potrà che essere politico e più generale sul servizio. «La Regione metta a punto le linee guida, poi – continua Molinari – sistemato il contesto, va bene pure ragionare sui dettagli. Ma è la politica che deve dare risposte». Forse, una prima occasione, si verificherà proprio in sede di commissione consiliare con una già programmata audizione sul tema delle dipendenze dell’assessore regionale alla Sanità, Attilio Martorano.
«Tra l’altro, a dirla tutta – conclude – al tavolo della Conferenza Stato – Regioni del 1999 fu stabilita l’istituzione di una commissione regionale di controllo sulle comunità, visto che i Sert non sono più considerati organismi superiori con poteri di monitoraggio. Che cosa ne è stato?».

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