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I Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria, nell’ambito dell’operazione «Riconquista» nella piana di Gioia Tauro, stanno eseguendo 12 ordinanze di custodia cautelare emesse nei confronti di persone indagate a vario titolo. Le persone destinatarie dei provvedimenti sarebbero responsabili dei reati di associazione per delinquere finalizzata al compimento di reati contro il patrimonio, ricettazione, estorsione, favoreggiamento personale, porto e detenzione di armi e spaccio di sostanze stupefacenti. Al centro delle indagini anche i contrasti tra la comunità rom di Rosarno e la cosca dei Bellocco. Secondo quanto è emerso dalle indagini, protrattesi per oltre un anno con il coordinamento della Procura della Repubblica di Palmi, gli indagati, tutti appartenenti alla comunità Rom di Gioia Tauro, si sarebbero resi responsabili di numerosi furti di automobili, mezzi d’opera ed automezzi pesanti che senza il tempestivo intervento dei Carabinieri, sarebbero stati restituiti ai proprietari dietro pagamento di un riscatto – l’estorsione con il metodo del cosiddetto “cavallo di ritorno” – oppure avviati al circuito della ricettazione o del riciclaggio presso compiacenti meccanici e carrozzieri della piana di Gioia Tauro. Alcuni degli indagati sono inoltre accusati di aver gestito un fiorente traffico di sostanze stupefacenti, specie cocaina. Nel corso delle indagini sono stati anche sequestrati due fucili da caccia cal. 12, uno dei quali con canne mozze, rubati nel 2002 in provincia di Reggio Calabria.
Delle 12 persone indagate 7 sono state arrestate 5 sono attivamente ricercate.
Le persone arrestate trafficavano in armi, droga e imponevano la tangente per la restituzione delle auto vetture rubate. Così sono finiti in manette il presunto capo della banda degli zingari della ‘Ciambra’ di Gioia Tauro, Enzo Bevilacqua, 36 anni ed i suoi fiancheggiatori: Armando, Cosimo e Alessandro Amato, rispettivamente di 59, 49 e 26 anni; Lucia Bevilacqua, 56 anni; Giuseppe Tibullo, 36 anni e Pietro Catalano, 28 anni.

LA CONFERENZA STAMPA
«Non è inutile ribadire che non si sarebbe potuto eseguire questa inchiesta di particolare allarme sociale senza l’ausilio delle intercettazioni telefoniche ed ambientali». A dirlo è il Procuratore di Palmi, Giuseppe Creazzo (in foto), nel corso della conferenza stampa. Creazzo ed il comandante provinciale dei carabinieri, col. Pasquale Angelosanto, hanno evidenziato che le indagini sono durante dieci mesi e sono state coordinate dal sostituto procuratore Stefano Musolino.
«Grazie ai filmati – ha aggiunto Creazzo – ed alle registrazioni, i carabinieri hanno raccolto prove di quello che era diventata l’abitazione di Enzo Bevilacqua, un vero e proprio supermercato dello spaccio di droga. Abbiamo anche ripreso operazioni di recupero ed interramento di armi che erano nella piena disponibilità della banda. Si tratta di organizzazioni criminali che hanno ormai raggiunto una propria autonomia dalle cosche della ndrangheta, una sorta di patto non scritto degli affari criminali di cui interessarsi».
Il procuratore della Repubblica di Palmi, inoltre, ha reso noto che tra le persone colpite da richiesta estorsiva da parte dell’organizzazione criminale, figurano anche due imprenditori edili, i quali, sollecitati dagli inquirenti a collaborare, hanno opposto un netto rifiuto. A loro carico è stato aperto un apposito fascicolo d’inchiesta. I due imprenditori avrebbero negato di aver subito richieste estorsive, finendo così a loro volta indagati per favoreggiamento. Secondo quanto riferito dal Procuratore Creazzo, «c’erano prove evidenti delle storsioni subite, ma loro hanno negato».

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