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Non ci sono soltanto le numerose denunce fatte dall’ex titolare della concessionaria Renault di Matera, Michele Zito, alla base dell’apertura di un nuovo filone di inchiesta sulle toghe lucane. C’è anche la vicenda dell’inchiesta sulla masseria Serramarina dei fratelli Ugo e Giuseppe Barchiesi, sulla strada tra Matera e Metaponto, della quale il procuratore aggiunto di Catanzaro, Giuseppe Borrelli, vuole capire di più. E’ il motivo per cui è venuto a Potenza fermandosi nell’ufficio del pm Piccininni che di quella vicenda si occupò indirettamente a seguito di un esposto fatto dagli imprenditori contro alcuni ufficiali della Guardia di Finanza che a loro volta avevano svolto le indagini sulla presunta truffa. Su questa vicenda il 21 febbraio scorso fu anche presentata un’interrogzaione al ministro dell’Economia dai senatori Digilio e Viceconte.
Il 22 maggio del 2007 l’azienda agricola fu sequestrata per presunte operazioni finanziarie fittizie.Doveva sorgere un grande centro benessere in quella masseria ottocentesca. Non se ne fece niente. Meno di un anno dopo il gup di Matera Angelo Onorati archiviò l’indagine che nasceva dall’operazione “Mirror” dalla Finanza. Ai fratelli Barchiesi i Gico di Potenza (il gruppo della Finanza che si occupa di criminalità organizzata) avevano sequestrato beni per venti milioni di euro. «La fine di un incubo», commentò uno dei due fratelli, Ugo, alla fine dell’udienza ringraziando il pm di Matera Valeria Farina Valaori. Gli imprenditori rispedirono la carrozza al mittente e passarono alla denuncia contro il Gico presentata alla Procura di Potenza. Indagine su cui è stata chiesta l’archiviazione.
E questo è il primo malloppo che Borrelli intende sbrogliare.
Poi ci sono le numerose denunce fatte da Zito, già parte lesa in Toghe lucane numero uno e per le quali risultano pendenti ben diciannove procedimenti penali a carico prevalentemente di magistrati del tribunale di Matera con una sostanziosa propaggine salernitana.
Infine, ed è il terzo filone, quello che potrebbe riservare maggiori sorprese su più fronti, c’è la vicenda dei corvi del tribunale di Potenza che avrebbero calunniato l’ex pm Woodcock e il suo fidato poliziotto Di Tolla. E’ nell’ambito di quest’indagine che già nei mesi scorsi è stata fatta una perquisizione a carico di un ex agente segreto che lavorava a Potenza. E altre perquisizioni sono state fatte successivamente anche nell’abitazione di altri esponenti di forze dell’ordine. Gli elementi su cui indagare sono numerosi. Intanto c’è l’ammissione di un ispettore della polizia di stato di Foggia – ripreso dalle telecamere dell’ufficio postale – che al pm Rossi di Catanzaro conferma di aver spedito lettere anonime in Procura e ai giornali precisando di averle trovate già sigillate in auto e di essersi limitato a inviarle. Straordinaria ingenuità. Cosa c’è,piuttosto, dietro quelle che gli investigatori ritengono delle calunnie ai danni di Woodcock? Di sicuro dei corvi di palazzo. Ma, paradossalmente, ci sono delle intercettazioni che forse potrebbero far riaprire o quanto meno allungare il capitolo primo di toghe lucane. E che con le calunnie a Woodcock non hanno nulla a che vedere.
Lucia Serino
l.serino@luedi.it

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