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di SARA LORUSSO
LE case di via del Mar Egeo sono pronte da diversi anni. Un bell’aspetto, praticamente pronte per essere abitate.
Eppure i legittimi assegnatari sembrano ancora non poterne prendere possesso. Manca l’atto, spiegano, con cui il Comune stabilisce i criteri per l’assegnazione degli alloggi.
Da Palazzo di città, proprio ieri, sono arrivate alcune rassicurazioni. La delibera “conclusiva” potrebbe essere varata già nella prossima riunione di giunta comunale. A quel punto, per un gruppo di cittadini che da anni attendono una di quelle case, comincerebbe una nuova quotidianità.
Perché la vicenda delle case di Mar Egeo è di quelle che «prima facciamo – di dicono da più parti – meglio è per tutti. Che senso ha lasciare disabitate strutture pronte?»
E’ una vicenda lunga che risale al 2001 con il contratto di quartiere sottoscritto tra Ministero alle Infrastrutture e Regione Basilicata: i finanziamenti statali, in compartecipazione con quelli locali, avrebbero coperto la realizzazione di 66 nuovi alloggi in rione Poggio Tre Galli in cui trasferire alcuni residenti di case popolari in rione Cocuzzo. Quell’accordo partiva dalla premessa che quel rione «si caratterizza per una densità edilizia molto alta con volumi a rilevante impatto visivo, la mancanza di strutture e spazi per l’esercizio di attività sociali e aggregative, nonché l’assenza di collegamenti rapidi con il centro urbano che hanno contribuito nel tempo ad accrescere lo stato di isolamento degli abitanti». Lo scenario è il punto di partenza per un intervento urgente perchè «risulta evidente comunque che qualsiasi ipotesi di riqualificazione abitativa e sociale del complesso edilizio, nonché dell’intero quartiere, debba necessariamente passare attraverso una sensibile riduzione del peso abitativo unitamente a un innalzamento della qualità residenziale degli alloggi esistenti».
Lo stesso accordo prevedeva, a trasferimento dei residenti completato, l’abbattimento degli ultimi due piani del blocco nominato Del Favero, e la trasformazione del piano galleria del blocco Padula in studentato.
Nel corso degli anni però la vicenda si complica: la normativa antisismica si è fatta più severa e di abbattimento, oggi, non se ne parla. Nel frattempo i residenti del “Serpentone” interessati al trasferimento si preoccupano quando si fanno insistenti le voci che vogliono le case di via del Mar Egeo assegnate alla graduatoria generale cittadina. Si avvia così un lungo periodo di riunioni, sopralluoghi, audizioni della commissione consiliare competente.
Meno di un anno fa, era stata la Regione Basilicata a tranquillizzare i cittadini: qualora si intendessero adottare soluzioni diverse da quelle previste dall’accordo «abbisognano di preventiva approvazione anche da parte del ministero interessato del progetto in variante». Del resto, la Regione è co-finanziatrice dell’intero contratto di quartiere.
Ecco allora che la soluzione individuata si delinea nella mediazione. Anche i cittadini avevano ipotizzato un percorso di condivisione perchè «non si tratta – avevano ripetuto in diverse occasioni – di una guerra tra poveri» desiderosi di una casa. Il comitato spontaneo di cittadini interessati al trasferimento aveva infatti spiegato che, a distanza di anni, il numero di residenti pronti a trasferirsi nelle nuove case e ancora in possesso dei requisiti sarebbe stato minore. A quel punto le case rimaste vuote sarebbero potute essere riconsegnate nella disponibilità dell’ente e, di conseguenza, alla graduatoria generale.
Ma per questo secondo passaggio (l’ipotesi è di affidare alla graduatoria generale anche gli appartamenti di Cocuzzo ristrutturati dopo il trasferimento), visto il mancato abbattimento dei piani superiori degli stabili del Serpentone (parte dell’accordo) sembra sia necessario il via libera del ministero.
Ma c’è chi fa notare che questo passo non è certo collegato all’assegnazione degli alloggi pronti a chi, invece, è già in pieno diritto di occuparli in virtù del contratto del 2001. «Ma che si faccia presto – avevano ricordato di recente gli stessi consiglieri comunali durante un’audizione in quarta commissione – prima che comincino a deteriorarsi». Assegnarle almeno a chi le aspetta, con diritto, da tempo, sarebbe una forma di presidio di quel patrimonio pubblico.

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