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di ANDREA QUATTRONE
La situazione del settore sanitario in Calabria è estremamente delicata per la sua stessa natura di valvola di sfogo della pratica affaristica, e per la carenza di posti di lavoro in conformità alla patologia attestante che “il posto”, anche a livelli specialistici, è il miglior rifugio in un sistema economico bacato, cioè marcio per responsabilità interne ed esterne. Che ciò sia vero è stato confermato ultimamente dalla relazione del generale dei carabinieri Massimo Cetola, nominato commissario straordinario nel 2008, dalla quale emerge un passivo dell’ex Asl di Reggio Calabria di 500 milioni di euro e un groviglio di chiamate in giudizio per precedenti debiti contratti. Altrettanto è da presumere sarà la sofferenza dell’Asp di Cosenza, per un totale assieme alle altre province che il governo regionale precedente ed attuale non sono riusciti a farsi quantificare; ma che il presidente Scopelliti ottimisticamente prevede in 1 miliardo anche se si potrebbe aggirare intorno a 2. Soddisfatti di questo risultato, i precedenti governanti Loiero, Adamo e Lo Moro, dopo aver perso le elezioni tutti sanno perché ma nessuno lo dice, si accapigliano nel Pd che passa loro questo lusso, anziché fare tre passi indietro e mettersi sul riposo. Comportamenti che non hanno niente di politico, insomma, e che evocano il canto del cigno per la democrazia ed il futuro di questa povera regione. Il partito ha ora un commissario come le sue componenti in altri partiti ne hanno avuti in passato, il quale non riuscirà a risolvere niente visto il limo che dovrà maneggiare. Manca il coraggio in Calabria per cambiare rotta e la colpa è sempre di chi vota turandosi il naso o per connivenza diretta e indotta. Tornando alla sanità, sentiamo che Scopelliti, poco prima di essere nominato commissario ha formulato in televisione previsioni ottimistiche basate, è da presumere, sul debito che dovranno pagare i calabresi per sì o per forza, con l’aiuto della Lega rivendicatrice delle rapine storiche subite dal Sud al tempo che fu dell’Unità che loro, guarda un po’, non festeggiano, anzi. L’Italia è sottosopra, rivoltata dai mali governi e quando, uscita da tangentopoli, ha abbandonato il partitismo, con esso ha lasciato definitivamente quel poco di idealismo ancora rimasto per abbracciare il colore dei soldi. Se è vero come è vero che buona parte dell’attuale compagine governativa è indagata a volte con pesanti imputazioni, come il peculato e l’associazione per delinquere nelle quali è ben rappresentato il Nord, bisogna concludere con Leonardo Sciascia che la Sicilia ma anche la Calabria e tanto Sud sono metafora del Paese: «Diceva Scipio: “I Siciliani sono nell’insieme timidi nell’utilizzazione del loro denaro personale e prodighi nell’uso del denaro pubblico». Bisogna, dunque, capovolgere i comportamenti e la classe dirigente attuale non è tale da poter dare l’esempio se non ha dimostrato di essere all’altezza di indicare traguardi meno angusti e più dignitosi di quelli dell’utilità privata. Quanti sono i meridionali, per esempio, ad accorgersi che il governo opera con le entrate prelevate attraverso le tasse pagate dai cittadini ai quali apparterrebbe lo Stato in una democrazia rispettabile? E quanti di loro si rendono conto che per stare bene bisognerebbe produrre, cioè “fare” proprio in termini materiali? Qual è la lezione che gli italiani hanno ricevuto da regnanti come i Borboni al Sud per i quali la Calabria o la Sicilia erano soltanto riserve di legno e, possibilmente, di minerali da sfruttare altrove o da sperperarne il ricavato? Su questo humus, in una Calabria che ha un parastato nella malavita senza e con i colletti bianchi, cosa pianterà il governo Scopelliti, come si difenderà da chi l’ha votato e pretende tutto e di tutto, come pulirà la melma diffusa e imperante? È un compito gravoso e non di un giorno né di un solo governo, che richiederebbe una rivolta morale di una collettività che assiste alla distruzione del futuro dei propri figli. Nel concreto sfugge all’osservazione che il rientro del debito della sanità in Calabria comporterà un peggioramento e un restringimento del servizio ai cittadini utenti, un adeguamento consistente dell’Irpef e dell’Irap insieme all’istituzione di una tassa patrimoniale, il venir meno di posti di lavoro per strutture che hanno personale in soprannumero o che ne hanno bisogno: perché certe notizie di fronte ai confini dei bilanci sono a dir poco ingannevoli (tanto hai, tanto spendi!). Questo bisognerebbe dire ai calabresi per affermare il vero e poi guardare alla regione come a un tutt’uno coeso da equilibrare, affrontare seriamente il discorso dei collegamenti all’interno e con l’esterno cioè dei trasporti, rivedere e ripensare l’agricoltura e la produzione alimentare abbandonate, molto importanti per non far mangiare al turista gli spaghetti alla bolognese ma le melanzane ripiene, destinare quel poco che ci sarà alla ricerca (c’è tanta intelligenza in Calabria) e alle piccole imprese.

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