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di ALESSIA GIAMMARIAPOTENZA – Francesco Cossiga e la Basilicata. A prescindere dalla sua visita in regione, nel 1991, quando “il picconatore” era Capo dello Stato, sono tanti i legami tra la Lucania e il senatore a vita deceduto ieri mattina al Gemelli.
Si va dai rapporti personali con esponenti di spicco della politica lucana targata Democrazia cristiana, a quelli mediatici. In particolare si ricordano le sue esternazioni contro il sostituto procuratore della Repubblica, Hernry John Woodcock, ai tempi delle inchieste sulle tangenti Inail e Savoiagate.
Ma la Basilicata è stata, il 14 maggio del 1991, anche una sorta di Teano. Proprio durante la visita istituzionale in regione, l’allora Capo dello Stato, Francesco Cossiga, strinse la mano a Giovanni Galloni, dopo gli scontri intercorsi, nel tempo, tra i due.
Il primo scontro risale al 1985 quando Craxi aveva criticato i magistrati per l’indagine lacunosa sul delitto Tobagi. Il Csm, risentito, voleva processare il premier. Il suo vicepresidente, Giovanni Galloni, era d’accordo. A quel punto però, Francesco Cossiga – che, in quanto capo dello Stato, era anche presidente del Csm – alzò la voce. «Se mettete all’ordine del giorno la censura a Craxi, io vengo con i carabinieri e annullo la seduta», disse.
Non scherzava. Nel giorno previsto per la riunione, militari in tenuta antisommossa circondarono Palazzo dei Marescialli, pronti a intervenire a un cenno del fremente Cossiga. Di fronte ai “cannoni”, Galloni e i suoi sventolarono bandiera bianca e il dibattito su Craxi fu cancellato dall’agenda. Poi arrivò anche la “sconfessione” di Galloni.
Il vicepresidente del Csm aveva appena aperto i lavori della commissione disciplinare. «Scusate se mi assento qualche minuto – disse agli otto consiglieri presenti – devo ricevere un messaggio di Cossiga».
Dal tavolo si alzò un mormorio e una battuta, poi rivelatasi lungimirante: «Vuoi vedere che è la revoca della delega?». Così era. Cossiga aveva ascoltato Galloni che in televisione diceva: «I controlli del pubblico ministero sono contro la Costituzione» e poi, a proposito di quelli che il Presidente della Repubblica aveva definito «giudici ragazzini» aggiungeva che si «dovevano ringraziare e non insultare».
Da almeno un anno il Capo dello Stato era in conflitto periodico con l’organo di autogoverno dei giudici. E adesso, a scavare un solco ancor più significativo, ci si metteva anche il vicepresidente democristiano del Csm, un uomo equilibrato, calmo, parecchio stimato a Palazzo dei Marescialli. Non restava che un atto formale, una decisione immediata e severa. E così Galloni quel giorno del 1991 per quella seduta rimase senza la delega del Capo dello Stato. Poi, proprio qui in Basilicata, la stretta di mano che portò alla pace tra i due.
Ma proprio a Potenza, un altro “giudice ragazzino” riporta Cossiga al suo amato ruolo di esternatore senza peli sulla lingua. Henry John Woodcock, sostituto procuratore al Tribunale di Potenza, nel 2002 dà vita all’inchiesta sulle tangenti dell’Inail. Nel mirino del magistrato finiscono, tra gli altri, Angelo Sanza e il generale dei carabinieri Stefano Orlando, già responsabile della sicurezza di Francesco Cossiga. Un arresto che fa andare su tutte le furie l’ex presidente della Repubblica: Cossiga ironizza sul pubblico ministero Woodcock, insulta la giudice per le indagini preliminari Gerardina Romaniello (la definisce adatta al ruolo di presentatrice televisiva) e sbeffeggia il capo della procura potentina Giuseppe Galante. Ma non è tutto. Nel gennaio del 2008 il senatore a vita sulle colonne del “Corriere” afferma di avere raccomandato Federica Sciarelli e Bianca Berlinguer. La Sciarelli risponde ripiccata. Controreplica puntuta di Cossiga: «Non rispondo alla signora Sciarelli perché non voglio vedermi notificato un avviso di garanzia di qualche sostituto procuratore della Repubblica di Potenza». E il riferimento è al pm biondo con cui la conduttrice è stata più volte paparazzata in stile «tenera amicizia».
Ma i rapporti tra la Lucania e Cossiga passano anche attraverso altri grandi personaggi: Decio Scardaccione, Tommaso Morlino (che di Scardaccione era nipote), Emilio Colombo e Angelo Sanza. Questi i nomi dei politici lucani che, più di altri, hanno incrociato la loro carriera con quella di Cossiga.
Scardaccione fu, nel biennio 74/76 – capo del Governo Aldo Moro – sottosegretario agli Interni quando sulla poltrona del Viminale siedeva Francesco Cossiga. Poi si andò a elezioni anticipate e Scardaccione tornò a occupare il suo scranno in Senato, mentre Cossiga fu riconfermato nella carica da Giulio Andreotti che prese il posto di Moro.
Il 4 aprile del 1980 quello che anni dopo sarebbe diventato per tutti il “picconatore”, viene incaricato di formare un nuovo Governo.
Governo che vede il senatore a vita Emilio Colombo come ministro degli Esteri, Tommaso Morlino – che fu anche presidente del Senato dal 9 dicembre 1982 al 6 maggio 1983, giorno della sua prematura morte – ministro di Grazia e Giustizia e Angelo Maria Sanza, sottosegretario agli Interni.
Ma è proprio con Sanza che Cossiga instaura il suo rapporto più stretto e duraturo visto che è terminato solo ieri, con la morte del senatore a vita.
Scomparsa ormai la Dc, Sanza dopo la sua adesione al Partito popolare italiano, passò ai Cristiani democratici uniti, per passare poi successivamente all’Udr di Francesco Cossiga ed infine a Forza Italia che lascia nel 2008 per aderire all’Udc.
E proprio da Angelo Sanza, oggi, coordinatore regionale dell’Udc in Puglia che arriva il ricordo «dell’Uomo Francesco Cossiga».
Sanza ha la voce rotta dal dolore ma non si tira indietro nel parlare dell’amico «Cossiga che dopo avere lasciato il Quirinale trascorreva tutti i fine settimana in compagnia mia e di mia moglie Aurora». Giornate «passate a ricordare i bei tempi della Prima Repubblica». Ricordi non sempre piacevoli «visto che abbiamo parlato spesso della morte di Aldo Moro. Un episodio che l’ha segnato profondamente da un punto di vista umano».
«Al Presidente Cossiga – ha aggiunto – devo tanto. Non solo da un punto di vista politico, lui mi volle come sotto segretario, ma soprattutto dal punto di vista umano. Di lui ho sempre apprezzato la schiettezza, l’intelligenza, l’acume e anche il suo parlare per paradossi».
E’ solo riempiendo di bei ricordi il vuoto lasciato dalla morte «che il dolore diviene meno forte e l’emozione meno violenta. Il “gatto-mammone”, così usava definirsi lui fondatore del gruppo politico ‘I quattro gatti’ e poi dell’Udr».
Quel Cossiga che «tanto ha fatto parlare di lui, tante cose buone ha fatto – ha proseguito Sanza -, tanto se ne continuerà a parlare. Mancheranno a me certamente, ma anche a tanti italiani la sua intelligenza e la sua profonda ironia. Per me e per tanti come me è stato non solo un amico ma un maestro in politica e nella vita. Uomo diretto e leale non ha mai esitato ad esternare il proprio pensiero anche quando creava impopolarità». Un «uomo forte, difensore delle istituzioni e delle democrazia anche a costo di sacrifici personali, che ha fatto la storia del nostro Paese in questo recente passato».
a.giammaria@luedi.it

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