X
<
>

1 minuto per la lettura

ROMA – Il figlio dell’ultimo re d’Italia è sttao assolto «perchè il fatto non sussiste» insieme agli altri cinque indagati con cui era imputato nel processo per la vicenda dei nulla osta legati ai videopoker. Era il 2006 quando Vittorio Emanuele di Savoia finì in carcere a Potenza, su richiesta del pm Henry John Woodcock. La sentenza di proscioglimento è stata pronunciata stamattina dal gup Marina Finiti, dopo che il processo era stato trasferito a roma per competenza territoriale.
Secondo l’accusa, a partire dal 2004, i sei avrebbero messo in piedi un’associazione per delinquere «impegnata nel settore del gioco d’azzardo fuori legge, attiva nel “mercato illegale dei nulla osta” per l’istallazione di videopoker procurati e rilasciati dai Monopoli di Stato attraverso il sistematico ricorso allo strumento della corruzione e del falso».
A sollecitare, nella capitale, il processo per l’erede di casa Savoia e per le altre cinque persone, era stato il pm Andrea De Gasperis, oggi procuratore capo di Latina. La vicenda era arivata nelle aule del palazzo di giustizia di Roma dopo che il tribunale di Potenza si spogliò del caso invocando la propria incompetenza territoriale. Accusati oltre a Vittorio Emanuele, erano anche Rocco Migliardi, Nunzio Laganà, suo stretto collaboratore, Ugo Bonazza, Gian Nicolino Narducci e Achille De Luca.
«L’esito assolutorio di oggi conferma definitivamente – afferma l’avvocato Vincendo Dresda, legale di Bonazza – quanto già statuito nelle archiviazioni precedenti in ordine alle imputazioni connesse e consente di ribadire con maggior forza che gli arresti eseguiti quattro anni fa si fondavano su accuse incosistenti».

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE